Oggi il salottino di TSD ospita un’altra gradita amica scrittrice! È con noi Chiara Montani che ci parlerà della sua produzione letteraria e del suo ultimo romanzo “La ritrattista”.
Architetto di formazione, ha lavorato nel campo del design, della grafica e dell’arte, esplorando varie tecniche e materiali. Specializzata in arteterapia, conduce da anni atelier sulle potenzialità terapeutiche del processo creativo. Il suo romanzo d’esordio, “Sofonisba. I ritratti dell’anima” è uscito nel 2018 per Edizioni Il Ciliegio. Per Garzanti ha pubblicato nel 2021 “Il mistero della pittrice ribelle” e nel 2022 “La ritrattista“.
Partiamo dal principio. Si dice che uno scrittore debba essere innanzitutto un lettore. Chiara Montani che lettrice è?
Sono una lettrice vorace, anche se piuttosto disordinata. Prediligo i romanzi che mi catturano con una bella storia e mi costringono a divorare il libro in pochi giorni, con una netta preferenza per quelli ambientati in un’altra epoca, per i gialli, le trame avventurose e quelle che uniscono arte e fiction. Capitano però periodi in cui invece leggo solo saggistica e lì i miei interessi, oltre che nel campo dell’arte e dell’arteterapia, spaziano anche verso le filosofie orientali. Credo che un po’ di tutto questo sia finito nelle mie storie, le quali sono peraltro fortemente debitrici anche della mia passione per il cinema.
Hai sempre amato la storia fin da piccola o è una scoperta successiva?
Sono sempre stata decisamente più affascinata dal passato che dall’epoca in cui viviamo. La responsabilità dev’essere di mia madre la quale, oltre che lettrice compulsiva, è anche una grande appassionata di storia. Complice la sua memoria prodigiosa, che purtroppo non ho minimamente ereditato, ricorda a perfezione le vicende di molti personaggi storici. E sentendoli citare da sempre con abbondanza di particolari, ho quasi finito per considerarli come persone di famiglia.
I tuoi romanzi sono sempre incentrati sulla figura di grandi artisti del passato: su tutti Sofonisba Anguissola e Piero della Francesca. Nei tuoi scritti rispecchia la tua passione e la grande conoscenza dell’arte pittorica. Sei specializzata in Arteterapia: puoi spiegarci qualcosa in più di questa materia?
L’arteterapia è una disciplina dalla doppia anima che prende a prestito gli strumenti e le tecniche dell’arte per favorire percorsi di trasformazione e conoscenza di sé.
In una sola immagine possono convivere aspetti anche opposti e contraddittori e questo fa dell’espressione artistica un veicolo perfetto per portare in superficie l’inconscio e l’emotività, insieme a contenuti di cui il più delle volte neppure l’autore è cosciente. Il terapeuta deve acquisire l’abilità di leggere nelle opere come in un libro, imparando a decodificarle anche a livello degli elementi costitutivi del linguaggio visivo, per desumerne informazioni utili a impostare il percorso.
A differenza delle iniziative, seppure auspicabilissime, che offrono a persone sofferenti di varie patologie attività artistiche a scopo ricreativo o visite museali, l’arteterapia vera e propria richiede quindi una formazione specifica.
Nel tuo primo romanzo storico, edito da “Il ciliegio”, ci hai raccontato la vita di una grande artista: Sofonisba Anguissola. Cosa puoi raccontarci di lei?
Sofonisba è stata la prima pittrice italiana a raggiungere, alla metà del ‘500, un successo internazionale. È un personaggio straordinario, modernissimo e anticonformista, non solo per quanto è riuscita a conquistare in un’epoca in cui l’arte era puro appannaggio maschile, ma anche per la sua lunga vita avventurosa, già simile alla trama di un romanzo. Insomma una figura tuttora capace di appassionare. Qualche anno fa sono stata invitata a una giornata di studi dedicata alla pittrice dall’Università di Catania e i molti studiosi presenti, con i quali sono ancora in contatto, restano tutti letteralmente innamorati di Sofonisba e impegnati in un costante, acceso dibattito su di lei, a testimonianza di come il suo fascino abbia attraversato i secoli giungendo inalterato fino a noi. Ma anche tu, Roberto, hai avuto modo di conoscerla da vicino quando tempo fa le hai dedicato un’intervista impossibile…
Mettendo a confronto il romanzo su Sofonisba e i due successivi con Piero della Francesca si nota un cambio di stile. Come è stato questo passaggio da un romanzo più intimista a uno stile più adrenalinico legato al thriller storico?
Sono state due esperienze diverse, ma entrambe mi hanno profondamente coinvolta, appagata e anche divertita.
Romanzare la biografia di un personaggio storico consente una certa libertà, ma sempre all’interno di una gabbia cronologica ben precisa. Il lavoro è soprattutto di cesello, volto a delineare personalità, caratteri ed emozioni, ricorrendo più massivamente alla fantasia per riempire le zone buie dove tacciono i documenti.
Ideare da zero l’intreccio di un giallo è una sfida di tutt’altro tipo, che presuppone uno sforzo di immaginazione molto maggiore e un’attenzione simile a quella di quando si ingaggia una partita a scacchi e non si deve perdere mai la visione di insieme. Sia “Il mistero della pittrice ribelle” che “La ritrattista”, pur avendo gli stessi protagonisti, sono romanzi autoconclusivi. Per ciascuno di essi occorreva dunque un’idea forte da cui partire, il perno intorno a cui snodare ogni giallo, ovvero l’identità dell’assassino, i suoi propositi e le sue motivazioni. Ho continuato a lavorarci finché ne sono stata pienamente convinta e solo a quel punto ho cominciato a costruire la trama così come appare agli occhi del lettore, con la concatenazione degli eventi, delle indagini, delle false piste, degli indizi disseminati qua e là anche se accuratamente celati, di modo che alla fine, con lo svelarsi della verità, ogni tassello potesse collocarsi al giusto posto.
Il primo romanzo dei due con protagonista Piero della Francesca è ambientato interamente nella città di Firenze, mentre il secondo sposta la scena su Roma: due città meravigliose ricche di Storia. Qual è stato il contesto più difficile da ricostruire?
Senza dubbio il secondo, dal momento che della Firenze quattrocentesca non mancano testimonianze, dipinti e dettagliate cartografie, mentre della Roma del tempo non rimane praticamente nulla. Firenze era una città in piena espansione, al culmine del suo fulgore, mentre Roma aveva visto il ritorno del papa solo pochi decenni prima e ancora scontava secoli di decadenza, culminati negli anni della cattività avignonese e dello scisma. E pur essendo pervasa da un rinnovato fermento artistico e culturale, con il fiorire dei cantieri nelle grandi basiliche e l’afflusso di intellettuali legati alla Curia, restava una città piena di contraddizioni. Corti sfarzose e palazzi principeschi convivevano fianco a fianco con misere abitazioni di fango e tufo, i monumenti erano per la maggior parte ruderi fatiscenti preda di animali selvatici e le strade, di giorno battute da commercianti e pellegrini, si trasformavano di notte nel regno di malviventi e prostitute.
Ma Roma aveva anche qualcosa di unico. Era la culla della classicità, custode di tesori, a quel tempo ancora perlopiù risparmiati dalle spoliazioni, presso cui gli artisti del tempo erano soliti recarsi in pellegrinaggio armati di foglio e stilo per fare propri quei canoni di bellezza tanto cari all’estetica rinascimentale. Disegni preziosi anche per me, dal momento che sono una delle pochissime fonti utili a ricostruire l’aspetto di monumenti e angoli di città altrimenti perduti per sempre.
A chi ti sei ispirata per la figura di Lavinia?
Ho sempre avuto un debole per le prime donne pittrici, coraggiose rivoluzionarie, completamente dimenticate dalla storia dell’arte, che hanno osato opporsi ai pregiudizi del loro tempo rivendicando il proprio diritto ad esprimersi. Pur essendo frutto di fantasia, Lavinia è un omaggio a tutte loro. E se il mio personaggio evolve gradatamente nel corso dei due romanzi, da timida e innocente ragazza rassegnata a un destino tracciato fino a divenire una donna consapevole di sé e del proprio valore, l’origine di questa trasformazione sta nel primissimo gesto di ribellione compiuto da Lavinia il giorno in cui decide di posare la scopa e impugnare un pennello, scoprendo così, al pari di Sofonisba e delle altre pioniere dell’arte, che accade sempre qualcosa quando si apre la porta alla propria creatività. Una realtà che anch’io, in anni di atelier arteterapeutici, ho avuto modo più volte di osservare da vicino.
Possiamo aspettarci per il futuro un nuovo lavoro che coinvolgerà un altro o un’altra grande artista del passato?
Direi senz’altro di sì. L’arte è la mia passione, l’argomento che conosco meglio, di cui mi piace scrivere e quella macchina del tempo che è il romanzo storico mi offre la possibilità unica di indossare per qualche tempo i panni di un artista, indagarne i segreti, immaginarne l’animo e le emozioni. Forse avrò modo di raccontare ancora una volta del genio di Piero della Francesca e dell’intraprendenza di Lavinia, o forse mi fermerò in un’altra epoca per raccontare una storia totalmente diversa, che unisca sempre però arte e fiction.
Roma 1459. Lavinia non avrebbe mai immaginato che qualcuno potesse commissionarle un ritratto. Da quando è nata, si è sentita ripetere che le donne non possono diventare pittrici, ma ora, nella sua vita, nulla è più come prima. Vive a Roma, lontana dalla sua Firenze, in una locanda dove altre giovani donne inseguono la propria indipendenza. Solo una cosa non è cambiata: accanto a lei c’è Piero della Francesca; per tutti un maestro di valore assoluto, per Lavinia l’uomo che è riuscito a insegnarle i segreti della pittura. E Piero è in pericolo. Dopo essere stato testimone di un incendio in cui ha perso la vita una vecchia amica, riceve una serie di messaggi cifrati che scatenano una gara d’astuzia in cui sembra che l’avversario sia sempre in vantaggio. Piero vorrebbe fare affidamento solo sul proprio intuito, ma ha imparato che l’aiuto di Lavinia è prezioso. I due si mettono allora sulle tracce di un antico manoscritto greco che potrebbe avere a che fare con il tentativo di salvare il Despotato di Morea, ultimo baluardo della cristianità contro l’invasione turca. Il gioco si sta facendo più grande di loro e la verità sembra a portata di mano. Finché qualcuno attenta alla vita di Lavinia. Solo allora la giovane comprende che, lontano da pennelli e colori, il mondo può essere oscuro e pericoloso per una donna sagace e intelligente come lei. Che a volte non basta il coraggio, a volte bisogna andare oltre i propri limiti. Solo così si può essere liberi davvero. Con Il mistero della pittrice ribelle, Chiara Montani ha scalato le classifiche e conquistato lettori e librai italiani. Ora torna con i due amati protagonisti che sono stati al centro di un passaparola senza fine: Lavinia, giovane donna che non vuole sottostare alle convenzioni del suo tempo, e Piero della Francesca con il suo affascinante mondo fatto di arte e razionalità. Una nuova avventura impreziosita dalla meraviglia di una Roma che, ancora lontana dai fasti del barocco, sa già abbagliare.