Ultimamente il tema più di attualità tra le major di Hollywood è “il viaggio nel tempo”. C’è un vero e proprio proliferare di film, serie TV e qualsiasi cosa riconducibile alle linee temporali. Viaggiare tra passato e futuro è qualcosa che affascina l’uomo da sempre. Cosa c’entra questo “pippone” sui viaggi del tempo con Giulio Cesare?
Semplice, vi confiderò un segreto, ma non ditelo a nessuno perché poi l’FBI mi viene a cercare. Avvicinatevi allo schermo…di più…forza…non fate i timidi. Ecco, così va bene: sono riuscito a farmi un viaggetto e sono andato nel 45 a.C.
Meta scelta: Roma. L’incontro è stato tra i più incredibili, ero in compagnia di Giulio Cesare. Un anno prima che lo assassinassero (per privacy non gli ho detto niente – ho fatto male? Le serie TV dicono che se modifichi il passato cambia anche il corso della storia e non mi sembrava carino fare così tanto rumore).
Prima di partire, per non dare nell’occhio, ho indossato i miei abiti da rievocatore storico, mi sono detto: voglio essere il più credibile possibile, mica potevo presentarmi davanti al Divo Giulio in bermuda e scarpe da ginnastica della Munich! E non è finita qui, mi sono anche fatto tradurre le domande in lingua da un amico prete. Certo non era il latino di fine repubblica, ma insomma, meglio di niente!
Sapete, viaggiare nel tempo non è poi così figo come si vede in TV, mi fa ancora male la schiena a distanza di una settimana. Comunque, torniamo a noi. L’idea del travestimento ha funzionato, nessuno mi guardava male, e con il mio latino da liceo sembravo uno dei tanti analfabeti funzionali che arrivavano da oltre i confini della Repubblica e che faticavano a esprimersi. Quindi ero un perfetto uomo di oltre 2000 anni fa!
Prima di arrivare a parlare del momento in cui ho visto Giulio, vorrei raccontarvi un aneddoto. Ho voluto fermarmi a un termopolio, il fast food dell’epoca, ero troppo curioso di assaggiare alcune cose che ho sempre descritto nei miei romanzi (si, scrivo romanzi storici, alcuni di voi lo sapevano già, ma ne parleremo un’altra volta se Roberto Orsi, il padrone di casa, lo riterrà opportuno).
Bene, per ordinare il cibo un incubo, mi sono aiutato indicando le giare dove erano conservati oppure il menù che era dipinto sul muro a fianco del banco. Che esperienza! Mi ha riempito d’orgoglio. Il tizio, sudicio e sudato da fare schifo allunga la mano e mi chiede i soldi. E io: “Cazzo” (scusate il francesismo ma quando ci vuole ci vuole)….mi ero dimenticato del problema soldi. Avevo una banconota da cinque euro nella scarsella alla cintola assieme a un pacchetto di fazzoletti di carta e il cellulare (gli oggetti che porto sempre con me durante una rievocazione). Poi l’illuminazione.
Recentemente a Rosignano Marittimo avevo preso la replica di una coppia di denari e l’avevo lasciata nella scarsella. Mi son detto “o la va o la spacca”. Ravano, la trovo e allungo la moneta già pronto allo scatto da centometrista in stile Marcel Jacobs per evitare di essere malmenato. Il proprietario del termopolio la soppesa, la morde e annuisce. Credetemi, istanti interminabili e ho perso due chili (che male non mi fa, il periodo covid e l’home working mi hanno portato in dote qualche chiletto di troppo sui fianchi!). Ho assaggiato il cibo, una ciotola di farro con alcune verdure dentro. Insomma, immangiabile per un uomo del nostro secolo. Meno male che le olive non sono cambiate!
Torniamo a noi: l’intervista, sarete curiosi. Beh, non ci crederete ma avvicinare l’uomo più potente della Repubblica è stata una bazzecola, e in quell’occasione ho capito come sia stato facile per i cesaricidi farlo secco. Non aveva preso le precauzioni che prendono oggi i presidenti o i dittatori, vallo a capire, se io fossi stato in lui lo avrei fatto.
Dicevo, sono riuscito a superare la diffidenza di due simpatici liberti (simili a Stanlio e Ollio) che non capivano cosa volessi e sono arrivato davanti a lui, il Giulione nazionale. Ho provato a spiegargli cosa fosse un’intervista senza successo, ma da consumato uomo politico che ha inventato la propaganda si è prestato a rispondere (gli avevo mostrato la tavola cerata con tutte le domande). Non vi dico la faccia che ha fatto quando ha visto il latino con il quale erano state scritte, che figuraccia!
Non mi dilungherò oltre, vi riporto l’intervista in stile “iene” (non era doppia, mi sarebbe piaciuto farla con Calpurnia, ma non è stato possibile, era fuori città per una breve visita a dei parenti).
Nome: Caio.
Gens: Giulia.
Soprannome: il pelato (così lo chiamavano i suoi uomini).
Professione: Generale della Repubblica Romana, Pontefice Massimo, Dittatore a vita, Console a vita, Padre della Patria, ecc…
Non ci crederete ma non finiva più (lui non lo sa ma non le ho segnate tutte)…mi ha ricordato la presentazione di Daenerys Targaryen, avete presente quando dice: “regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, signora dei Sette Regni, protettrice del Regno, principessa di Roccia del Drago, khaleesi del Grande Mare d’Erba, “Madre dei Draghi”, regina di Meereen, “Distruttrice di catene”, ecc…. sono quelle cose che ti danno un senso di onnipotenza.
Sposato: Sì, con Calpurnia (qui ci ha pensato un pochino prima di rispondere).
Amanti (le schiave e gli uomini non contano): Ah, allora nessuna, sono fedele.
Mi ha risposto con tono seccato e io da fesso stavo mandando tutto all’aria perché mentre scrivevo la risposta sono scoppiato a ridere e mi è pure sfuggito un “sì, certo, eri un vero puttaniere caro Giulio!”. Volevo morire. Lui mi ha guardato malissimo, meno male che l’italiano non esisteva ancora nella sua epoca e non ha capito una fava di quello che ho detto. Comunque, gli uomini di duemila anni fa sono uguali a noi uomini moderni. Il mantra è sempre lo stesso: negare anche di fronte all’evidenza! (Amore, non ti preoccupare io non mento mai – permettetemi di mandare un messaggio alla mia compagna che leggerà questa intervista e poi pensa male!)
Un tuo difetto: Non ho difetti, che domanda stupida.
Un tuo pregio: Sono il miglior generale della mia epoca, secondo forse solo ad Alessandro il Grande. Nessuno mi eguaglia in acume tattico e abilità strategiche (Molto modesto, ma del resto cosa ti puoi aspettare da chi sa di essere un figo?).
Qual è il tuo sogno nel cassetto: conquistare la Partia. (allora è vero! Stava davvero pianificando la campagna d’invasione della Partia. Porello però, vorrei tanto dirti che non vivrai abbastanza per realizzare il tuo sogno ma ho finto di essere impressionato).
Se potessi tornare indietro cosa cambieresti: La mia relazione con Pompeo. Mi è dispiaciuto che sia morto come un delinquente qualsiasi. Io lo stimavo e volevo costruire una Roma migliore assieme a lui. (non ci crederete ma si è commosso, aveva gli occhi lucidi mentre mi ha parlato dell’ex genero).
La battaglia più difficile: Direi Munda.
Il nemico più ostico: Vercingetorige, aveva una tale testardaggine. Era molto carismatico, ma troppo presuntuoso.
Avrei avuto altre mille domande ma il tempo stringeva, in tutti i sensi. Ho chiuso l’intervista facendogli i complimenti per il nuovo calendario (quello Giuliano, ndr) da lui promosso l’anno prima ed entrato in vigore proprio nel 45 a.C.
Era talmente orgoglioso del suo calendario che non me la sono sentita di dirgli che dopo 1500 anni circa sarebbe stato sostituito da quello gregoriano. Credo l’avrebbe presa molto male.
Passo e chiudo.
Roma contro Roma, Cesare contro Pompeo: mezzo secolo prima della nascita di Cristo, nella guerra civile che lacera la Repubblica, a nessuno è consentito di rimanere neutrale. Lucio Servilio Verre ha deciso da che parte stare e seguirà il proprio generale, uscito vittorioso dalla campagna di Gallia, nella sua lotta contro lo strapotere del Senato e dell’aristocrazia capitolina. Non tutti però hanno compiuto la stessa scelta: dall’altra parte della barricata il valoroso centurione troverà, oltre a individui senza scrupoli, vecchi compagni d’armi, decisi a sbarrargli il passo.
Prima che sui campi di battaglia, la contesa si consuma all’ombra dei sette colli, ma anche in Africa, tra i vicoli angusti e pericolosi di Leptis Magna. Un messaggio da consegnare, un piccolo tesoro da custodire: per portare a termine la sua missione, Verre dovrà districarsi tra funzionari corrotti, miserabili spie, sicari sanguinari e donne misteriose.
Nella guerra civile che nel 49 a.C infiamma Roma, la città di Massilia, con il porto più importante del Mediterraneo settentrionale, assume un ruolo chiave. Per portarla dalla propria parte il Senato, schierato a favore di Pompeo, usa le armi della diplomazia e della corruzione. Cesare invece ricorre alle legioni e la cinge d’assedio. I centurioni Verre e Cinna, fedeli alla sua causa, dovranno affrontare temibili nemici, druidi assetati di sangue, ma anche spie astute e subdole insidie, di fronte alle quali si sentono disarmati: quelle dell’amore. Dopo il successo de “L’inviato di Cesare” l’autore torna a proporci l’affresco di un’epoca storica affascinante, con una galleria di personaggi al limite della leggenda e un susseguirsi di vicende mozzafiato.
Tra Cesare e Pompeo è giunto il momento della resa dei conti. In Illiria ci si prepara per la battaglia che deciderà le sorti della guerra civile. Lucio Servilio Verre, da poco rientrato nell’Urbe, è costretto a ripartire al seguito di Marco Antonio e a lasciare a Roma la sua Letizia. La giovane, che a fatica sta cercando di gettarsi alle spalle un torbido passato, è l’obiettivo della vendetta di spietati sicari e per proteggerla Lucio dovrà ricorrere all’aiuto dell’amico ed ex commilitone, Decimo Cinna. Sull’altra sponda dell’Adriatico, Verre rischia di dover affrontare un altro ex compagno d’armi, Tito Pullo, padre di Letizia, passato dalla parte dei Pompeiani: anche per i due valorosi centurioni sta dunque per scoccare l’ora del destino.