Recensione a cura di Roberto Orsi
Marcello Simoni è tornato in libreria con “Il castello dei falchi neri”, pubblicato a fine giugno da Newton Compton Editori. Uno tra i più amati autori italiani di romanzi e thriller storici torna con un’avventura nella Napoli medievale del 1233.
E ancora una volta lo fa con una storia in perfetto stile e stampo dumasiano.
Aldelmo, Oderico, Aloisia, Rogerio, Goffredo: anche la scelta dei nomi propri da affidare ai personaggi può cambiare la cifra stilistica di un romanzo. Nomi appartenuti al passato, nomi di origine longobarda per la maggior parte, segno tangibile della dominazione di quel popolo nel sud della nostra penisola in quei secoli medievali. Già così l’autore è abile nel trasportare il lettore in un’epoca antica.
Ecco che la scelta dei termini da utilizzare, la ricerca di una musicalità testuale che ricordi le chanson de geste degli antichi cantori, rendono i romanzi di Simoni riconoscibili tra gli altri.
Uno stile di scrittura che in questo caso ricorda le avventure un po’ guascone, anche dal tono canzonatorio, con dialoghi al limite dell’ironico e irriverente, tipici degli scrittori del passato, primo fra tutti quell’Alexandre Dumas cui molte volte Marcello Simoni è stato paragonato.
Con quell’espressione sorniona di chi sa di aver messo a segno un altro punto, mi immagino l’autore mentre pennella gli schizzi che spesso accompagnano le pagine dei suoi romanzi: in quest’ultimo lavoro a farla da padrone sono i grandi uccelli rapaci.
L’ars venatoria della caccia attraverso l’utilizzo di questi grandi esemplari, capaci di attaccare prede anche molto più grandi di loro, era molto invisa all’uomo medievale. Soprattutto alla corte di Federico II, famoso per il suo trattato “De Arte Venandi Cum Avibus”, che dedicò moltissimo tempo allo studio di queste creature, alle loro capacità, alle possibilità di addestramento, manifestazione simbolica del potere legata a precisi rituali con apposite strutture predefinite.
“Non c’era gioia più grande, per il vecchio Grifone, di ammirare quelle bestie in volo, nel momento cruciale in cui le ali, inarcandosi nell’azzurro del cielo, preparavano la picchiata, trasformando la più nobile delle creature nel più crudele dei cacciatori”.
La vicenda ruota attorno alla storia della famiglia dei Grifoni, discendenti dei primi longobardi che attaccarono le terre della regione campana a loro volta sconfitti dagli svevi dello stupor mundi. Una città di Napoli che non si rassegna alla dominazione straniera, vessata dall’imposizione fiscale che Federico II imponeva ai sudditi. Finanze necessarie al sostentamento di un impero molto vasto e al supporto per la sesta crociata passata alla storia per essere l’unica risolta in modo totalmente pacifico attraverso l’uso della diplomazia.
Oderico è un giovane reduce da quella crociata, tornato in patria nella città di Napoli, con il grande desiderio di ritrovare la famiglia e l’amore lasciato pochi anni prima: quello di Fabrissa degli Acquaviva.
Il rientro è traumatico: la sua famiglia lo credeva morto in Terra Santa a causa di una lettera che ne annunciava il decesso, il suo vecchio amore Fabrissa è promessa sposa a uno degli aristocratici più ricchi e arroganti di Napoli, Goffredo dei Castagnola. Inoltre, la sorella Aloisia non vive più nel castello di famiglia dopo essere convolata a nozze con Rogerio dei Castagnola, fratello di Goffredo.
“Il castello somigliava a un enorme tronco di olivo spezzato da una folgore. Un antico gigante del quale avanzava solo la base grigia e rugosa, con le radici affondate nel fianco della collina.”
Come se non bastasse, la famiglia dei Grifoni è sommersa dai debiti verso la tesoreria regia e il padre Aldelmo sembra non avere più le forze per combattere e rimettere in rotta la barca della famiglia. La madre Engilberta ha perso linfa vitale e il fratello minore di Oderico, Landolfo, maestro cantore nel monastero di San Michele Arcangelo non pare volersi sforzare per tendere una mano alla famiglia in disgrazia.
Una situazione decisamente complicata quella che deve affrontare Oderico, ritornato a Napoli con il fedele amico pellegrino Al-Qalam, un cristiano che ha vissuto diversi anni in Medio Oriente e di quel mondo ha assorbito non solo il nome con cui vien chiamato.
Mosso dalla volontà di andare a fondo a quanto avvenuto e deciso a volersi riprendere l’amore di Fabrissa, Oderico affronta a testa alta giustizieri, executor e badesse in un intrigo che coinvolge la sua e altre famiglie di spicco della città.
“Oderico sentiva di amarla ancor più del giorno in cui si era imbarcato a Otranto per seguire Federico II fino a Gerusalemme. Più ancora della notte appena trascorsa, durante la quale, una volta approdato col suo compagno di viaggio al porto di Capece, aveva alloggiato in un fetido ospitale del Morcino, sotto le mura di Napoli, in attesa dell’alba.”
Come ogni thriller che si rispetti non mancano morti violente che non hanno un colpevole identificato fino alle ultime pagine.
Una storia di orgoglio, rivalsa e voglia di riscatto, le caratteristiche che emergono da Oderico, disposto a tutto pur di non perdere i territori che lo hanno visto nascere e crescere. Un legame forte con la terra di famiglia:
“Un coacervo di sangue e d’orgoglio che gl’instillava nuovo vigore nello spirito. Per lui era quella selva. Era un tutt’uno con la terra che stava calpestando”.
La scrittura di Simoni è fluida, scorrevole, con una decisa ricerca dello stile storico e arcaico, senza perdere di vista la giusta dose di modernità; le descrizioni risultano precise. mai stucchevoli o fini a sé stesse. La toponomastica della Napoli medievale è accurata, ma come siamo abituati a leggere nei romanzi di Simoni è l’azione a spiccare in modo preponderante. I tanti e brevi capitoli spostano la scena da un personaggio all’altro in modo repentino e si assiste a una parabola di crescita di ognuno di loro: nessuno alla fine della storia sarà quello incontrato nelle prime pagine.
Trama
Anno Domini 1233. Dopo aver preso parte alla crociata di Federico II, il nobile Oderico Grifone, ormai diventato uomo, fa ritorno alla dimora di famiglia, una grande magione nella campagna di Napoli. Il rientro, tuttavia, non è dei più felici. Sua sorella, Aloisia, è stata data in sposa a un uomo di dubbia reputazione, mentre Fabrissa, una giovane aristocratica con la quale Oderico, prima di partire per la Terra Santa, aveva intrecciato una storia d’amore, è promessa a un altro. Come se non bastasse, la famiglia sembra essere caduta in disgrazia e il castello, un tempo ricco e prospero, versa ora in uno stato di abbandono. Pur non riuscendo a comprenderne il motivo, Oderico intuisce che la madre, il padre e il fratello minore gli nascondono qualcosa. Qualcosa che riguarderebbe il feudo dei Grifoni, una collina sulla quale in molti vorrebbero mettere le mani a causa di un antico segreto custodito tra i suoi fitti boschi. Nel tentativo di risollevare le sorti della famiglia, Oderico resterà coinvolto, suo malgrado, in una serie di efferati delitti che sembrano avere uno stretto legame col più grande motivo d’orgoglio del suo casato: la nobile arte della falconeria.