Recensione a cura di Lorenzo Angelaccio
Silenzio, pubblicato nel 1966, è senza dubbio il romanzo più famoso dello scrittore giapponese Shūsaku Endō, autore candidato più volte al premio Nobel. Cresciuto in una famiglia cristiana, Endō traspone in questo suo romanzo storico – da cui Martin Scorsese ha tratto un film nel 2016 – un conflitto in realtà molto personale: quello di essere, al contempo, un giapponese e un cristiano.
Leggendo quest’opera, a metà tra romanzo epistolare e romanzo tradizionale, ci si rende subito conto di come questi due aspetti entrino in contrasto. La storia narra di due missionari gesuiti portoghesi, padre Rodrigues e padre Garrpe, che nel 1637 ricevono il benestare per una rischiosa missione di evangelizzazione in Giappone, dove è in corso una feroce persecuzione contro i cristiani.
Qui dovranno anche indagare su che fine abbia fatto padre Ferreira, altro missionario gesuita che ha fatto perdere le proprie tracce e che pare abbia abiurato la fede cattolica. Rodrigues e Garrpe entrano quindi clandestinamente nel Paese, guidati da Kichijiro, cristiano giapponese dall’aria molto poco affidabile, che li inserirà in una piccola comunità cattolica locale. Costretti a nascondersi in una minuscola capanna e a celebrare di nascosto le funzioni religiose in chiese dall’aspetto primitivo, i monaci vengono però presto scoperti dalle autorità locali e costretti alla fuga, finendo per separarsi.
Come anticipato, il tema centrale del romanzo è proprio il conflitto tra la cultura giapponese e la religione cristiana. L’aspetto interessante è che questa tematica non viene affrontata in modo unilaterale, coinvolgendo solo uno dei due punti di vista; al contrario, l’autore offre al lettore sia le motivazioni dei padri gesuiti che dei magistrati giapponesi, cercando di estrapolare una sintesi tra queste due visioni del mondo contrastanti.
I missionari gesuiti cercano naturalmente di evangelizzare il Giappone per vocazione, in linea con lo spirito colonialistico dell’epoca, così da diffondere il cattolicesimo il più possibile. Inoltre sono motivati in questa missione dagli straordinari risultati che aveva ottenuto padre Francesco Saverio, missionario spagnolo che per primo arrivò in Giappone, convertendo in pochi anni migliaia di contadini. E il fatto che la maggior parte dei cristiani giapponesi siano contadini sembra non essere casuale. Nelle sue lettere, infatti, padre Rodrigues sfrutta più volte una metafora suggestiva per indicare l’evangelizzazione del Giappone: quella di un seme che riesce a germogliare in un suolo inospitale.
«Quanto sudore e quanta fatica per affondare la vanga in un così arido suolo, fertilizzarlo, coltivarlo sino a raggiungere il livello attuale. E tuttavia il seme era stato gettato e aveva germogliato vigorosamente; e adesso era grande compito di Garrpe e mio averne cura perché non inaridisse per poi morire.»
D’altro canto i funzionari imperiali giapponesi, dopo un primo periodo di tolleranza, iniziano a perseguitare i cristiani proprio per la velocità con cui si stanno diffondendo, perché iniziano a diventare una minaccia per il potere imperiale in modo simile a come era avvenuto, molti secoli prima, per i cristiani dell’Impero Romano.
Su questo conflitto politico e sociale si innesta il conflitto interiore di natura religiosa provato da padre Rodrigues, il protagonista del romanzo. Inizialmente preso dall’entusiasmo e dal fervore religioso, egli si rende conto ben presto della miseria e dello squallore in cui versano i cristiani giapponesi. Tuttavia la sua fede sembra essere salda, anche di fronte all’eventualità della prigione, della tortura e della morte, e tutti i suoi sacrifici vengono considerati come prove da affrontare per completare la sua missione. Rodrigues, però, realizza di sottovalutare il peso e le conseguenze delle proprie azioni quando inizia ad assistere ai primi arresti e alle prime esecuzioni dei contadini. Capisce quindi che non dovrà sopportare tanto le sofferenze inflitte al proprio corpo, quanto quelle inflitte sui corpi degli altri: e questa consapevolezza inizia a far vacillare tutte le sue convinzioni.
È quando i giapponesi muoiono per causa sua che Rodrigues inizia ad avvertire il silenzio di Dio, a cui fa riferimento il titolo del romanzo. E questo silenzio lo schiaccia al punto da non poterlo più sopportare, mentre quello che sente sono solo le urla dei cristiani che vengono torturati affinché lui abiuri. Così come era stato fatto con padre Ferreira, incontrato da padre Rodrigues dopo che quest’ultimo viene arrestato. Ferreira gli conferma di aver abiurato, e motiva il proprio gesto riproponendo la metafora del seme, di cui però rovescia il significato.
«Questo paese è una palude più tremenda di quanto lei possa immaginare. Quando si pianta un alberello, in questa palude le radici cominciano a marcire, le foglie diventano gialle e avvizziscono. E noi abbiamo piantato l’alberello del cristianesimo in questa palude.»
Silenzio è un romanzo intimo e crudo al contempo, ricco di immagini vivide, che con una scrittura lenta e precisa è in grado di scavare a fondo nell’animo umano e di porre il lettore di fronte a quesiti scomodi. Un’opera che, pur trattando il tema della fede, può essere a mio avviso apprezzata sia da credenti che da non credenti, avendo una portata universale che trascende le singole confessioni religiose.
Nagasaki, 1633: l’indomito padre gesuita Cristovao Ferreira, che da anni si batte in Giappone per diffondere il cristianesimo, ha rinnegato la vera fede ed è diventato un apostata: questa è la notizia sconvolgente che giunge a Roma. La Compagnia del Gesù decide allora di inviare in Oriente due giovani fratelli, Sebastian Rodrigues e Francisco Garrpe per compiere un’indagine all’interno della chiesa locale. I due gesuiti però, partiti pieni di ideali e di entusiasmo, si scontrano ben presto con la dura realtà del Giappone dei Tokugawa e delle persecuzioni. I sospetti cristiani vengono costretti dalle autorità giapponesi a calpestare immagini sacre: chi si rifiuta viene torturato e ucciso, mentre chi accetta viene deriso e costretto a vivere ai margini della società, rifiutato tanto dalla comunità cristiana quanto dai giapponesi. La vita in Giappone si fa sempre più difficile per Rodrigues che ora vive in prima persona le persecuzioni e che finisce, evangelicamente, per essere tradito dall’amico Kichijiro, il suo “Giuda”, mentre implora Dio di rompere il suo “silenzio”.