Recensione a cura di Maria Acosta Diaz
Achille Marozzo, figlio di Lodovico Marozzo, nacque a Bologna nel 1484 da una famiglia originaria di San Giovanni in Persiceto (BO), trasferitasi nel capoluogo un secolo prima (1385). Apprese il mestiere delle armi dal maestro di scherma Guido Antonio de Luca, presso il quale studiarono nel medesimo periodo due famosi capitani di ventura dell’epoca: Giovanni dalle Bande Nere e il conte Guido II Rangoni.
Messosi in proprio, Marozzo aprì una scuola di scherma presso i locali ottenuti in enfieteusi dai frati benedettini dell’Abbadiz, ex Chiesa dei Santi Naborre e Felice (attuale Centro Militare di Medicina Legale), lungo il Canale di Reno (oggi Via Riva di Reno nel Quartiere Porto).
In tarda età, il maestro Marozzo scrisse un trattato di scherma intitolato Opera Nova Chiamata Duello, O Vero Fiore dell’Armi di Singulari Abattimenti Offensivi & Diffensive, dato alla stampa nel 1536 a Modena e dedicato al conte Rangoni.
Achille Marozzo con questo libro cerca di mettere insieme gli insegnamenti delle diverse armi conosciute fino a quel momento, il XVI secolo. Il testo è diviso in cinque libri:
Libro Primo: dove si possono incontrare le istruzioni affinché il maestro possa insegnare la sua arte, di come si devono comportare maestri e allievi e i primi principi del maneggio della spada e il brocchiero.
Libro Secondo: si insegna come lottare con le armi di filo, cioè: spada e pugnale, spada e cappa, una spada in ogni mano, spada e brocchiero, spada sola, spada e rotella, spada e targa, tirare contro un mancino, tirare contro arme inastate, modo in cui debbe uno da piede contra a uno a cavallo.
Libro Terzo: il quale tratta dell’arte della spada a due mani.
Libro Quarto: il quale tratta dell’armi inhastate: partesana e rotella, partesana solo corpo a corpo, pica o lanciotto, spiedo, ronca o alabarda.
Libro Quinto: le battaglie singolari, le prese.
In tutto 273 capitoli.
Si deve capire che in un tempo in cui la lingua italiana si sta ancora evolvendo, in cui le virgole e altri punti (esclamativo, interrogativo, etc) non si sono ancora sviluppati, molte volte si chiamava capitolo un intero paragrafo senza una divisione interna tanto precisa come quella che utilizziamo oggi. Vediamo un’immagine di questo:
Si vede perfettamente il linguaggio ancora non definitivo della lingua. Hora, invece di Ora, sappi, essendo (con la s lunga che a volte si confonde con la f), la u con la funzione di v, uuoi, che si deve leggere vuoi, e anche l’uso di & invece della congiunzione e.
Inoltre, la parola libro non si intendeva come oggi, un volumen con la sua copertina, bensì una parte di un volume, a tema unico, cioè il libro primo parla di istruzioni generali e poi il secondo di armi di filo. Due temi, due libri, ma all’interno dello stesso volume.
Certo un libro difficile da leggere ma interessante per quanto riguarda l’argomento e l’immane compito di Marozzo che, uomo rinascimentale, vuole mostrare la sua sapienza sull’arte delle armi a chi abbia la voglia di imparare. E lo fa in maniera certosina, alcuni dei maestri della stessa epoca cercavano di studiare un’arma oppure uno stile concreto ma quello che fa Marozzo è procurare un’educazione più ampia ai suoi allievi, l’uomo che sa di tutto e che può uscire da una situazione di pericolo.
Di fatto Marozzo intitola il libro in questa maniera:
el cui titolo OPERA NOVA chiamata DUELLO, overo Fiore dell’armi, dei singulari abbatimenti offensivi & diffensivi, composta per ACHILLE MAROZZO, gladiatore bolognese.
Per Marozzo le armi sono importanti, certo, ma anche l’atteggiamento della persona che ne ha una in mano. All’inizio della prima parte del libro ci sono delle regole per allievi e maestri, che lui considera così importanti che è la prima cosa che scrive: come si deve insegnare a una persona che vuole imparare l’arte della scherma, cosa deve fare e non fare un allievo, chi ha veramente un carattere idoneo per maneggiare un’arma e chi non deve. Prima di insegnare agli allievi a usare qualsiasi arma si deve insegnare l’atteggiamento corretto con i suoi simili, una specie di onorabilità verso il nemico.
… Onde talvolta nel parlare, o nell’operate dell’armi per ignoranza, e non per malitia mancano. E vedendo alcuni di questi errori molto siate occorrere, per volere questi transgressi evitare, più per pietà, & amore, che alla virtù loro io porto, che da gloria alcuna spinto, & incitato, io mi sono amorevolmente mosso con l’ingegno & arte mia, eccitando per advertire questi tali & audaci combattitori accioché giustificatamente habbino a pigliar l’armi.
Perché é interessante leggere questa opera di Marozzo? Perché in questa maniera, sia scrittori di romanzi storici sia persone che vogliono approfondire un argomento tanto speciale come quello delle armi in epoche antiche, sia persone incuriosite dalla maniera antica di lottare, in Marozzo hanno una risorsa molto importante per capire non solo una maniera di maneggiare la spada molto diversa a quella della scherma sportiva che conosciamo, ma anche la mentalità di chi prendeva una spada e perché lo faceva in una epoca così convulsa come quella Rinascimentale.
Il libro di Marozzo non è solo un volume dove si impara a maneggiare le armi, è anche un libro dove si impara l’atteggiamento corretto di un cavaliere del suo tempo. Dietro Marozzo c’è una filosofia della lotta che non appare in altri maestri. L’importanza di Marozzo e del suo libro OPERA NOVA, è palese: qualsiasi persona interessata nella maniera di combattere e di pensare di un cavaliere del Rinascimento, deve leggerlo.
A me, che piacciono da morire i romanzi storici, a volte mi sento confusa per le scelte che fanno alcuni autori delle armi e del modo di maneggiare le stesse da parte dei loro personaggi. Può darsi che molti di questi autori abbiano documentato le sue descrizioni, ma altri non hanno approfondito questo argomento. Lo so, un profano non deve sapere tutto, ma uno scrittore di romanzi storici, a mio avviso, deve essere il più preciso possibile. Questo libro di Marozzo diventa una risorsa fondamentale in questo senso e, anche se non si utilizzano precisamente i termini di Marozzo (come cinghiale porta di ferro, guardia di testa, guardia di croce, per nominare soltanto alcuni nomi di guardia che ho ricordato giusto mentre scrivo questa recensione), questo libro serve a conoscere l’epoca e capire cosa significava essere un guerriero in un tempo tanto lontano da noi.
Il primo trattato della Scuola Bolognese mai stampato (nel 1531, scritto però fra il 1522 e il 1523)), rarissimo e che anticamente si credeva perduto, viene riproposto oggi in un’edizione definitiva che ne svela finalmente tutti i segreti: completo di esaurienti note storiche e di note tecniche esplicative che ne rivelano il contenuto tecnico azione per azione, illustrazioni delle guardie e delle tecniche di combattimento principali (tratte dai principali manuali di scherma coevi o ricostruite in computer graphic), appendici schermistiche e sulle armi utilizzate. Questo volume presenta il lavoro interpretativo eseguito dai curatori, basato sull’impegno scientifico collettivo di anni della Sala d’Arme Achille Marozzo e sull’esperienza accumulata nella preparazione di altre pubblicazioni di inediti in materia di scherma storica: Fiore dei Liberi (per la prima volta l’analisi dei tre manoscritti esistenti del Flos Duellatorum) Filippo Vadi, Anonimo Bolognese, Francesco altoni. In particolare ai fini della comprensione risulta indispensabile la comparazione offerta ai lettori con gli altri autori della Scuola Bolognese, prima fra tutti e impresindibile quella con il Maestro piu’ antico e piu’ vicino a Manciolino: l’Anonimo Bolognese, testo essenziale ma inedito e sconosciuto fino alla recente pubblicazione da parte del Cerchio.