Recensione a cura di Eliana Corrado
Le preoccupazioni dei potenti, sono le catastrofi degli umili
Siamo spesso entrati alla corte di Maria Antonietta e Luigi XVI dall’ingresso principale, ne abbiamo visti, anzi letto, i fasti e le feste, i giardini e il teatro d’Operà, i banchetti e i capricci dei sovrani.
Invece Frédéric Lenomard, in “L’inchiesta Du Barry” ci fa entrare a corte dalla porta di servizio, dal lato di chi quei fasti e quelle feste si adopera a realizzarli, chi il giardino lo cura e al teatro mette in scena le opere, e soprattutto dal lato di chi ai capricci dei sovrani, della regina in primis, attende e sottende, certo che ne avrà una ricompensa per le sue arti e le sue botteghe. E lo fa nella maniera più intrigante che ci sia: facendoci partecipare a un intrigo, una caccia al tesoro, una vera e propria indagine nel Settecento francese.
Dimenticate gendarmi e soldati, raffinatezze e macaron, amori zuccherosi e scaramucce coronate, ma non gli intrighi, le rivalità e le gelosie di corte. Parte tutto da un celebre furto di gioielli ai danni della contessa du Barry, collier, bracciali e orecchini tempestati di diamanti del valore di 5000 lire (francesi). I gioielli sparirono, qualcuno li rubò, li nascose in un posto sicuro e, a sua volta, si nascose tra i servitori di corte, certo che poi li avrebbe ripresi e spartiti coi compari. Peccato che, come si dice, non tutte le ciambelle riescono col buco.
«C’è da credere che li abbia rubati il diavolo in persona»
«Può darsi. Non sempre Satana delega i suoi ministri»
Preparatevi a travestimenti, colpi bassi sferrati a furia di nastri, crinoline e panier, parrucche e acconciature sormontate da voliere e velieri; disponetevi a divertimento e sorrisi sotto i baffi, battute salaci e scaramucce; ma anche a guardare alla Storia con leggerezza, che non vuol dire vacuità. Perché i protagonisti del romanzo, i duellanti nonché “spie e ispettori” sono Rose Bertin e Léonard-Alexis Autié, rispettivamente sarta-modista della regina e parrucchiere acconciatore, in seconda, della sovrana Maria Antonietta. Ed è proprio lei ad averli scelti come titolari dell’indagine segretissima: ritrovare i gioielli di diamanti rubati anni or sono alla contessa Du Barry, sua rivale in amore. Ma non è la gelosia a svegliare la mente di Maria Antonietta e armare la mano di sarta e parrucchiere, quanto la brama di un “ruolo” a corte che non la veda impegnata solo con merletti e pettegolezzi. Lei, Maria Antonietta, cui la corte non lesina denaro per frivolezze e abiti, le chiude i cordoni della borsa per altre… amenità, come avere al suo soldo una rete di spie.
L’imperatrice Maria Teresa consigliava alla figlia di immischiarsi nella politica francese. L’aveva tirata su per farla diventare regina di Francia, non un vaso di porcellana austriaco su un cassettone francese
Dunque, ecco l’occasione ghiotta: far recuperare i diamanti rubati, ricavare qualche lira dalla loro vendita e mettere su il suo personale servizio di controspionaggio.
E cosa importa se i due (improbabili) titolari di una (altrettanto improbabile) indagine sono una modista e un parrucchiere! Sono forse meno credibili di un pittore, di un architetto, di un sommo poeta del Trecento o di un genio del Rinascimento che da anni affollano tanta narrativa italiana e straniera e intorno ai quali si sono costruiti fiumi e fiumi di trame gialle?
Madame Bertin e Monsieur Leonard sono spietati, ognuno di loro cercherà fino alla fine di fare le scarpe all’altro per assicurarsi, strappargli quel frammento di tela utile a ricomporre il quadro che, come una mappa del tesoro, cela il punto esatto dove si trovano i diamanti trafugati. E poco importa pure se nei modi scurrili di uno e nelle ingiurie dell’altra i nostri Sherlock e Watson in salsa francese vi sembreranno troppo moderni o troppo romanzati: aspettate di arrivare alla bibliografia del libro, sapientemente scritta da Lenomard, e vedrete che quella bocca storta per una donna troppo ardita e licenziosa per l’epoca o per un linguaggio troppo maleducato, tornerà subito a riassumere la sua forma naturale.
Il contesto storico è molto ben documentato, la narrazione realistica, vivida, ritmata, i dialoghi teatrali, la lettura piacevole.
Il romanzo è divertente, il giallo c’è, la Storia pure, la lettura è fresca e vivace, la mente si nutre e si abbevera di nuove conoscenze ma legate, per una volta, agli strati bassi della società: ci si districa tra ex sarti di Versailles divenuti venditori ambulanti di pelli e di conigli, ex coureur de vin di Maria Antonietta fattisi rosticceri e (abusivi) venditori di acqua; tra serve, lavandaie e pescatrici di sanguisughe.
Perché, ieri come oggi, quando si perde il proprio lavoro – e per quel furto di gioielli furono licenziati ben 300 innocenti servitori della casa reale – ci si industria a fare qualunque cosa pur di sbarcare il lunario. Ed è tra gli strati sociali più umili della Francia del Settecento che ci conduce Lenomard, a voler forse significare che la Storia, diversamente da quanto spesso leggiamo, non è popolata solo da sovrani e condottieri, da fulgidi esempi di virtù e conquistatori di terre e di diritti; ma anche da strati di persone comuni che quei diritti se li sono visti togliere; di uomini – e donne – troppo miopi e asserviti al sovrano di turno per far trionfare la giustizia vera.
La corte aveva due modi di soffocare gli scandali: o la galera o la miseria
Se, come me, pensate che un libro deve divertire (nel senso latino del termine, di “portare altrove”), procurare piacevoli ore di lettura (soprattutto in estate) e allargare l’orizzonte storico delle proprie conoscenze in materia; se siete disposti, per un attimo, ad accettare che anche libri come “L’inchiesta du Barry” possono celare Storia e Storie inusuali (e non da manuali), allora è un libro per voi.
Se, però, siete amanti del purismo storico a tutti i costi, allora lasciate stare: qualche termine non propriamente in linea con l’epoca c’è, e pure qualche avvenimento storico piegato alle esigenze narrative. Peccato, però, perché vi sarete persi un buon giallo storico!
Trama
Sposata da poco con Luigi XVI, Maria Antonietta è già annoiata dal suo nuovo ruolo. Merletti e fronzoli non sono certo sufficienti a intrattenerla e a riempire le sue giornate. Quando però viene a sapere del furto dei gioielli della Contessa du Barry, decide di darsi da fare e sviluppare nuove abilità, questa volta come detective. Per il bene della missione, assegna a Rose, una modista, e Léonard, un parrucchiere, l’improbabile ruolo di spie. Il problema è che Rose e Léonard non si sopportano e le uniche parole che scambiano sono insulti. Rose è compulsivamente precisa e ordinata; Léonard, tutto l’opposto. Ma dovranno imparare ad andare d’accordo e ad agire con assoluta discrezione se vogliono guadagnarsi un posto a corte e il favore di Sua Maestà. La loro indagine inizia in città, dove sono appena stati ritrovati due morti assassinati. Gli omicidi sono forse collegati al furto dei gioielli? Riusciranno i due a svelare il mistero e a recuperare la refurtiva, ingraziandosi così la regina? Lei, del resto, assumerà un ruolo tutt’altro che defilato e completamente diverso da quello che le è stato assegnato. In questo divertentissimo romanzo, Frédéric Lenormand accompagna il lettore in un delizioso viaggio attraverso l’intricata Reggia di Versailles e racconta un’astuta e manipolatrice Maria Antonietta che, nascosta dal suo ventaglio e dalle imponenti acconciature, tiene d’occhio tutto ciò che accade a corte.
La recensione, peraltro molto interessante, contiene un errore. Maria Antonietta non detestavo la Du Barry perché costei era l’amante di suo marito. In realtà, la bella contessa era stata la favorita di Luigi XV, nonno e predecessore di Luigi XVl. Quando questi sposò la principessa austriaca, era ancora il Delfino e la Du Barry, come in precedenza altre favorite di Luigi XV, spadroneggiava a Corte, approfittando della debolezza del re, infatuato di lei e ormai anziano. Meno intelligente e informata della più famosa tra le amanti reali, madame Pompadour, era bellissima, sensuale e sapeva come tenere in pugno l’augusto sovrano. Il titolo nobiliare le veniva dal matrimonio d’interesse con un vecchio. In realtà, la du Barry di cognome faceva Becu, aveva origini ultra proletarie e pare che avesse addirittura esercitato “il mestiere”. Alla raffinata Maria Antonietta, rampollo di una tra le case regnanti più prestigiose d’Europa, dividere il palcoscenico con siffatto soggetto andava tutt’altro che a genio. Il marito, giovanotto oltretutto timido, bigotto e mezzo impotente a causa della fimosi (riuscirà a consumare il matrimonio solo dopo diversi anni e un intervento chirurgico) a tutto pensava fuorché alle avventure erotiche.