Articolo a cura di Maria Marques
Tempo di vacanze, tempo di ferie e di viaggi, anche nell’antica Roma.
Con l’arrivo della bella stagione, i romani abbienti lasciavano le città, rumorose a tutte le ore e si rifugiavano nelle ville sparse per la penisola.
Ovviamente da queste possibilità rimanevano esclusi i poveri salvo che non riuscissero a farsi ospitare da amici facoltosi oppure non avessero la possibilità di affittare stanze nelle locande nei luoghi alla moda.
Il golfo di Napoli
La zona più ambita per la villeggiatura in Italia, fu quella che si affaccia sul golfo di Napoli, specialmente durante la primavera e l’autunno; nella stagione più calda si preferivano la quiete delle colline e il fresco dei monti.
Già dalla tarda età repubblicana la zona del golfo di Napoli vide sorgere numerose ville i cui resti sono testimoni dello sfarzo di cui i romani si circondavano: ninfei, ampi giardini, ricchi di statue di bronzo o marmo, nella cui quiete ritemprarsi ma anche godere di passatempi: gite in barca, caccia, terme, letture meditazione, musica spettacoli e banchetti memorabili in grotte artificiali e non. La città che meglio rappresenta queste vacanze è Baia, luogo alla moda per eccellenza privilegiata da aristocratici e dalla famiglia imperiale almeno a tutto il III secolo d.C.
Famosa per le sue acque termali, vide sorgere ville che accolsero tra gli altri: Gaio Mario, Pompeo Magno, Giulio Cesare e poi ancora Marco Antonio, Augusto, Tiberio, Claudio, Alessandro Severo. Ogni cosa a Baia era considerata splendida: il clima, il cibo, il vino, il panorama. Si passeggiava sulla spiaggia, ma non si prendeva il sole anzi il maggior vanto per le signore era di sfoggiare la pelle candida che proteggevano dai raggi solari con ombrellini.
La moda dell’abbronzatura doveva aspettare, non era ancora il suo momento.
La Grecia
I romani viaggiavano anche oltre la splendida Campania, al seguito dell’esercito, per lavoro ma anche per piacere e, anche chi era in missione, non rinunciava alla curiosità di visitare luoghi. Una delle altre mete gettonate era la Grecia, e lì il viaggio diventava anche approfondimento culturale. Meta prima era Atene con l’Acropoli, esattamente come oggi, ma anche i luoghi ove erano ambientate le tragedie e i poemi omerici. Ecco quindi i viaggi a Pilo per vistare il sepolcro di Nestore, ad Atene alla tomba di Edipo, senza tralasciare Micene. E poi ancora Corinto, Epidauro Delfi, Olimpia luoghi dove si svolgevano feste importanti e giochi sportivi. Non poteva certamente mancare una visita a Rodi, per vedere gli enormi resti della statua eretta al dio Helios e distrutta dal terremoto del 226 a.C., il “Colosso di Rodi” appunto.
Il sito di Troia era anch’esso meta di turisti, soprattutto le presunte tombe degli eroi che furono visitate da illustri “turisti”: Giulio Cesare, Adriano, Caracalla, Diocleziano e Costantino.
L’Egitto
La meta più esotica e affascinante era l’Egitto, con i suoi geroglifici misteriosi e le piramidi. Si partiva da Alessandria con il faro, il Museo e la famosa biblioteca per poi risalire il Nilo verso Menfi, Abido e Tebe dove le statue che ancora oggi abbelliscono l’ingresso del tempio funerario di Amenofi III, richiamavano frotte di turisti. Le statue, i cosiddetti colossi di Memnone, furono danneggiati nel 27 a.C. da un terremoto.
Dopo questo evento, una delle statue, quella più danneggiata, al sorgere del sole si metteva a “suonare”. Si trattava di un suono particolare in cui alcuni riconoscevano la lira chi la cetra. Una meta turistica assolutamente da visitare e, le basi dei colossi furono incise con i nomi di coloro che vollero immortalare la loro presenza, tra questi anche un tal Artemidoro, con la moglie Arsinoe e i figli Tolomeo ed Elurione, che ascoltò il suono del colosso nel dicembre del 130 d.C.
Anche quella che si chiamerà “Valle dei Re” non era immune ai turisti e ne è testimone la tomba di Ramses VI, scambiata per quella di Platone, sui cui molti apposero le firme. Queste le mete del turismo finché fu possibile spostarsi all’interno dell’impero. Dopo il IV secolo a queste mete si affiancarono i pellegrinaggi cristiani verso la Terrasanta.
Ovviamente se i romani fuggivano da Roma, altri turisti giungevano a visitarla e, oltre lo splendore dei suoi monumenti, potevano vedere, tra gli altri, il fico sotto cui stava la cesta con Romolo e Remo, la spada di Cesare nel tempio di Marte e, nientedimeno che, la nave con cui Enea approdò nel Lazio ancora perfettamente conservata nel VI secolo secondo quanto ricorda Procopio di Cesare.
Roma colpiva i turisti esattamente come l’Egitto, l’Asia minore e la Grecia colpivano chi le visitava ma, proprio come oggi, Plinio il Giovane lamentava che si preferivano mete esotiche e lontane, di moda piuttosto che dedicarsi a conoscere la propria città. Nulla di diverso da quanto accade ancora oggi.