Recensione a cura di Roberto Orsi
“Un fiume in piena, ecco quello che sentiva all’interno del suo corpo. E come faceva a fermarlo un fiume in piena? Lui, da tanto tempo, aveva smesso di contrastarlo, di combatterci, non era proprio possibile, non c’era alcuna speranza di vittoria, perché il suo era un desiderio che proveniva da lontano, da un passato incombente che non era possibile cancellare.”
È questo uno dei passaggi chiave di questo romanzo di Marco Di Tillo “L’orco di Mussolini” edito da Mursia. Come si ferma un fiume in piena? Come bloccare un istinto atavico che è più forte di qualsiasi considerazione ragionata? Qualunque possibile valutazione che potrebbe portare a una decisione logica, in linea con i valori etici e civili, viene scalzata prepotentemente da un fuoco interno che brucia tutto.
Ciò che succede a coloro che vengono considerati criminali: pensiamo ai killer e agli stupratori seriali. Quante volte ci siamo domandati come sia possibile accanirsi sessualmente contro una povera anima innocente come una bambina di 6 anni? Eppure, purtroppo, sono cose non troppo lontane da noi. Quella raccontata da Marco Di Tillo è la storia vera del mostro di Roma che negli anni del ventennio fascista, tra il 1924 e il 1927, terrorizzò la capitale violentando e in taluni casi uccidendo delle povere bambine inermi.
In uno stato come quello fascista, insediatosi appena due anni prima, qualcosa del genere non può essere accettata per nessun motivo. La sicurezza dei cittadini è una delle basi del governo Mussolini. La propaganda fascista non può permettersi di lasciar passare il messaggio di una città in cui le forze dell’ordine non riescono a fermare un mostro.
Giuseppe Dosi “parlava correttamente inglese, tedesco e francese. Era esperto di criminologia, medicina forense, biologia, chimica, numismatica e filatelia. Suonava abbastanza bene il violino e la fisarmonica e, avendo recitato da giovane presso la Compagnia stabile del Teatro Argentina, era anche in grado di truccarsi e travestirsi in almeno trenta personaggi diversi, donne comprese.”
Dosi è il protagonista del romanzo, spia al soldo del fascismo, spesso inviato all’estero per sventare attacchi al regime e stanare dissidenti che si sono rifugiati in altri paesi. Un poliziotto dal grande acume, la capacità di lavorare come spia, di osservare e non solo vedere, di trasformarsi grazie al passato di attore e infiltrarsi negli ambienti più infimi della società. Fu protagonista di molte situazioni spinose, tra cui quella dell’attentato a Benito Mussolini il 4 novembre 1925 da parte del deputato Tito Zaniboni, in cui Dosi riuscì a salvare la vita al duce.
“Non sarebbe stato un gran Natale, questo il commissario Giuseppe Dosi lo sapeva bene. Quale Natale? Perché Natale? Non era più Natale da quando lei non c’era più”
Un uomo forte ma allo stesso tempo segnato dal lutto della perdita dell’amata moglie. Dosi appare come una macchina nel suo lavoro, è considerato il migliore per le sue grandi capacità, ma assume un connotato più fragile nella vita privata. Il rapporto con Giulia, una ragazza con cui è cresciuto, e che Dosi ritrova proprio negli anni delle indagini in quel di Roma, sembra farlo rinascere a nuova vita.
La scia rossa di sangue che unisce i personaggi del romanzo ricalca gli eventi realmente avvenuti in quegli anni nella città di Roma. Cinque bambine perdono la vita dopo aver subito violenze e abusi, altre due vengono violentate ma riescono in qualche modo a fuggire. I tragici eventi che sconquassarono la capitale si svolsero nell’arco di diversi mesi. Il Ministero dell’interno, i prefetti, i questori e i commissari che si succedettero nelle varie cariche in quel tempo, sembravano brancolare nel buio.
La Storia ha visto un colpevole che ha pagato il fio dei delitti: Gino Girolimoni fu accusato nel 1927 e incarcerato. Una campagna mediatica di assoluta spietatezza lo indicò come l’unico responsabile degli omicidi e delle violenze. Il Mostro di Roma era stato assicurato alla giustizia e il regime aveva fatto il suo lavoro agli occhi della popolazione.
Qualcuno non si diede per vinto e proprio Giuseppe Dusi fu l’uomo che continuò imperterrito a cercare la verità. Di Tillo ricostruisce queste macabre vicende, con anche dettagli toccanti, per ridare giustizia alle povere vittime e ristabilire la figura dell’uomo ingiustamente condannato.
Sullo sfondo dei delitti del Mostro, la città di Roma del ventennio fascista: lo sviluppo industriale, la ricostruzione post-bellica, le prime auto che circolano in città, le opere e le costruzioni, l’orgoglio nazionale.
“A Maria Durante, che nella zona tutti chiamavano la Ciociara, bastava attraversare il ponticello della nuova ferrovia Roma-Ostia, camminare sulla stradina con la ghiaia bianca vicino ai binari e percorrere poi quel tratto della via Ostiense su cui affacciava l’edificio che si sarebbe dovuto chiamare Cinema Imperiale e che invece, per la gente del posto, adesso si chiamava solo l’Incompiuto, perché il cinematografo non l’avevano mai finito di costruire.”
E ancora gli avvenimenti che hanno segnato la nostra Storia: dagli attentati a Mussolini all’omicidio Matteotti nel mese di giugno del 1924, con il ritrovamento quasi casuale dei resti del segretario del partito socialista il 16 agosto.
Il quotidiano romano “La Tribuna”, invece, andò giù in modo più pesante: “Probabilmente i mandanti hanno taciuto, sperando di essere salvati da una seconda ondata fascista, ovvero da una sorta di notte di San Bartolomeo, in cui si sarebbero regolati i conti con tutti i nemici del regime”.
Le atmosfere raccontate nel romanzo sono perfettamente rese da uno stampo quasi giornalistico, con il romanzo che in alcuni tratti si trasforma in dossier di cronaca nera. L’autore ha il grande pregio di raccontare una vicenda triste e sconvolgente, riaccendendo i riflettori sul caso a quasi un secolo di distanza. E lo fa cercando di entrare il più possibile nella psicologia dell’omicida.
Scene forti che in più di una occasione fanno storcere il naso. Una scelta coraggiosa quella di raccontare in questo modo degli avvenimenti reali a valle di una ricerca documentale molto approfondita.
Bianca Carlieri, Rosina Pelli, Elisa Berni, Celeste Tagliaferri, Armanda Leonardi: questi i nomi delle cinque bimbe a cui il Mostro tolse la vita.
Emma Giacobini, Elvira Coletti le due bambine che subirono una violenza ma riuscirono a mettersi in salvo.
Una Storia che non può essere dimenticata, come i nomi di queste creature che morirono senza un vero motivo, assurdamente e senza probabilmente mai capire il perché.
Trama
Roma, 1924. Una sera di marzo sparisce la prima bambina. Nei tre anni successivi ne sono violentate e uccise altre sei. Mussolini è furioso, la Polizia non riesce a trovare il colpevole e gli abitanti della città sono terrorizzati. Alla fine, ci rimette un poveraccio di nome Girolimoni. Contro di lui vengono inventate diverse prove, trovati testimoni improbabili, e finalmente tutti possono tirare un bel sospiro di sollievo. Il mostro è stato trovato! Nelle indagini viene coinvolto un esperto poliziotto italiano, il commissario Giuseppe Dosi, che smonta, a una a una, tutte le prove contro l’innocente accusato e riesce anche a catturare il vero colpevole. Ma le cose non finiscono purtroppo nel modo sperato, perché proprio Mussolini prenderà, a sorpresa, una decisione incredibile, destinata a cambiare il corso degli eventi.
Grazie a Roberto Orsi per la bellissima recensione sul mio romanzo “L’orco di Mussolini”. Resto a vostra disposizione per qualunque cosa e vi auguro una felice estate.
Marco Di Tillo
Grazie mille a te Marco e complimenti per questo libro che riporta a galla fatti avvenuti quasi 100 anni fa ma non per questo da dimenticare