Narrativa recensioni

Il Drago di sua maestà. La prima guerra dell’oppio – Daniele Cellamare

Recensione a cura di Laura Pitzalis

No, no, io non ho letto un romanzo, ho viaggiato nel tempo e nello spazio e mi sono trovata a vivere le bellezze e le crudeltà dell’Impero Cinese sotto la decadente dinastia Qing, prima metà del XIX secolo.

Mi sono immersa in storie che mi hanno fatto palpitare e sognare portandomi nella natura incontaminata e perciò incantata e affascinante del “Regno di mezzo” coinvolgendomi nelle magiche atmosfere dei riti, delle tradizioni, dei costumi ma anche nei tumulti e nelle atrocità delle sue leggi dalle efferate punizioni.

Daniele Cellamare ne “Il Drago di sua maestà” ci porta a Canton durante la “Guerra dell’oppio” tra Cina e Gran Bretagna, conflitto dalle cause prettamente economiche e commerciali.

Sin dal XVII secolo l’Asia fu una delle principali mete mercantili dell’Europa che però non riuscivano a siglare accordi né con il Giappone né, per l’appunto, con il “Celeste Impero”. Dato il suo prestigioso retaggio storico e culturale, la corte imperiale cinese nutriva nei confronti degli europei dei pregiudizi ostili e per questo non era interessata ad avere relazioni esterne grazie anche alla sua autosufficienza che le permetteva di non aver bisogno di importare e di esportare prodotti da e verso l’esterno. L’unico luogo autorizzato per gli scambi commerciali cino-europei era il porto di Canton, rigidamente sorvegliato dalle autorità cinesi.

L’oppio, la “terra nera”, fu la chiave che permise agli inglesi di sbloccare a loro favore la situazione.

In Cina, dapprima, era diffuso principalmente tra le classi agiate, poi si estese ai ceti meno abbienti per alleviare le grandi fatiche, causando dipendenza e, di conseguenza, aumentando la corruzione e la criminalità.

Una volta questo mondo era colorato, aveva tinte morbide e profumi armoniosi. Un medicinale miracoloso che chiamavano chun yao, la pozione di primavera, tanto ricercato per l’arte del piacere da praticare con le donne, stimolava il desiderio sessuale e favoriva le prestazioni maschili … Poi è arrivato il tabacco ed è cambiato tutto. I cinesi hanno iniziato a fumarlo e presto hanno voluto provare anche l’oppio. E così hanno svegliato il drago. Le barche fiore sono diventate ostelli di malaffare e le cortigiane si sono trasformate in prostitute.

Naturalmente gli inglesi si arricchivano sempre più, mentre le casse dell’Impero Celeste si svuotavano, per cui quando a Canton, nel 1839, il mandarino Lin Zexu su incarico imperiale ordinò di sequestrare e distruggere un’enorme quantità di oppio e di arrestare i mercanti inglesi, la reazione britannica fu tale da portare, qualche anno dopo, allo scoppio della prima “Guerra dell’oppio” che si protrasse fino al 1842 con la resa cinese e il trattato di Nanchino con clausole umilianti e pesanti per l’Impero Cinese.

In questo contesto politico Cellamare crea abilmente la sua storia dove, con uno stile narrativo fluido e curato, reso dinamico da una prosa libera da preconcetti, contrappone una Cina chiusa nel suo millenario tradizionalismo aristocratico e fiera della sua cultura, a disinibiti uomini d’affari inglesi in piena politica espansionistica coloniale, disposti a tutto pur di avere il predominio sul commercio dell’oppio e arrivando a non avere nessuno scrupolo morale pur di tenere alto il fasto britannico.

Un romanzo storico ma anche antropologico che ci apre le porte in una Cina Imperiale meravigliosa dove tra la crudeltà, il cinismo, la sete del potere dei pirati della “Bandiera Rossa”, dei criminali della “Triade” e dei feroci invasati del “Regno Celeste della Grande Pace”, si sviluppa la tenera e forte storia d’amore tra il giovane pirata Shaoran, “Piccolo Lupo” e la muitsai Maylin, “Giada Preziosa”.

Quello, però, che mi ha effettivamente catturata in questo romanzo è la valentia descrittiva dell’autore nelle pagine che riguardano le strategie militari, in quelle piene di fascino orientale dei rituali cinesi e dei luoghi, quelle dove con perfetta precisione disegna i vari personaggi nel loro aspetto fisico, con i loro gesti e atteggiamenti, e in quello introspettivo con i loro stati d’animo.

Trovò Chui intento a sistemarsi l’abito attillato, con la giacca dal colletto alto e le maniche strette che non riuscivano tuttavia a conferirgli un’aria elegante. Le sopracciglia folte e il naso sottile lasciavano piuttosto intravedere un uomo scaltro e risoluto. Anche lui aveva i capelli rasati e lasciava cadere sulle spalle il lungo codino che la moda della dinastia Qing aveva imposto ai sudditi insieme al nero degli abiti e degli ornamenti. Una scelta cromatica per spegnere il rosso del fuoco della dinastia Ming.

Ed ecco davanti a noi fiumi dai nomi preziosi immensi come mari, infinite lanterne rosse, interminabili risaie grandiose come paradisi. E poi le degradanti fumerie d’oppio e i han yan, le giunche cinesi e clipper britannici, i maestri di saggezza, la pirateria cinese, le spade a farfalla e i gingal tremende armi cinesi, i tatuaggi identificativi dei pirati e criminali, le torture cinesi, la Città Proibita, l’agopuntura, il nushu, la scrittura segreta delle donne cinesi.

… Ma prima voglio parlarti della nushu, la scrittura segreta delle donne … è nata nella regione di Hunan, tanti secoli fa, e poi si è diffusa in altre parti dell’Impero di Mezzo, ma solo nelle campagne, dove le giovani adolescenti non ancora sposate erano costrette a trascorrere le lunghe giornate invernali in completa segregazione, rinchiuse nelle loro stanze senza poter uscire […] ricamavano il corredo nuziale, in attesa che il tempo offrisse loro un nuovo padrone per rispettare le tre obbedienze a cui erano destinate sin dalla nascita; prima al padre, poi al marito e infine al figlio maggiore […] Le giovani donne la utilizzavano per comunicare con le loro amiche, le sorelle giurate, a cui confidavano segreti, ma anche per scrivere poesie, versi per il ballo, oppure timori e dispiaceri … faccende di donne, insomma.”

Attraverso il modo di vivere dei personaggi, i loro usi e costumi, il modo di pensare di quell’epoca, Daniele Cellamare ci racconta la Storia dell’Impero cinese del XIX secolo, facendoci acquisire informazioni senza ricorrere a un saggio specifico sull’argomento. L’evento storico, quindi, lo fa raccontare da più voci con diversi punti di vista, mettendo insieme grandi quadri storici e piccoli dettagli poco conosciuti sulla vita dell’epoca, la Storia e le microstorie, regalandoci sensazioni ed emozioni che solo la letteratura può dare.

Appassionante e commovente il mondo dei personaggi femminili, fatto di prevaricazione, umiliazioni, disprezzo ma anche di coraggio, tenacia e speranza: Madame Shan dai “gigli dorati, (la tradizionale fasciatura dei piedi delle donne altolocate perché restino minuscoli), che la porteranno a riscattare con la vita il suo onore perduto; Maylin, la maestra Wang, la crudele potente Regina dei pirati Ching Yih che cercano e lottano per la libertà, ottenendola ognuno a modo suo.

[Ching Yih] era la donna più temuta che la pirateria cinese avesse mai conosciuto. Al suo comando, ottantamila uomini a bordo di quasi duemila navi avevano terrorizzato il Mar della Cina, scontrandosi contro l’impero britannico, quello portoghese e l’odiata flotta imperiale della dinastia Qing.

Si raccontava che Cheng Yi, un pirata a capo di sei flotte di giunche, avesse deciso di rapirla per prenderla in sposa. La giovane Ching decise di accettare, ma in cambio chiese la metà dei suoi averi e il comando di una flotta tutta sua. Insieme, riuscirono a creare una coalizione criminale con tutte le flotte pirata della regione di Canton riunite in una grande alleanza che divenne famosa come la Flotta della Bandiera Rossa.”

Un romanzo di grande livello, fonte inestinguibile d’informazioni dettagliate, ricco di spunti di riflessione e avvenimenti seducenti come le consuetudini cinesi in occasione dei pasti, dei funerali, dei riti religiosi, che mi ha arricchito di nuove nozioni, incrementando il mio bagaglio culturale.

Un romanzo che mi ha coinvolto, incuriosito, provocandomi sentimenti antitetici: orrore, ribrezzo, sdegno, disorientamento ma anche tanta serenità, pace, emozione.

Un libro godibilissimo, ben strutturato che appassiona.

Peccato per il finale “sospeso” che non ho gradito…

Editore: ‎Les Flâneurs Edizioni (31 marzo 2022)
Copertina flessibile: ‎308 pagine
ISBN-13: ‎979-1254510605
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Trama
Febbraio 1839. Un drappello di soldati cinesi marcia nel quartiere per stranieri di Canton e sulla riva del Fiume delle Perle pianta un palo di legno e impicca un prigioniero accusato di contrabbando di Terra Nera. È un monito per gli inglesi, i Diavoli dai Capelli Rossi: devono smettere di vendere l’oppio alla popolazione cinese. Inizia così una drammatica spirale di violenze tra il governo britannico di Sua Maestà – determinato a non rinunciare a quel redditizio traffico – e l’imperatore Daoguang, che inutilmente cerca di vietare il consumo e il commercio di quella terribile droga . Ma i cinesi vogliono cavalcare il Drago che viene loro offerto, e ben presto le tensioni sfociano in un conflitto aperto tra le potenti navi della Royal Navy e le tradizionali giunche cinesi, una guerra che dal 1839 si protrarrà fino al 1842. All’ombra della pirateria, dei criminali della Triade e dei fanatici del Regno Celeste della Grande Pace, s’incrociano i destini di Shaoran e Maylin, due giovani innamorati che fuggono precipitosamente da Canton per inseguire la felicità, e di Ethan e Richard, ex soldati britannici che, in balia di eventi più grandi di loro, vengono inghiottiti dal Regno di Mezzo.

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