Oggi vi portiamo al mare, tra le onde spumose in cui tuffarsi, quello delle promozioni: ci sono davvero tantissimi ebook storici molto interessanti. Scorrete ma siate pazienti, perché la lista è veramente lunga. E lasciatevi tentare!
Barcellona, 1901. La città attraversa un momento di estrema tensione sociale: la miseria delle classi più umili si scontra con il lusso dei grandi viali, nei quali originalissimi edifici appena sorti o in costruzione annunciano l’arrivo di una nuova e rivoluzionaria stagione artistica, il Modernismo.
Dalmau Sala, figlio di un anarchico giustiziato dalle autorità, è un giovane pittore e ceramista che vive intrappolato tra due mondi: da un lato quello della sua famiglia e di Emma Tàsies, la donna che ama, entrambe attivamente impegnate nella lotta operaia; dall’altro, quello del lavoro nella fabbrica di ceramiche di don Manuel Bello, il suo mentore, ricco borghese dalla incrollabile fede cattolica.
Nel Pittore di anime, Ildefonso Falcones tratteggia il meraviglioso arazzo di un’epoca convulsa, nel quale l’amore, la passione per l’arte, le rivolte sociali e le vendette personali si fondono in un intreccio emozionante, il ritratto di una Barcellona capace di ribellarsi al grigio potere della tradizione, dimostrando ancora una volta un’innegabile maestria nel tessere personaggi vividi e avventure straordinarie sullo sfondo della Storia di cui è appassionato e attento studioso.
Sposa a diciassette anni di Francesco Giuseppe, Elisabetta di Wittelsbach («Sissi») abbandonò le foreste della Baviera per il mondo dorato e soffocante della corte di Vienna. Coraggiosa e fragile, malinconica ed eccentrica, Sissi non volle accettare nessuno dei ruoli che la tradizione e l’ambiente le assegnavano. L’intera sua vita, interrotta nel 1898 dal pugnale di un anarchico, fu un tentativo di sottrarsi al destino di «gabbiano prigioniero del castello», una fuga continua dai rituali e dal formalismo della vita di palazzo. Desiderando essere qualcosa di più della consorte di un imperatore, di affermare in ogni modo la propria individualità, Sissi fece di sé una donna speciale. Amazzone provetta, eccelse nei tornei di caccia; poetessa dilettante lasciò oltre cinquecento pagine di versi; giovane splendida, riuscì a trasformare la propria bellezza in un mito ineguagliabile. Nell’appassionata biografia della Hamann, che ha dedicato a Sissi anche un volume fotografico, rivive una donna di sensibilità e intelligenza straordinarie, una sovrana anomala e sognatrice, condannata a un destino di infelicità.
Pechino, marzo 1852: durante la selezione delle consorti imperiali, lo sguardo dell’imperatore Xianfeng si posa su una sedicenne dai tratti non belli, forse, ma senza dubbio affascinanti. Di lì a poco, il cenno di approvazione del Figlio del Cielo schiuderà le porte della Città Proibita alla donna che, ammessa a corte come semplice concubina, si ritroverà in breve a reggere le redini dell’ormai morente dinastia Qing con il titolo di Imperatrice vedova Cixi. Considerata in Cina una despota dalle scarse capacità e dalle vedute ristrette, Cixi intraprese invece una coraggiosa politica di modernizzazione che, ispirandosi ai metodi e alle tecniche occidentali, scosse il Paese dal suo immobilismo millenario: a lei si devono infatti l’introduzione del telegrafo e della ferrovia, la costruzione di una flotta moderna e l’avvio della pratica di estrazione mineraria, la riforma del sistema legale (con l’abolizione di pratiche quali la fasciatura dei piedi) e l’istituzione di scuole e università di livello. Il tutto mentre, con decisione e accortezza, affrontava le rivolte dei Taiping prima e dei Boxer dopo, le «guerre dell’oppio» e le mire espansionistiche di russi e giapponesi, sventando i complotti orditi alle sue spalle. Dall’autrice di Cigni selvatici, una biografia documentata e avvincente che, avvalendosi di materiali fino a poco tempo fa inaccessibili, ribalta gli stereotipi per tracciare il ritratto di una figura ancora poco nota agli storiografi occidentali: quella di una donna energica e lungimirante che, in un contesto tutt’altro che favorevole, governò per quarant’anni le sconfinate terre del Celeste Impero da dietro un paravento di seta gialla.
«Voi, re di Napoli? il titolo di cui vi fregiate non esiste. Il diritto di conquista è riservato ai principi. Un avventuriero come voi non può impadronirsene. Voi, signore, non siete niente.»
Nel 1815 Murat tenta di riconquistare il trono di Napoli che ha perso dopo sei anni di regno. L’ascesa irresistibile di questo figlio di un locandiere del Quercy, diventato generale della Rivoluzione e in seguito maresciallo dell’Impero, non ha conosciuto fino a questo momento alcun limite se non la volontà di Napoleone. Ma il destino di colui che Carolina Bonaparte, sorella dell’imperatore, aveva scelto di sposare, si interrompe brutalmente.
Catturato, gettato in prigione, viene fucilato il 13 ottobre 1815. Dalla cella in cui trascorre l’ultima settimana di vita, nel castello che oggi si chiama Castello Murat a Pizzo Calabro, François Garde ricostruisce con una serie di flash back l’ascesa irresistibile e la vita avventurosa di un uomo che ha legato a filo doppio le sue sorti a quelle di Napoleone, e racconta al contempo un periodo decisivo per la storia italiana.
Il romanzo dell’uomo che diventerà Giulio II, il papa guerriero
Agosto 1471. Esausto dal lungo viaggio, un giovane frate attraversa le antiche mura che difendono la città, passa accanto alle vestigia diroccate di un passato ormai dimenticato, s’inoltra in un intrico di vicoli bui e puzzolenti. E infine sbuca in una piazza enorme, davanti alla basilica più importante della cristianità, dove si unisce al resto della popolazione. Ma lui non è una persona qualunque. Non più. È il nipote del nuovo papa, Sisto IV. È Giuliano della Rovere. E quello è il primo giorno della sua nuova vita, un giorno che segnerà il suo destino: dopo aver assistito alla solenne incoronazione dello zio, Giuliano viene coinvolto dai suoi cugini, Girolamo e Pietro Riario, in una folle girandola di festeggiamenti nelle bettole della città, per poi rischiare la morte in un agguato e ritrovarsi al sicuro tra le braccia di una fanciulla dal fascino irresistibile. È il benvenuto di Roma a quell’umile fraticello, che subito impara la lezione. Solo i più forti, i più determinati, i più smaliziati sopravvivono in quel pantano che è la curia romana. Inizia così la scalata di Giuliano, che scopre di avere dentro di sé un’ambizione bruciante, pari solo all’attrazione per Lucrezia Normanni, la donna che lo aveva salvato quel fatidico, primo giorno, e che rimarrà al suo fianco per gli anni successivi, dandogli pure una figlia. Anni passati a fronteggiare con ogni mezzo sia le oscure manovre del suo grande avversario, il cardinale Rodrigo Borgia, sia i tradimenti dei suoi stessi parenti, i Riario. Anni passati sui campi di battaglia, ad imparare l’arte della guerra, e a tramare in segreto contro i Medici di Firenze, nonostante il disastroso esito della congiura dei Pazzi. E tutto per prepararsi a un evento ineluttabile: la morte di suo zio, il papa, e l’apertura del conclave. Ecco la grande occasione di conquistare il potere assoluto. Ma Giuliano scoprirà che il destino, per il momento, ha altri piani per lui…
Parigi, 1929. Simone è una ragazza curiosa, vivace e intelligente, e ha un grande sogno: diventare una scrittrice. Nonostante il parere contrario della famiglia, soprattutto del padre, severo e tradizionalista, Simone dopo il liceo si iscrive all’Università. Sono anni decisivi per lei, di studi letterari, di amicizie profonde e di incontri importanti. Ed è proprio nelle aule dell’École Normale Supérieure che Simone conosce l’uomo destinato a diventare il suo compagno di vita: Jean-Paul Sartre, di poco più grande di lei, apprezzato e conosciuto nell’ambiente universitario per le sue idee filosofiche e il suo carisma. Entrambi si sentono immediatamente legati, perché hanno interessi culturali comuni, ma soprattutto hanno la stessa visione del mondo e dell’amore, fondata sulla libertà assoluta e sul rifiuto di ogni vincolo e costrizione. Con Sartre, Simone condivide la vita privata ma anche il lavoro di scrittrice e l’impegno politico, frequentando i caffè della Rive Gauche, animati da artisti e intellettuali, e viaggiando per portare avanti le proprie battaglie, in una relazione aperta e appassionata che li porterà ad affrontare anche la guerra e la separazione, per poi ritrovarsi e non lasciarsi mai più.
Con il suo romanzo, Caroline Bernard ha voluto rendere omaggio a questa grande donna che non si è accontentata di conquistare la propria libertà, ma che, attraverso i suoi scritti e le sue lotte, ha aperto la strada verso l’emancipazione a tutte le donne.
Inghilterra, 1346. Thomas Blackstone è un giovane e abile scalpellino. Grazie al suo mestiere ha imparato come individuare le debolezze nella pietra. Ma grazie alla sua passione, l’arco, ha capito che, per colpire e uccidere, ci vogliono intelligenza e acume. Per questo non ha esitazioni quando, per evitare una condanna a morte per un omicidio che non ha commesso, gli viene chiesto di entrare nell’esercito di re Edoardo III, che si appresta a invadere la Francia.
Turbato dalla crudeltà della guerra e dalla brutalità umana, Thomas lotta non soltanto per sopravvivere, ma soprattutto per mantenere la sua dignità e il suo onore. E mentre all’orizzonte si profila la battaglia più dura di tutte – quella di Crécy – Thomas si ritrova al centro di un complesso intrigo in cui l’amore e l’amicizia, la fiducia e il tradimento cambiano forma e colore in ogni istante. E di certo cambieranno la sua vita, quando, nella furia della battaglia, sarà proprio lui a salvare il figlio del re da morte certa…
Tutti la chiamano Willy, ma lei si chiama Antonia come ha voluto la donna che l’ha messa al mondo e subito abbandonata in un istituto di Rotterdam, in Olanda.
Siamo agli inizi del Novecento e la famiglia che l’ha adottata si trasferisce negli Stati Uniti in cerca di fortuna. A New York, Antonia viene indirizzata giovanissima alla carriera sicura di dattilografa da una madre adottiva assai poco amorevole. Ma le sue mani, che battono rapide sulla tastiera, nascondono ben altre doti.
Perché nella Terra delle grandi opportunità, anche Antonia ha un sogno da realizzare: diventare una direttrice d’orchestra. E quando lascia l’ufficio, corre al suo secondo lavoro di maschera in una sala da concerti, per pagarsi le lezioni di pianoforte. Nel 1926, dopo un durissimo esame di selezione, Antonia viene ammessa (unica donna) al più maschile dei corsi di una maschilissima istituzione: la classe di direzione d’orchestra al Conservatorio della città. E sarà solo l’inizio di un percorso solcato da innumerevoli ostacoli e pregiudizi. L’incontro fortuito con il rampollo di una famiglia di aristocratici non le sarà d’aiuto, ma le dischiuderà le vette e gli abissi dell’amore.
Quando però perde il lavoro e la madre la caccia di casa, si trova davanti a una scelta molto difficile. Partire per l’Europa e dedicarsi completamente alla carriera musicale, o restare negli Stati Uniti insieme all’uomo che ama?
In un viaggio fra Vecchio e Nuovo Mondo, nel pieno fermento di un’epoca dove tutto sembrava possibile, seguiamo la vita avventurosa di Antonia fra mille peripezie. E ci emozioniamo davanti al coraggio e alla dedizione, alle lotte e alla caparbietà di una donna che rappresenta un vivido (e attualissimo) esempio anche a un secolo di distanza.
Il romanzo che racconta l’incredibile vita di uno dei personaggi più affascinanti della Storia italiana
«Se scrivessi la mia biografia, stupirei il mondo», ha detto Caterina Sforza. Figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, Caterina ha dato prova del suo carattere già a dieci anni, quando si è proposta per diventare la moglie di Girolamo Riario, in sostituzione della cugina undicenne, giudicata troppo giovane per consumare il matrimonio. Dotata di una cultura vastissima, si è distinta in discipline considerate appannaggio esclusivo degli uomini, come l’alchimia, la chimica e le arti belliche. Dopo la morte del marito, ha governato da sola Imola e Forlì, guidando persino l’esercito in battaglia. Durante l’assedio della rocca di Ravaldino, non si è lasciata mettere con le spalle al muro da chi le aveva intimato di arrendersi, minacciandola di ucciderle i figli; al contrario, Caterina ha risposto sollevando la gonna e urlando: «Fatelo, tanto qui ho lo stampo!». Nella sua breve vita, Caterina ha fatto di tutto, tranne scrivere una biografia. Seicento anni dopo, è una sua discendente, Francesca Riario Sforza, a celebrare la straordinarietà della sua antenata in un romanzo che ci restituisce l’immagine di una donna in anticipo sui tempi, che non si è rassegnata al ruolo di moglie e madre, ma ha lottato per farsi strada in un mondo dominato dagli uomini. Una donna forte, indipendente e incredibilmente moderna.
Firenze, 1497. Pico della Mirandola è morto e con lui il suo sogno di unificare le religioni monoteistiche. Restano soltanto i roghi: a bruciare beni terreni e a incendiare le coscienze è Girolamo Savonarola, che ora governa la repubblica fiorentina col ferro e con il fuoco perché il sogno di Pico soffochi e scompaia per sempre. Ed è ciò che vogliono anche i Borgia, che dal soglio papale di una Roma affogata nel vizio e nei delitti muovono oscure trame di congiura e di conquista. Il sogno di papa Alessandro VI e di Cesare, figlio prediletto e maledetto, è di rendere il papato una dinastia. E perché ciò avvenga, l’autorità della religione cristiana non può essere minata in alcun modo. Nel cuore di questi conflitti, l’erede del pensiero di Pico, Ferruccio de Mola, è costretto a combattere ancora una volta, per salvare ciò che gli è più caro: la moglie Leonora. Soltanto lui, anche contro la propria volontà, può impedire che un mondo intero crolli su se stesso. Perché dal lontano Oriente, un anziano monaco e una giovane donna hanno intrapreso un viaggio che li condurrà nel cuore della città eterna. E portano con loro anche un libro misterioso, antico e potente. Un libro che contiene una parola dimenticata, una verità da sempre nascosta con la forza. La verità dell’uomo più importante dell’intera storia umana. Quando leggerete questo romanzo, scoprirete ciò che in quasi duemila anni nessuno ha voluto indagare. 999 L’ultimo custode vi ha entusiasmato, L’eretico vi sconvolgerà.
Sono i tempi turbolenti e controversi di Nerone, Roma ha già subito l’incendio di cui è stato accusato lo stesso imperatore, che a sua volta ha fatto ricadere la colpa sui cristiani. In quegli anni, un uomo ormai anziano, console per tre anni consecutivi sotto Tiberio e poi governatore in Samaria, scrive una lunga lettera alla sorella, l’amata Drusilla che vive nella lontana Britannia, per raccontarle di un incontro avvenuto trent’anni prima con una schiava arrivata dalla Giudea, terra di paesaggi infiniti oltre i quali la mente spazia in un oceano di sogni e dove può nascere un uomo chiamato Gesù. La schiava gli viene offerta durante la sua permanenza a Capri, dove Tiberio si è ritirato, e la notte che trascorre con quella donna diversa da tutte le altre, una notte straordinaria capace di sovvertire i suoi pensieri, rimane chiusa nel sarcofago della sua memoria, fino al momento in cui disseppellirla diventa una necessità. «Dopo essermi perso in mille discorsi, sorella mia, resta un’unica verità: sento che il mio destino è legato a quella schiava, al suo ricordo. Altro non so dire.» Ma non è tanto la schiava a rendere il console così profondamente inquieto: è quello che lei, con la sua storia di donna che ha incontrato il Cristo e ne è rimasta sconvolta e affascinata, gli ha fatto capire con una chiarezza estrema. Il mondo in cui ha creduto e ancora crede è arrivato alla fine e sta per aprirsi una nuova era. E proprio questa inquietudine getta luce su quello che è stato un cruciale periodo di transizione, come lo è drammaticamente anche il nostro.
La Frieda che dà il titolo a questo sorprendente romanzo è Frieda von Richthofen, figlia di un alto ufficiale tedesco, cugina del Barone Rosso e musa di D.H. Lawrence, il chiacchierato e geniale autore dell’Amante di Lady Chatterley. Donna dalla personalità eccezionale, è lei la grande fonte d’ispirazione e di passione del protagonista e voce narrante del romanzo, Joachim von Tilly. Questi,rampollo di una famiglia di conti tedeschi, sembra destinato a seguire le orme paterne a capo delle acciaierie di famiglia. Nella bellezza della Capri del primo Novecento, Joachim avverte tuttavia la possibilità di un’altra vita. Inizia allora per lui una fuga senza fine, costellata d’incontri, amori, speranze e tradimenti. Una fuga che lo porta da Vienna e Berlino fino a Buenos Aires, dove lo attendono le risposte alle tante domande lasciate in sospeso. Attraverso le vicende di Joachim, Palomar ci consegna un ampio e originale affresco ambientato tra il declino della Belle Époque, i vorticosi anni Venti e il crollo del nazifascismo. Pubblicato in poche copie nel 2015 da un piccolo libraio-editore milanese e ora presentato in una versione largamente rivisitata, questo grande romanzo, classico e modernissimo al contempo, rivela finalmente a un pubblico vasto uno dei nuovi autori più promettenti di questo scorcio di secolo.
Siamo nei Paesi Bassi, durante il Secolo d’Oro, il diciassettesimo, in cui tutto fiorisce, e non solo i famosi tulipani che hanno dominato la prima bolla speculativa della storia del capitalismo: fiorisce anche la pittura con Vermeer e Rembrandt; la matematica e la fisica con Huygens; la filosofia con Baruch Spinoza; i viaggi per mare della Compagnia Olandese delle Indie Orientali; le maioliche bianche e blu di Delft. E le donne? Le donne, di solito, lavorano silenziose nelle case, come madri o governanti, cuoche o contadine. Il Secolo d’Oro esiste anche per quelle come Catrijn, nate e cresciute in povertà, schiave delle terra e del marito. Ma il vento cambia, e bisogna saper issare la vela giusta: quando Catrijn si ritrova vedova di Govert, uomo alcolizzato e violento, capisce che è arrivato il momento per buttarsi nella mischia e tentare di realizzare i propri desideri. Cercare fortuna in città, guadagnare dei soldi, innamorarsi e, perché no, inseguire il suo grande sogno: diventare decoratrice di ceramiche. Ha inizio così un’avventura che la porterà nella grande Amsterdam e nelle fabbriche di ceramiche di Delft. Nei luoghi dove passa la storia e le donne coraggiose come lei possono pensare di forgiare il proprio destino.
È una lunga notte a Parigi. La città dorme quando si ode un sussurro gridato. Un sussurro che dice: addio. Potrebbe sembrare la fine di una storia, invece è solo l’inizio. Jean-Luc stringe tra le braccia il piccolo Sam, che la madre, con il dolore nel cuore, gli affida ancora neonato per salvarlo da un infausto destino. Siamo nel 1944 e Jean-Luc, che lavora per le ferrovie francesi, sa che i treni in partenza da Parigi hanno come unica destinazione i campi di sterminio tedeschi. Ha anche provato a sabotare alcuni convogli, ma senza successo. Per questo accetta di prendere con sé Sam: non ha potuto salvare altri bambini, salverà lui. Ma Jean-Luc sa che restare in città è troppo pericoloso. Il nemico è ovunque. Deve scappare dove esiste ancora una possibilità di essere liberi, quindi decide di partire con la moglie e il piccolo per l’America. Insieme costruiranno una famiglia. Perché così si sentono anno dopo anno. Fino a quando, un giorno, qualcuno bussa alla loro porta. I genitori di Sam sono sopravvissuti, lo hanno cercato senza sosta per anni e ora vogliono riabbracciarlo. Una madre e l’uomo che ha salvato suo figlio si trovano uno di fronte all’altra. Ma il confine tra giusto e sbagliato, tra legami di sangue e legami di affetto è labile come l’ultima luce che indora la Senna sul far della sera.
Un esordio venduto in 25 paesi che dalla stampa è stato definito un libro essenziale. Un romanzo che invita a non dimenticare gli orrori del nazismo, le scelte sofferte, le famiglie distrutte dalla guerra e dalla violenza degli uomini. Un romanzo che, all’ombra di una delle città più affascinanti al mondo, racconta un’atroce pagina della storia mondiale. Un romanzo che, dietro la magia di un affetto sincero, dà voce a una verità che cambia ogni cosa. Perché quando il mondo è capovolto, anche un gesto d’amore può avere conseguenze imprevedibili.
Quello di Walter Lord è il resoconto più fedele e toccante del più grande disastro marittimo del Novecento. A Titanic. La vera storia fanno infatti riferimento tutte le ricostruzioni anche cinematografiche – dal film di Kenneth More Titanic, latitudine 41 nord del 1958, al colossal pluripremiato di James Cameron del 1997 – che rievocano la notte del 14 aprile 1912, e le interminabili ore trascorse tra l’urto contro l’iceberg, alle 23,40, e la mattina seguente, quando i superstiti vennero soccorsi. Quella tragedia continua a commuovere il mondo intero: delle 2207 persone a bordo di quella nave «inaffondabile» se ne salvarono solo 705. Intervistando i superstiti con la spregiudicatezza e lo scrupolo del grande giornalista, ricostruendo i fatti con la precisione dello storico, Walter Lord racconta in presa diretta l’affondamento del Titanic. Illustra i risvolti tecnici, chiarisce dubbi e misteri; e soprattutto dà la parola a chi ha vissuto quell’evento in prima persona: milionari ed emigranti, ufficiali e marinai, donne e bambini. Pubblicato per la prima volta nel 1955 e immediatamente accolto con enorme successo, Titanic. La vera storia è la ricostruzione scrupolosa di quello che accadde nel gelido mare tranquillo, sotto un cielo stellato, in quella terribile notte.
Come si può continuare a scrivere quando la morte ti ha sottratto la tua Musa? È questo l’interrogativo che, l’8 giugno 1290, tormenta Dante Alighieri, giovane poeta ancora alla ricerca di una sua voce, davanti alle spoglie di Beatrice Portinari. Da quel momento tutto cambierà: la sua vita come la sua poesia. Percorrendo le strade di Firenze, Dante rievoca le vicissitudini di un amore segnato dal destino, il primo incontro e l’ultimo sguardo, la malìa di una passione in virtù della quale ha avuto ispirazione e fama. È sgomento, il giovane poeta; e smarrito. Ma la sorte gli riserva altri strali. Mentre le trame della politica fiorentina minacciano dapprima i suoi affetti – dal rapporto con la moglie Gemma all’amicizia fraterna con Guido Cavalcanti – e poi la sua stessa vita, Dante Alighieri fa i conti con le tentazioni del potere e la ferita del tradimento, con le aspirazioni alla gloria letteraria e il timore di non riuscire a comporre il suo capolavoro… È un Dante intimo, rivelato nella sua fragilità ma anche nella potenza della sua visione del mondo, quello che Marco Santagata mette in scena in un romanzo che restituisce le atmosfere, le parole, le inquietudini di un Medioevo vivido e vicino. Il sommo poeta in tutta la sua umanità: lacerato dall’amore, tormentato dall’ambizione, ardentemente contemporaneo.
Come donna innamorata è stato finalista al Premio Strega 2015.
La caduta dell’impero romano è da sempre uno dei più affascinanti enigmi della storia. Roma disponeva di una formidabile forza militare ed economica, su un territorio immenso, che si estendeva dal Vallo di Adriano ai confini con la Scozia fino all’Eufrate, dall’Africa settentrionale al Reno e al Danubio. Era un macchina perfetta e collaudata, con una rete capillare di strade e di fortezze, le ricche città e una organizzazione amministrativa per certi versi insuperata.
IX secolo: la città di Barcellona non esiste. Esiste solo un piccolo e sparuto avamposto ai confini estremi del Sacro Romano Impero, un insediamento di non più di un migliaio di anime governato distrattamente dai franchi. Barcellona è in uno stato di quasi totale abbandono, devastata dagli scontri con i saraceni e sottoposta alla tirannia dei nobili corrotti che sfruttano gli abitanti.
Ma è grazie al coraggio e all’ambizione di un uomo, il vescovo Frodoino – incaricato dal re Carlo il Calvo di riportare ordine e civiltà in quei luoghi – che inizia la rinascita. Accompagnato da un gruppo di coloni in cerca di un destino diverso e di una nuova vita, Frodoino è deciso ad affrontare le sfide che lo attendono: intrighi, conflitti e manovre occulte sullo sfondo di una minaccia saracena sempre alle porte. Ben presto Frodoino si scopre conquistato dal fascino di una donna misteriosa, la nobile Gota, fortemente legata alle tradizioni della sua terra e della sua gente, che si innamora, ricambiata, del vescovo. Con l’aiuto di personaggi sia di umile sia di illustre nascita, Frodoino e Gota daranno inizio a una lotta stoica per strappare Barcellona dal destino di terra maledetta nel quale sembra intrappolata, divisi tra i sentimenti che li legano e i doveri imposti da un sogno ancora più grande…
Con eccezionale abilità narrativa e allo stesso tempo grande accuratezza nella ricostruzione storica, Juan Francisco Ferrándiz trasporta i lettori in un viaggio epocale, alla scoperta della nascita di una delle città più belle della Spagna e del mondo, e della lotta dei suoi abitanti per la libertà.
Londra, 1922. La città porta ancora i segni della recente guerra: sono molte le cose che hanno bisogno di essere ricostruite, restaurate, molte le ferite da sanare, molti i cuori da riscaldare. Una madre e una figlia, i cui uomini di famiglia son stati portati via dalla guerra, sono costrette ad affittare alcune stanze della loro casa per sbarcare il lunario. Gli ospiti paganti sono una coppia di giovani sposi, che con la loro allegria e sensualità portano una ventata di aria fresca nelle polverose stanze dell’appartamento. Ma anche turbamento. I rumori, i passi, gli incontri in bagno, sul pianerottolo, la condivisione della vita quotidiana: un’intimità con estranei a cui le due donne non sono abituate. Lo scenario cambia velocemente, e molti fatti accadono nel vecchio appartamento che sembrava destinato a una vita fatta di piccole abitudini e di noia: un amore inaspettato e travolgente; una misteriosa aggressione; e da ultimo un omicidio. Con la maestria narrativa che l’ha già consacrata al successo di pubblico e critica, Sarah Waters imbastisce un racconto avvincente sulla passione amorosa, i desideri inconfessati e le loro travolgenti conseguenze. Un romanzo raffinato, che inserisce nell’affresco di un’epoca storica personaggi destinati a rimanere nel cuore e nella memoria del lettore, così vivi, così autentici nella loro drammatica brama di felicità.
Figlia di un papa, tre volte moglie (un marito assassinato), un figlio illegittimo… tutto in soli 39 anni, in pieno Rinascimento. Una vita incredibile, da raccontare. Ci hanno provato scrittori, filosofi, storici. Di recente sono state dedicate a Lucrezia serie televisive di successo in Italia e all’estero. Ora, eccezionalmente, il premio Nobel Dario Fo, staccandosi da ricostruzioni scandalistiche o puramente storiche, ci rivela in un romanzo tutta l’umanità di Lucrezia liberandola dal cliché di donna dissoluta e incestuosa e calandola nel contesto storico di allora e nella vita quotidiana. Ecco il fascino delle corti rinascimentali con il papa Alessandro VI, il più corrotto dei pontefici, il diabolico fratello Cesare, e poi i mariti di Lucrezia, cacciati, uccisi, umiliati, e i suoi amanti, primo fra tutti Pietro Bembo, con il quale condivideva l’amore per l’arte e, in particolare, per la poesia e il teatro. Tutti pedine dei giochi del potere, il più spietato. Una vera accademia del nepotismo e dell’osceno, tra festini e orge. Come oggi. Perché il romanzo della famiglia dei Borgia è soprattutto la maschera del nostro tempo che, visto attraverso il filtro di quel periodo, ci appare ancora più desolante e corrotto.
New England, 1891. È notte fonda ormai. Nell’antica dimora di Blithe House regnano il silenzio e l’oscurità. Per Florence, giovane orfana di dodici anni, è finalmente giunto il momento che ogni giorno aspetta con ansia. Attenta a non far rumore, sale le scale ed entra nella vecchia biblioteca. Nella grande stanza abitata dalla polvere e dall’abbandono ci sono gli unici amici che le tengano davvero compagnia, i libri. Libri proibiti per Florence. Non potrebbe nemmeno toccarli: da sempre le è vietato leggere. Così le ha imposto lo zio che l’ha allevata insieme al fratellino Giles. Un uomo misterioso, che l’ha condannata a vivere confinata in casa insieme alla servitù. Ma Florence è furba e determinata e ha imparato a leggere da sola. Ha intuito che nei libri è racchiusa la strada per la libertà. Perché proprio in quella biblioteca, tra i vecchi volumi di Sir Walter Scott, Jane Austen, Charles Dickens, George Eliot e Shakespeare, si nasconde un segreto che affonda le radici in un passato legato a doppio filo alla morte dei suoi genitori. Una terribile verità che, notte dopo notte, getta ombre sempre più inquietanti sulla vita di tutti. Strani episodi iniziano a sconvolgere la dimora. Prima la morte violenta e inspiegabile di una delle governanti, poi l’arrivo della nuova istitutrice del fratellino, una donna dura, che odia Florence con tutta sé stessa. Per la ragazza camminare per i corridoi della casa è sempre più pericoloso. Deve essere astuta e stare attenta a tutto, al minimo scricchiolio del legno, a un soffio di vento, agli occhi che la fissano sinistri dai dipinti. La verità ora è una questione di vita o di morte. E per trovarla Florence avrà bisogno delle parole che si annidano nei libri e dell’anima oscura che si nasconde in lei. Un romanzo indimenticabile. In corso di pubblicazione in tutto il mondo, ha entusiasmato i lettori e ha incantato la critica, diventando ben presto uno dei casi letterari più commentati della stagione. Sullo sfondo di atmosfere magiche e inquietanti, John Harding racconta una storia di misteri e bugie, di verità oscure e di speranze inattese in cui la forza della lettura e dei libri forse, a volte, può persino salvare la vita.
Per secoli gli storici hanno dipinto Isabella, la bellissima figlia di Cosimo de’ Medici, come una donna priva di freni morali e dedita a «illecite passioni», giustificate solo dalla scarsa considerazione che il marito Paolo Giordano Orsini avrebbe avuto per lei. Tanto che alla fine lui, dopo essersi macchiato di molti altri delitti, l’avrebbe uccisa, esasperato dai suoi tradimenti. Quella di Isabella e Paolo Giordano, rampolli di due grandi casate italiane, è una delle più sanguinose «leggende nere» del nostro rinascimento. La tragica morte di Isabella ha ispirato, nel corso dei secoli, scrittori, poeti e scienziati, dall’elisabettiano Webster al romantico Dumas, da Domenico Guerrazzi a Gaetano Pieraccini. Ora è finalmente possibile riscoprire la verità e restituire a Isabella l’onore cancellato da mille calunnie. Partendo dai documenti originali, a cominciare dalle lettere d’amore tra i due sposi, Elisabetta Mori ricostruisce uno dei grandi misteri della nostra storia. Dipinge un’epoca, i suoi costumi, la sua cultura, oltre che naturalmente le trame politiche dell’Italia cinquecentesca. E ci regala il ritratto vero e commovente di una giovane donna intrappolata tra accordi diplomatici, calcoli politici e sentimenti profondi.
Si respira aria di melodramma in questo romanzo che, tra Storia e invenzione, riporta in vita passioni e intrighi del Rinascimento italiano e una straordinaria figura femminile a lungo dimenticata. Siamo a Lucca, città dalle cento torri e dalle cento chiese, dai bastioni possenti, ricchissima e spietata, devota e ribelle, fiera della sua indipendenza. Nel 1515, proprio a Lucca, nasce una donna simile alla sua città, orgogliosa e non domata, condannata a una vita controcorrente dal suo stesso essere donna e da un precoce talento poetico. Figlia di mercanti che esportano le loro finissime stoffe in tutta Europa, Chiara Matraini non è nobile né cortigiana, le sole condizioni che le permetterebbero un riconoscimento pubblico. Nel suo destino c’è un futuro di moglie e madre con un’oscura vita tra le mura di un palazzo. Invece Chiara, forte degli studi che i genitori le hanno consentito, decide di diventare una letterata, di più, una poetessa, pubblicando con il suo nome un volume di Rime che ottiene molti consensi. Una scelta che paga duramente, senza smettere mai di lottare, per amore del figlio, della poesia e dell’uomo a cui si lega dopo la morte del marito, suscitando scandalo. Attorno a lei, un mondo in rapido cambiamento, tra la scoperta di terre fino ad allora sconosciute, la finanza nascente, le inquietudini artistiche, le guerre di dominio e gli aspri conflitti religiosi.
Due cavalieri, uno bianco e uno nero, partono alla ricerca dell’ultimo discendente di Federico II. In un paese dilaniato dalle guerre tra fazioni e piegato dalla carestia, il modenese Giovanni Vezzani e il saraceno Yusuf Ibn Gwasi vogliono rilanciare l’utopia del grande imperatore svevo. Inseguono l’esile filo d’una leggenda: perché prima di salire al patibolo, il giovane Corradino di Svevia, nipote di Federico, avrebbe sposato una vergine napoletana che gli avrebbe dato un figlio… Inizia così un susseguirsi di imprevedibili avventure, da Lucera, splendida città-giardino araba, alle brumose campagne padane, dalla rocca di Castel del Monte alla Toscana. Al centro del romanzo c’è la Napoli medievale, con la struggente bellezza dei suoi luoghi e della sua gente che Pederiali dipinge con tinte vivacissime, e un periodo storico di forti contrasti: certo segnato da violenze e carestie, ma anche ravvivato da profonde passioni e da grandi ideali.
Cosa accomuna un manipolo di mercanti e giardinieri inglesi, un intraprendente agricoltore americano e il botanico svedese più famoso di tutti i tempi? Fairchild, Miller, Bartram, Collinson, Banks, Linneo: sono solo alcuni membri della «confraternita dei giardinieri» che, con ruoli, motivazioni e interessi diversi, nel corso del Settecento animarono una vera e propria «rivoluzione botanica», così profonda e invasiva da aver dato forma non solo ai giardini e ai parchi inglesi così come oggi possiamo ammirarli, ma perfino a un «paesaggio psicologico» di provata «britannicità», un tratto inconfondibile nei costumi e nelle propensioni di un popolo. Sullo sfondo delle grandi esplorazioni di James Cook e degli anni cruciali che portarono alla nascita degli Stati Uniti d’America, il giardino all’inglese non divenne solo il passatempo e l’ossessione per milioni di inglesi – oltre che un lucroso affare per molti di loro – ma simbolo e veicolo stesso dell’Illuminismo, espressione visiva di un paese famoso per essere la «sede della libertà». In pochi decenni, quei pionieri riuscirono a unire orticoltura pratica, botanica sistematica ed espansione coloniale in un progetto omogeneo, rafforzando il potere imperiale di una nazione sul mondo: questo libro, a metà tra il saggio e il romanzo storico, ripercorre l’avventura di coloro che riuscirono a plasmare con le proprie mani il «capolavoro della natura» e a penetrarne i segreti.
Oviedo, 827 d.C. Alla turbolenta corte delle Asturie, governata dal carismatico Alfonso II il Casto, giunge un messaggero con una notizia sconcertante: a occidente, nella terra alla fine del mondo, un eremita sostiene di aver trovato l’antico sepolcro di san Giacomo, l’apostolo che secondo la tradizione avrebbe portato la parola di Cristo in Spagna. Il vescovo del luogo si appella quindi ad Alfonso, difensore della cristianità contro i saraceni, perché si rechi in quel luogo e accerti l’autenticità delle reliquie. Per donna Alana di Coaña, vedova dello scriba di corte, è un’occasione unica: laggiù vive suo figlio, di cui non ha notizie da tre anni. Temendo che possa essergli accaduto qualcosa, Alana convince il re a portarla con sé, sebbene la presenza di una donna susciti non pochi sospetti tra i membri della carovana. E ancor di più ne susciterebbero se si venisse a sapere che Alana coltiva la passione per la scrittura e, ogni notte, redige in segreto un diario della spedizione, descrivendo non solo l’aspra bellezza dei paesi che visitano lungo il cammino, ma anche i pericoli che affrontano e le sfide che si profilano all’orizzonte. Oltre al rischio di cadere nelle mani dei saraceni, infatti, Alana ha intuito che ogni membro del gruppo ha un obiettivo nascosto da perseguire, e forse ad essere in gioco è la vita stessa del sovrano… Quello che lei ancora non immagina, invece, è di essere destinata a diventare l’eccezionale testimone di un viaggio leggendario, che aprirà la via per il pellegrinaggio più famoso della cristianità: il cammino di Santiago di Compostela.
Assetati di potere, spietati e superbi.
Affascinanti, geniali e magnifici anche se schiavi delle passioni umane.
Sono i Borgia.
Le loro armi sono il delitto, la vendetta e l’inganno.
Le vicende narrate in questo libro si snodano nel lustro 1497-1502, quando la famiglia catalana dominava il centro della Penisola e ambiva alla creazione di un regno, a discapito delle famiglie nobili italiane da secoli feudatarie della Chiesa.
I protagonisti vivono esistenze tanto estreme da apparire invenzioni letterarie. Rodrigo, papa Alessandro VI, passionale e scaltro; Cesare, detto il Valentino, il Principe preso a modello da Machiavelli, e Lucrezia, che dopo secoli di infamie, ora la storia giudica una vittima e non più solo una peccatrice.
Fra oscure trame di palazzo, splendori e miserie della Roma papalina, tra amori impossibili e colpi di scena, realtà e fantasia, Elena e Michela Martignoni raccontano il nero del Rinascimento.
Imola, dicembre 1502. Asserragliato in città con le poche truppe ancora fedeli, Cesare Borgia si trova a contemplare il tramonto di quello che è stato il suo grande sogno: dominare l’Italia intera. I capitani di ventura che lo hanno accompagnato fino a adesso lo hanno ormai abbandonato e ora si apprestano a tradirlo.
Cesare è in preda alla disperazione, con la mente che vaga tra i fantasmi delle sue passate vittorie. Ma come fosse un segno di benevolenza divina, proprio in quel momento le vedette annunciano il ritorno di Leonardo da Vinci, l’uomo cui il duca Valentino ha affidato il compito di ideare nuove armi e di rafforzare le difese dei nuovi domini. Un’improvvisa luce di speranza si accende nella cupa fortezza in cui si è rifugiato. E non è solo l’offerta di innovativi e terribili strumenti di distruzione a risollevare l’animo di Cesare. L’arrivo del maestro riaccende anche quella fascinazione reciproca nata nel corso del loro primo incontro a Milano, anni prima. E il dialogo si trasforma in un confronto tra due concezioni del mondo apparentemente agli antipodi, sebbene entrambe soggiogate da un desiderio spasmodico di bellezza: bellezza nell’armonia del corpo e della sua rappresentazione per l’artista, bellezza nella forma di un grande progetto politico per il condottiero. E, evocando il ricordo delle battaglie passate, insieme con squarci della difficile giovinezza di Cesare e delle sinistre premonizioni della sua fine, prende corpo l’intuizione per superare con un colpo magistrale l’attuale difficoltà: quando Leonardo gli illustra il progetto della sua Battaglia di Anghiari e la grande allegoria della crudeltà umana che ne sarà il cardine, nella mente del Borgia si forma a poco a poco un affresco altrettanto maestoso, quello che sarà il capolavoro politico del suo genio spietato…
Per secoli a villa Mandolossa si sono succedute le generazioni dei conti Inverardi della Pieve, e con loro quell’immutabile ordine sociale che contrapponeva il lusso alla miseria, i nobili alla servitù. A metà tra quei due mondi sta Luigi Valloncini: figlio di una cuoca, ha potuto studiare grazie all’interessamento del conte Gilberto, e in qualità di medico condotto ha aiutato e ascoltato tutti; di tutti conosce le sofferenze, i segreti, i rimpianti, il desiderio d’amore come di vendetta. Ora che del suo mondo non rimangono che i ricordi, è lui a narrare le vicende della nobile famiglia, il loro intcrociarsi con i destini di contadini e servi, il tramonto dell’aristocrazia e la decadenza delle sue antiche dimore. Tra balli sull’erba e cacce alla volpe, lussuosi bordelli e remoti conventi, circoli esclusivi e corse di cavalli, assistiamo, attraverso i suoi occhi, alla storia di una grande famiglia aristocratica italiana, che si intreccia alla grande storia del Novecento. Duelli, notti di passione, guerre ed epidemie, principi decaduti, figli illegittimi, dive in tournée, investigatori privati, piccoli gerarchi: non manca nulla in questa grande saga, incentrata sulla contesa eredità di Gilberto, conte Inverardi della Pieve, a cui Luigi Valloncini sa di essere legato da qualcosa di più profondo di un semplice debito di gratitudine.
Aveva solo ventitré anni, Valeria Messalina, quando morì pugnalata dai sicari imperiali. Per sette anni era stata la donna più invidiata e ammirata di Roma: da quando suo marito, il cinquantenne Claudio, era succeduto a Caligola sul trono imperiale. In quel periodo, a detta delle principali fonti letterarie, si era macchiata di così tanti crimini e perversioni che il suo nome divenne nei secoli sinonimo di scelleratezza: Messalina era stata più lasciva di Cleopatra, più dissoluta di Poppea, più intrigante di Agrippina. Ma queste accuse corrispondono alla verità? O forse la damnatio memoriae a cui la condannò il Senato rese più facile attribuirle delitti che non aveva commesso? In un vivido affresco della vita di corte nella Roma del primo secolo dopo Cristo, questo libro analizza da ogni punto di vista le audaci trasgressioni dell’imperatrice, ripercorrendo le sue vicende attraverso le pagine degli storici antichi, mettendole a confronto e rilevando dove sono contraddittorie o ambigue. Si delinea così un ritratto di Messalina senza pregiudizi, che raccoglie le poche tracce rimaste di lei, scavando nei retroscena della Storia, in un saggio appassionante che si legge come un romanzo.
Discendente dell’illustre dinastia Giulio-Claudia, Nerone è ancora bambino quando capisce che la Roma imperiale è un coacervo di rivalità e ferocia. Il solo fatto di essere destinato alla successione al trono mette a rischio la sua vita fin dai tre anni, quando lo zio Caligola tenta di annegarlo. Ma la sete di potere e di vendetta che dilaga nell’Urbe non gli impedisce di sviluppare una grande passione per la poesia, la musica e la cultura greca. Complici i suoi istitutori d’eccezione, fra cui spicca Lucio Anneo Seneca, Nerone diventa adulto molto presto. Ma il futuro imperatore non può dedicarsi, come vorrebbe, agli ideali di equilibrio e bellezza della cultura greca, perché nella spietata Roma del suo tempo ogni passo può essere l’ultimo. E ancor più che dalle macchinazioni dei nemici, Nerone deve guardarsi dalla persona a lui più vicina: sua madre Agrippina, una donna ambiziosa e senza scrupoli, il cui unico obiettivo è il controllo dell’impero. E proprio quando, attraverso inganni e subdoli espedienti, Agrippina conduce il figlio ai livelli più alti del potere politico, Nerone riesce a liberarsi dalla sua presa e a compiere il proprio destino, lasciando un segno indelebile nella Storia.
Frutto di una approfondita e dettagliata ricostruzione dell’epoca, Nerone è il sontuoso romanzo di formazione di un ragazzo che la sorte ha chiamato a guidare il più grande impero del mondo.
Don Giovanni de’ Medici, figlio naturale legittimato del granduca Cosimo I, fa ritorno a Firenze alla improvvisa e sospetta morte del fratello maggiore Francesco I e della moglie Bianca Capello. L’erede, il cardinale Ferdinando de’ Medici, che ne apprezza le doti di condottiero e di diplomatico, lo vuole al suo fianco per governare il Granducato di Toscana, uno Stato ricco, da generazioni in mano a una dinastia di banchieri, i Medici. Ma i nemici dentro e fuori della famiglia incalzano. Firenze e la Toscana fanno gola a molti e diventa vitale ottenere l’appoggio dell’Impero, della Santa Sede e della Serenissima Repubblica di Venezia. Don Giovanni partirà dunque subito ambasciatore del nuovo granduca, ma dovrà battersi contro una fanatica setta religiosa sostenuta dalla Spagna.
Questa è una storia dimenticata. Una storia che sembra una leggenda e invece non lo è. È una storia che ha segnato per sempre le sorti della fisica e del mondo.
3 maggio 1945, il grande scienziato tedesco Werner Heisenberg e altri nove fisici vengono arrestati dagli americani e rinchiusi in una villa nella campagna inglese, Farm Hall. Ogni dialogo tra loro è intercettato da microspie sparse per tutta la casa, come in un vero e proprio Grande Fratello ante litteram, ma fatto solo di fisici. Gli Alleati temono che Hitler stia cercando di costruire un ordigno atomico e intendono scoprire a che punto è arrivato il programma nucleare tedesco. Intanto, fuori da quella casa, cadono le bombe su Hiroshima e Nagasaki…
Le intercettazioni di Farm Hall pubblicate negli anni rappresentano solo il dieci per cento di ciò che è stato realmente detto tra quelle mura. Questo romanzo racconta tutto il resto, ciò che non è stato trascritto o, semplicemente, le verità nascoste nei rapporti umani, nel cuore dei protagonisti, e che perciò non hanno mai trovato posto nei documenti ufficiali.
Questa è la storia di Heisenberg e dei più importanti fisici del XX secolo. È la storia di un capitolo oscuro e insieme luminoso del nostro passato, raccontata da un punto di vista inedito e sorprendente, che restituisce voce e umanità alle menti straordinarie che nel Novecento hanno cambiato il mondo.
Provate a immaginare una donna giovanissima, di soli sedici anni data in sposa per motivi politici. Provate a immaginare che abbia un padre re e una madre regina, ciascuno di un regno distinto, e che lei a sua volta diventi la moglie di un re e la madre di un futuro imperatore. Provate a immaginare che sia lei a raccontare la sua storia fatta di corti e di battaglie, di una madre guerriera e di un padre amatissimo. Che sia lei a mostrarci attraverso il suo sguardo di bambina prima e di donna poi un mondo allo stesso tempo crudele e sfarzoso, devoto e pagano. E che le capiti l’incredibile fortuna di innamorarsi perdutamente dell’uomo scelto per lei. Una breve parentesi di felicità e di calore che precede il più orribile dei tradimenti perpetrato proprio dalle persone che ama di più: suo padre e suo marito disposti a dichiararla pazza pur di sottrarle il trono di Castiglia ereditato dalla madre in linea diretta. Giovanna di Castiglia, ultima regina di sangue iberico a salire sul trono di Spagna è una figura leggendaria. Coraggiosa, insofferente al cerimoniale, ribelle alle imposizioni religiose, figlia, moglie e madre costretta a negare la sua essenza di donna nel tentativo di difendersi e di difendere il suo trono. Verrà imprigionata e costretta a vivere per quarantasei anni in condizioni durissime, fino alla morte, avvenuta nel 1555. Ma non si piegherà mai.
A quattordici anni, Caterina, l’ultima legittima discendente dei Medici, viene promessa in sposa al figlio di Francesco I di Francia, Enrico. Allontanata da Firenze, umiliata in Francia dove il marito le preferirà l’amante Diana di Poitiers e dove per la corte rimase sempre e comunque «la straniera», Caterina seppe emergere dall’oscurità della storia e diventare una delle figure significative del sedicesimo secolo. Mecenate di Nostradamus e lei stessa veggente, accusata di stregoneria e di omicidio dai suoi nemici, Caterina in realtà combatté per salvare la Francia e i suoi figli dalla feroce guerra di religione che imperversava in Europa, inconsapevole del destino che l’attendeva. Ma nessuno lo riconobbe. Dallo splendore dei palazzi sulla Loira ai campi di battaglia insanguinati, ai meandri oscuri del palazzo del Louvre, questa è la storia di Caterina, raccontata dalla viva voce della regina. Né vittima né eroina, Caterina è la perfetta incarnazione dello spirito dei suoi tempi: una donna ambiziosa, che ha vissuto uno dei periodi più difficili della storia barcamenandosi tra opposte fazioni, combattendo per i suoi sogni e affrontando i pericoli e le manovre del potere con coraggio e tenacia. La sua vita è un avvincente romanzo d’avventura, scandita da lotte, tradimenti, intrighi e passioni.
Atene, IV secolo a.C. È una notte di plenilunio. Il Partenone, che svetta sulla cima dell’Acropoli, è circondato da una luce argentea. In una brulla radura un uomo giace morto accanto a un antico altare. Sul corpo profonde lacerazioni. Un attacco che sembra più opera di una bestia che di un essere umano. Per questo tutta la città punta il dito contro Eurifemo, che da sempre viene accusato di essere un licantropo. C’è solo una persona che è pronta a difenderlo contro tutto e tutti: Apollofane, un mercante di umili origini che ha creato la sua fortuna grazie alle sue capacità e al suo ingegno. Lui sa che è innocente. E finalmente può dare seguito a quella vecchia promessa che unisce i loro destini. Ma affrontare gli abili avvocati ateniesi per dimostrare che Eurifemo non è il colpevole non è impresa facile. L’unica in grado di aiutarlo è l’etera Filossena, dagli occhi verdi come lo smeraldo più puro. Una delle poche donne di Atene che ha potuto studiare conquistando la sua indipendenza. Saggia e di grande fascino, è una filosofa stimata al pari di un uomo. Le indagini proseguono difficoltose mentre tutta la città è sconvolta per il furto del Tesoro dell’Acropoli. Proprio ora che c’è bisogno di denaro per finanziare il lungo e sanguinoso assedio alla fortezza degli odiati nemici: i macedoni. Nel caos generale, Apollofane e Filossena fanno domande, cercano indizi. Eppure tutto è più pericoloso di quanto immaginassero. Qualcuno vuole metterli a tacere attentando alla loro vita. Hanno poco tempo per ricostruire l’intricato puzzle. Un puzzle dove nemmeno il più piccolo particolare deve sfuggire. Quando capiscono che la verità può far tremare le fondamenta dell’intera Atene, non possono più fermarsi. L’omicidio dev’essere punito. Andrea Maggi è un grande appassionato di storia. Morte all’Acropoli è il suo primo romanzo, un giallo storico ambientato nell’antica Grecia. Un esordio entusiasmante. Suspense, tensione, intrigo. Due protagonisti coraggiosi, affascinanti, astuti. E sullo sfondo la mitica Atene antica, le sue divinità, i suoi traffici, le sue piazze, la sua sete di vendetta. Il thriller incontra la storia, la letteratura ha scoperto un nuovo talento.
Domenica 7 novembre 1915, al largo di capo Carbonara, Tirreno meridionale. Verso le ore 13, il sommergibile tedesco U-38, inalberando la bandiera austro-ungarica, affonda il piroscafo Ancona diretto a New York con a bordo 164 uomini di equipaggio, 626 passeggeri, in gran parte donne e bambini, e un carico segreto: 12 casse di sovrane d’oro per un valore di 50 milioni di euro. Tra le 208 vittime, un funzionario del ministero dell’Agricoltura che accompagnava il tesoro con cui l’Italia avrebbe pagato la partecipazione all’Expo tenutasi quell’anno a San Francisco. Le cancellerie di Washington (nel disastro sono morti nove cittadini americani), Roma, Berlino e Vienna si scambiano messaggi di accusa o di giustificazione, ma solo le prime due conoscono la verità: le 133.000 sovrane rappresentano una tranche di un colossale contrabbando di cavalli, muli, foraggio, armi e munizioni che l’Italia – entrata in guerra da sei mesi contro l’Austria-Ungheria – ha acquistato dagli Stati Uniti per «girarlo», forse, in parte alla Francia. Il comandante dell’Ancona, Pietro Massardo, non rivelò mai il punto nave dell’affondamento, e per settant’anni il relitto è rimasto indisturbato. Lo ritrovò nel 1985, integro e in buone condizioni, a 471 metri di profondità, Henri Delauze, il più grande cacciatore di relitti del dopoguerra. Da allora la caccia al tesoro è diventata un’autentica spy story, che ha coinvolto ministeri degli Esteri e tribunali. Con una lunga ricerca documentaria e testimonianze dirette, gli autori ricostruiscono l’intricata vicenda. Dopo quasi un secolo, l’Ancona e i suoi morti non hanno ancora trovato pace: i predoni del mare sono sempre in agguato.