Recensione a cura di Donatella Palli
Il titolo originale “Stay away from Gretchen “Eine unmögliche Liebe” ci offre una definizione significativa del romanzo che si svolge in due periodi temporali: gli anni della seconda guerra mondiale con l’immediato dopoguerra e il 2015. È quindi una storia che parte da lontano e si dipana nell’arco di più di settant’anni, molto emozionante e coinvolgente che offre tanti spunti di riflessione da un’ottica un po’ insolita poiché si parla di una famiglia tedesca di umile origine che vive in un paese della Germania orientale. Questa è la famiglia della piccola Greta che nel 1939 allo scoppio della guerra ha otto anni, una bambina intelligente e molto vivace.
Siamo nel luglio 2015 quando Tom Monderath, un affermato e famoso giornalista e conduttore televisivo di Colonia, scapolo che non dispregia qualche avventura sentimentale, viene svegliato nel cuore della notte: sua madre Greta ottantaquattrenne è stata ricoverata in stato confusionale in un ospedale a 250 km da Colonia.
I due non hanno un gran rapporto, pur vivendo nella stessa città, si vedono raramente.
All’anziana viene diagnosticato un probabile Alzheimer ma Tom, al momento, è più che altro infastidito; deve rinunciare a una vacanza per correre a recuperare sua madre, è pieno di impegni di lavoro ed è abituato a lasciare che sia la vicina di casa Helga ad occuparsi di lei. Benché Tom non creda alla presunta malattia della madre, comincia a farsi più attento e presente e si rende conto di non sapere niente del suo passato. È stata lei a cancellare tutto ma adesso, che la sua mente vacilla , a tratti riemergono particolari inenarrabili.
1939: Indietro nel tempo assistiamo allo scoppio della guerra. I Tedeschi completamente conquistati e asserviti alla propaganda hitleriana seguono il loro Fuhrer.
Tutta la famiglia: madre, padre, nonna, nonno, invalido della prima guerra mondiale, e le due bambine Fine e Greta è coinvolta a vario titolo nel conflitto: il padre al fronte, la mamma e il nonno a lavorare in fabbrica e le bambine indottrinate nella gioventù hitleriana:
“Ha detto il nostro führer: anche la donna tedesca ha il suo campo di battaglia , con ogni figlio che mette al mondo, porta avanti la propria lotta per la Nazione.”
Negli anni successivi le sorti della guerra spingono la famiglia a fuggire verso ovest.
È il 22 febbraio 1946 quando il nonno e Greta, ormai rimasti soli, si trovano al campo profughi di Friedland, un luogo di transito costruito dal governo britannico all’intersezione tra le zone d’occupazione sovietica, inglese e americana. Sono quindici milioni i profughi che cercano di ricongiungersi alle proprie famiglie ma, al momento, i due ritrovano solo la sorella Fine.
A maggio i profughi arrivano a Heidelberg, accolti da parenti.
La città è occupata dagli americani e Greta si arrangia con la borsa nera per sopravvivere. È qui che conosce un soldato nero e i due si innamorano ma saranno ostacolati dalla famiglia e dalla società stessa: l’odio razziale verso i neri è molto forte.
L’intero esercito d’occupazione esercita una discriminazione molto pesante verso i commilitoni di colore a cui è proibito famigliarizzare con le donne tedesche e non ottengono licenza per sposarsi. Allo sbarco in Normandia, Patton non ha voluto soldati di colore perché gli eroi dovevano essere bianchi.
Dice l’autrice :
“È possibile che i soldati neri si sentissero più vicini agli sconfitti che ai vincitori per la repressione di cui erano vittime sia negli USA sia nell’esercito statunitense.”
Nella sua ricerca Tom scopre di avere una sorella: Marie.
“Nelle zone d’occupazione prima e nella giovane Repubblica federale poi, i circa 4500 bambini nati tra il 1945 e 1955 da relazioni tra tedesche e afroamericani furono nascosti e, non di rado, oggetto di palesi discriminazioni. Lo stesso vale per le loro madri nubili, spesso definite “puttane dei negri”
Nel marzo 1952 alla seduta del Bundestag, la deputata Luise Rehling della CDU interviene sulla questione:
“I responsabili dell’assistenza libera e ufficiale ai giovani riflettono da anni sul destino di questi bambini mezzosangue , per i quali non sono adatte le condizioni climatiche del nostro Paese. Ci si è domandati se la soluzione migliore non sia il trasferimento nella patria paterna. Però i missionari cattolici attivi nell’Africa del nord , che gestiscono anche gli orfanotrofi, sconsigliano di mandarli laggiù.Dunque la questione resterà un problema tedesco, tutt’altro che facile da risolvere.”
Così la piccola Marie verrà strappata alla madre e , impensabile un’adozione in Germania dove sono graditi solo bambini biondi con gli occhi azzurri, si ricorre ai Brown Baby Planes ideati dalla giornalista americana Mabel A.Grammer e sarà tra i piccoli adottati forzosamente da famiglie americane di colore.
Questo è un romanzo che ci presenta molti temi sempre attuali:
Il primo è quello dell’indottrinamento di un popolo in una dittatura, per noi Italiani di triste memoria. L’amore della piccola Greta per Hitler ne è un esempio stigmatizzante.
Un altro aspetto è la brutalità della guerra e di ogni guerra in cui le donne diventano oggetti di consumo dei vincitori e i bambini vittime inermi.
I continui flash sull’attualità in un mondo mediatico che immaganizza e confeziona le più tremende atrocità credo che servano all’autrice per ricordarci che, al di là della patina spettacolare, nulla è cambiato.
Nella sua postfazione, Susanne Abel afferma che è stata sua intenzione anche spostare l’attenzione sugli anziani troppo spesso considerati solo d’impaccio dai figli e nipoti.
“Voglio dare visibilità agli anziani se li si guarda negli occhi, si possono ancora vedere scintille”
In effetti nel romanzo sono il nonno e la nonna ad essere esempio di tolleranza, saggezza e raziocinio.
Last ma not least: il razzismo verso i neri che, durante la seconda guerra mondiale pervadeva ogni momento della loro esistenza, dai locali per neri e quelli per bianchi, ai bagni separati, ai posti riservati sugli autobus eccetera.
Ci hanno richiamato alla cruda realtà l’assassinio di Martin Luther King il 4 aprile 1968 e, ancora ai nostri giorni nel 2014, la soffocazione di Eric Garner durante un arresto e i tanti altri ragazzi neri uccisi dalla polizia.
Un romanzo bellissimo che ci presenta l’amore salvifico come unico antidoto alla ingiustizia e alla sofferenza.
Trama
Tom non ha mai avuto un buon rapporto con la madre. Ma, da quando Greta ha iniziato a mostrare chiari sintomi di demenza senile, ha messo da parte i risentimenti per prendersi cura di lei, sopportandone persino le dimenticanze più dolorose, come chiamare il defunto padre col nome sbagliato o chiedere notizie della «sorella» di Tom, che però è figlio unico. Tuttavia c’è qualcosa nel tono di Greta – una dolcezza così insolita per lei – che induce Tom a dubitare si tratti solo di deliri indotti dalla malattia. E i suoi sospetti si trasformano in certezza il giorno in cui, nascosti in un cassetto, trova la foto di un soldato afroamericano e una vecchia bambola. Inizia così per Tom un viaggio attraverso un passato che Greta non ha mai voluto condividere con nessuno: gli anni spensierati nella casa di famiglia nella Prussia orientale, all’epoca parte del Reich; poi la fuga a piedi verso ovest, cacciati dai sovietici alla fine della seconda guerra mondiale; i primi, durissimi mesi ad Heidelberg, a lottare contro la fame e il freddo, e infine l’incontro con Bob Cooper. Bob, che era stato il primo, travolgente amore di Greta, un lampo di felicità purissima spazzato via dai pregiudizi di un Paese in cui non c’era posto per chi aveva un diverso colore della pelle… Seguendo il filo della memoria, a poco a poco Tom ricostruisce la figura di una donna lontanissima dall’immagine che aveva di sua madre, una donna forte, appassionata e caparbia. E capisce che l’amore è l’unica cosa che rimane quando si ha dimenticato tutto, e sarà quell’amore, alla fine, a indicargli la via per ritrovare la sua famiglia perduta…