Quante volte abbiamo usato questo modo di dire per indicare una gran quantità di cose, persone, fatti. Ma probabilmente non ci siamo mai chiesti perché si dica proprio così.
Per i linguisti, la cosa sarebbe semplice: è una espressione che deriva dalla parola araba “bizzāf”, che significa appunto “molto” giunta in Italia attraverso l’Algeria (nella cui area la pronuncia è proprio “bizzēf”).
Ma poiché questa storia etimologica non è condivisa da tutti, siamo andati a scavare nella Storia approdando al XVII secolo, quando il poeta e letterato Paolo Minucci ipotizzò una derivazione latina di questa locuzione e inserì la sua ipotesi fra le sue Note al Malmantile riacquistato dello scrittore e pittore Lorenzo Lippi.
Minucci scrisse che quando il magistrato romano intendeva concedere una grazia senza limitazioni, sotto la richiesta scriveva “fiat fiat”, cioè “sia sia”, anziche un solo “fiat” usato quando la grazia concessa era solo parziale. Per brevità, i magistati presero a indicare la grazia completa con una abbrevazione composta dalle due sole ff, facendo sì che nella lettura (o nel dire che tipo di grazia si fosse ricevuta) si leggesse che quella grazia era stata concessa a “bis effe” da cui sarebbe derivato il nostro a bizzeffe.
Come sempre, c’è divergenza di opinioni intorno a questa cosa, ma di sicuro la locuzione in questione è veramente una particolarità, poiché costituisce un hapax della nostra lingua, cioè una voce del dizionario che è presente soltanto come parte della locuzione in questione, senza che si possa riferire ad altri usi.