A cura di Claudio Musso
Nel consueto appuntamento con gli scrittori abbiamo il piacere di dialogare oggi con l’autore di ‘Clodio’, romanzo storico che abbiamo recensito qui per i nostri lettori di TSD e che è arrivato alla terza ristampa. Un caloroso e ‘storico’ benvenuto a G. Middei, accademico in Storia, giornalista e creatore della pagina Facebook ‘Professor X’, cenacolo virtuale e punto di ritrovo per migliaia di lettori. Leggendo la tua pagina, sempre ricca di spunti, scopriamo che il tuo primo romanzo ottenne molti rifiuti. Eppure il pubblico, come direbbe qualcuno: sovrano, sembra pensarla diversamente.
È vero, Clodio inizialmente ottenne molti rifiuti. Lo stile introspettivo del romanzo, il carattere controverso del mio protagonista, che non poteva essere definito il “classico eroe”, il fatto stesso che non rientrasse in un genere specifico, che oscillasse cioè tra il romanzo storico e il thriller psicologico, hanno reso Clodio un romanzo difficile. Difficile da etichettare, da catalogare. Senza parlare del fatto che nella storia che narro, Clodio fronteggia personaggi e situazioni che rimandano alla politica dei giorni nostri, a temi caldi, scottanti sotto un certo aspetto… Anche il modo dell’editoria purtroppo ha le sue mode, i suoi conformismi, ma almeno per me la sfida più grande nello scrivere è stata appunto trovare un mio stile, che non doveva essere preso in prestito da un Manfredi e da qualsiasi altro scrittore.
Sei da poco reduce da una nuova presentazione nella tua Roma presso la Libreria Feltrinelli e prima ancora c’è stato il debutto a ‘Più libri più liberi’, la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria. Come è stato incontrare i lettori in entrambe le occasioni e cosa ti sei portato a casa a livello di condivisione di esperienza?
Per me è stata un’emozione fortissima. Clodio ha avuto un inizio difficile, ecco perché mi ha commosso incontrare tanti lettori che lo hanno profondamente amato. Per me la gioia più grande nello scrivere è trasmettere qualcosa ai miei lettori. Emozionarli, coinvolgerli. Aver reso reale ai loro occhi la Roma del I secolo a.C., la città di Cesare, di Cicerone, di Antonio. Molti dei miei lettori hanno apprezzato proprio questo di Clodio, il fatto che, leggendolo, avevano quasi l’impressione di camminare nel Foro romano o nella Suburra. Altri invece mi hanno confessato di essersi rispecchiati nel personaggio, di aver pensato ciò che lui pensava, di aver sentito le sue emozioni come se fossero le proprie. Questo è il compito dello scrittore, riuscire a trasmettere attraverso la parola scritta le emozioni, i sentimenti, i pensieri che il lettore prova e sente ma a cui non aveva ancora dato forma.
Il tuo Clodio termina con la casa di Cicerone, costretto all’esilio, che brucia. Sembra la fine di un certo tipo di romanità perché ora è quella dei demagoghi a farla da padrone. Anche se, nelle pieghe del tuo romanzo, si evince una doppia natura in questo tribuno della plebe, ora Davide ora Golia. Siamo curiosi di chiederti quali sono stati i colori, le fonti, che hai scelto per realizzare il ritratto di questo personaggio. Leggiamo che ti è caro il tema della follia come capacità di smascherare il mondo con i suoi mille inganni. Possiamo sbirciare sulla tua scrivania?
Clodio lo conosciamo come personaggio ripugnante, perché così ce lo hanno presentato. Un uomo crudele, violento, senza vergogna, ma dobbiamo tenere conto che il ritratto storico di Clodio è stato pesantemente influenzato dal giudizio di Cicerone, che aveva dei motivi molto personali per odiare Clodio e che aveva l’abitudine di amplificare i vizi dei suoi avversari politici. Di dipingerli sempre nelle tinte più fosche possibili. Io ho cercato di ricostruire una figura più autentica, basandomi su una ricerca accurata, ma lasciando spazio anche all’immaginazione. Oltre alle fonti antiche, sono stati cruciali per la stesura di Clodio i lavori di Emanuele Narducci, di Canfora, Syme e, in particolar modo, Fezzi e Tatum.
Nella mia storia Clodio oscilla continuamente tra bene e male… e in qualche modo si pone aldilà del bene e del male. Ci sono in Clodio aspetti generosi, aspetti crudeli… Clodio è mosso da una grande ambizione, dal desiderio di riscattare sé stesso, di dimostrare alla sua famiglia e ai suoi pari di essere qualcosa di più di un inetto, ma al tempo stesso prova anche una fortissima pena nei confronti dei poveri, degli emarginati; si rispecchia in loro perché lui stesso è stato emarginato dalla sua cerchia sociale. È anche un uomo che non si rassegna, che odia sentirsi impotente davanti alla morte, alla malattia, alle ingiustizie sociali e ciò lo spingerà al limite di sé stesso. La follia è questo: il superamento di un limite, il raggiungimento di un punto di rottura che però consentirà a Clodio di lasciar cadere tutte le maschere, tutte le illusioni. La maschera cade e l’uomo si rivela. La follia sarà anche il tema del mio prossimo romanzo, la storia di un uomo che viene rinchiuso ingiustamente in manicomio e dovrà confrontarsi con la sua stessa follia. Non scendo nei dettagli perché le mie ricerche sono ancora in corso ma avverto la sensazione di addentrarmi in uno dei capitoli più bui della nostra Storia.
Ci piacerebbe parlare con te del romanzo storico e della sua continua evoluzione e vitalità. Ci sono autori che sono diventati per te dei punti di riferimenti come scrittore affiliato dalla Musa Clio e che consiglieresti ai lettori di TSD?
Sono infiniti gli autori che mi hanno formato come scrittore e intellettuale, ma se parliamo di romanzi storici, ‘Augustus’ di John Williams è un testo che ha influenzato a mia scrittura, con la sua capacità di fare emergere aspetti privati e più personali dei grandi personaggi storici che racconta e che consiglio a tutti gli appassionati del genere. Un altro romanzo che per me rappresenta una pietra miliare del genere è ‘Le memorie di Adriano’. Ma in realtà prendo ispirazione non soltanto dai libri ma da tutto ciò che mi circonda, mentre cammino o faccio la fila alla posta, un viso, un’espressione particolarmente intensa, o perfino una voce dal timbro particolare mi restano impressi e divengono parte di ciò che scrivo.
Parlare dei libri sui social sta diventando un piccolo angolo prezioso dove si possono confrontare opinioni e instaurare rapporti con preziose individualità su letture condivise o su spunti di prossime letture. Come vedi il futuro dei libri sui social?
I social offrono una grande opportunità: sono un luogo dove poter condividere con altri ciò che si ama. E non è poco. Io nei momenti più bui non facevo che leggere. Leggevo, leggevo, leggevo: Tolstoj e Steinbeck, Dumas e Dostoevskij. Avevo pianto assieme a Sonja quando Raskol’nikov con un flebile bisbiglio le confessa: “Io ho ucciso”; avevo lottato assieme a Edmond Dantès per liberarmi delle catene con cui avrebbero voluto seppellirlo in fondo al mare; e avevo sentito, come fosse mia, la reverenziale meraviglia che prova il principe Andrej, quando nel bel mezzo della battaglie, ferito e accasciato al suolo, fissa il cielo screziato di tenere nuvole e si domanda: perché prima d’ora non avevo mai guardato questo cielo così infinitamente alto, silenzioso e immenso?
Noi lettori viviamo dentro i libri. E quando scontenti della superficialità della vita, aneliamo a qualcosa di più profondo, ci rifugiamo nella letteratura. In essa vi troviamo quelle risposte alle domande che ci ossessionano e vi troviamo espresse quelle emozioni, quei sentimenti a cui non riuscivamo a dare nome o forma. Ma la passione per la letteratura non mi bastava più, era fortissimo il bisogno di prendere in mano la penna e comunicare. Così incominciai a scrivere. E così nacque il mio romanzo “Clodio” e la pagina Professor X, a cui in seguito si è aggiunta una seconda pagina, stavolta su Instagram, dove parlo dei libri che amo e mostro i retroscena della mia vita, dello scrivere.
Terminiamo questo ricco scambio con una tua riflessione estrapolata dalla tua pagina Facebook: ‘’Noi siamo un paese che nega e non conosce la propria storia’’. La Storia è come dici tu un momento di riflessione che ci permette di scavare nel passato per avere le risposte alle domande del presente? Ma è sempre cosi?
Per rispondere, ti rispondo con un’altra domanda: perché la Storia? Perché la letteratura? Cosa ci affascina? Cosa cerchiamo? Noi stessi, ecco cosa cerchiamo. Se la storia viene studiata in modo arido, mnemonico, se si riduce a un insieme di fatti e di date, non serve a nulla. E lo stesso accade con la letteratura, se un libro strizza l’occhio alla banalità per essere più facilmente vendibile, la magia della letteratura si spezza. Lo spirito che anima sia chi scrive, sia chi legge è lo stesso: andiamo alla ricerca di risposte, di cannocchiali con cui poter comprendere noi stessi e il mondo in cui viviamo. Lo scrittore lo fa scrivendo, il lettore leggendo… ma c’è in entrambi la stessa fame di risposte. Sia la lettura sia la scrittura hanno la stessa radice: un libro ci colpisce, ci appassiona quando ci parla di noi. In Clodio vi ho messo tutto ciò che ho visto, sentito, amato, sofferto, tutti coloro che ho conosciuto o intravisto anche soltanto per un brevissimo istante… c’è in esso tutto ciò che sono ma il giudizio finale sulla mia scrittura, apparterrà sempre e soltanto a loro: ai lettori.