Recensione a cura di Roberto Orsi
“Beato colui la cui trasgressione è rimessa e il cui peccato è cancellato” Salmo 32
Chi è senza peccato scagli la prima pietra, recita un famoso verso del Vangelo secondo Giovanni. Chi è davvero senza peccato tra gli uomini? “Il cavaliere, la morte e il diavolo” è un romanzo intriso di sangue che scorre a fiumi tra il peccato e la violenza. Un titolo che rievoca l’opera di Albrecht Dürer, un’incisione dal significato oscuro e allegorico raffigurata nella copertina del romanzo.
Maggio del 1527 fu un mese rosso per la Città di Roma: l’esercito di Carlo V d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, si scagliò con una furia senza precedenti contro lo Stato Pontificio mettendo a ferro e fuoco tutto ciò che incontravano sulla propria strada. Il Sacco di Roma, iniziato il 6 maggio, vide truppe di lanzichenecchi tedeschi, soldati spagnoli e varie armate di signorie italiane, fu uno dei più sanguinosi attacchi del potere imperiale a quello papale.
Scene di ordinaria follia con bimbi gettati dalle finestre degli orfanotrofi, suore stuprate e sgozzate nei monasteri, donne e anziani trucidati per le strade della città, saccheggi continui di ricchezze e opere d’arte. Morte e distruzione rimbalzano tra le pagine di questo romanzo di Luigi De Pascalis che, partendo dai fatti realmente accaduti in quel tragico mese di Maggio e unendo sapientemente sulla scena personaggi storici ad altri di fantasia, restituisce ai lettori un romanzo dalle tinte rosso porpora. Il rosso del sangue ma anche quello dei cardinali di Santa Madre Chiesa che animano le vicende.
Una Chiesa criticata e minacciata ormai da tempo dalle tesi luterane che ne auspicava un ritorno alle origini di umiltà e devozione. Una casta sacerdotale corrotta, a partire dai pontefici che nelle ultime decadi si sono succeduti: da Sisto IV a Clemente VII, passando per Alessandro VI Borgia e Leone X de’ Medici. Simonia, nepotismo, accumulo di ricchezze, creazione di eserciti guidati da spietati condottieri per la conquista di nuovi territori, sono le caratteristiche principali di questi interregni: lontani e spesso all’antitesi di quanto in realtà avrebbero dovuto perseguire.
Una situazione degenerata nel corso del tempo, aggravata da una situazione politica della penisola italiana frammentata e in continuo contrasto, che permise l’avanzata dell’esercito imperiale.
La città di Roma “aveva il colore del sangue, l’odore della morte e il suono dell’incubo. Città orgogliosa, umiliata e dolorante come una regina deposta; scrofa grassa e inerte, rassegnata alla fame vorace dei suoi piccoli; vecchia bagascia da candela, incapace di opporsi a qualunque osceno oltraggio.”
Le vicende del romanzo trovano luogo proprio nei giorni del Sacco di Roma, nel culmine dell’attacco e delle rivendicazioni tra papato e impero. Benvenuto Cellini “orafo di grande ingegno, musico di flautetto, schioppettiere valente e bombardiere eccellente, scultore rifinito, maraviglioso maneggiator di lame e gran cavallerizzo” così come lui stesso si definisce in un dialogo all’interno del romanzo, è il personaggio principale accompagnato dall’amico spagnolesco Josè Garcìa, che sul campo si è guadagnato il soprannome di “Mezzocavallo” per un aneddoto che lascio ai lettori il piacere di scoprire.
A loro è affidato il compito di trovare l’arciprete Johannes De Castro e portarlo a Castel Sant’Angelo dove il pontefice si è rifugiato durante l’attacco degli imperiali. L’arciprete conserva per conto di Clemente VII un libro molto importante quanto misterioso: il “Gespräch Büchlin” di Ulrich von Hutten. Più di una copia di questo libro circola tra le vie di Roma. Al suo interno è contenuto un segreto in grado di ribaltare le sorti del conflitto centenario tra papato e impero.
Arriverà il giorno in cui tutto sarà chiaro. Purtroppo, sarà lo stesso in cui la Chiesa sarà più debole, sola, indifesa e cento cani tenteranno di sbranarla. Ebbene, proprio allora questo libro, o meglio il segreto che contiene, potrà costituire la differenza tra vittoria e sconfitta.
Alla scia di morte provocata dai Lanzichenecchi si aggiunge uno spietato assassino che uccide a sangue freddo le sue vittime: tutte in qualche modo legate alla ricerca condotta da Benvenuto Cellini e Josè Mezzocavallo.
Oltre al Papa e all’Imperatore, un terzo misterioso personaggio sembra essere sulle tracce del libro e del segreto che contiene. Un personaggio che non esita a lasciare vittime sul selciato, forte della confusione che regna sovrana in città.
Confusione che non abbandona nemmeno la testa di Cellini: a ogni nuovo indizio la situazione si complica, i personaggi coinvolti e sospettati aumentano, in un vortice nebbioso che sembra non dipanarsi mai. Benvenuto e Josè si trovano ben presto a dover risolvere enigmi, a decifrare il più piccolo dettaglio che li porti sulla strada della verità e a doversi difendere con spada, sciabola, schioppi o archibugi.
Molti dei personaggi spiccano per ferocia e crudeltà: non ne è esente Don Aloís de Córdoba, arrogante e infimo coronel andaluso, o i vari capitani lanzichenecchi capaci delle nefandezze più abiette. Altri hanno una componente meno aggressiva ma più subdola e lavorano nell’ombra come Fra Mariano Fetti o il Cardinale Pompeo Colonna. Sono molti i protagonisti del romanzo, ognuno con il proprio modo di essere e il proprio tornaconto sulla vicenda che si sta scatenando. Luigi De Pascalis, come ci ha abituati in altri suoi romanzi (vedi ad esempio “La signora delle furie danzanti”), è abile nel confondere le idee al lettore che voglia provare a mettersi nei panni dell’investigatore.
Le atmosfere del Sacco di Roma sono perfettamente rese, con un racconto impreziosito dalle raffigurazioni all’interno del libro: piante della città, immagini iconografiche dei personaggi di riferimento, tratte dalle stampe dell’epoca.
Bisogna che il popolino sia distratto da ciò che di davvero orribile succede nel Palazzo Apostolico: un luogo che parassiti di corte e buffoni avvinazzati, musici stonati e cattivi poeti, pessimi soldati e baroni senza scrupoli hanno svuotato di santità e ricchezze.
Una trama sviluppata in modo credibile dall’autore, per un romanzo che si trasforma in una descrizione della bestialità dell’uomo. Nella città più Santa del mondo cattolico, Dio sembra aver perso di vista l’uomo in quei tragici giorni del sacco di Roma: il terrore, la ferocia, la lussuria diventano un tutt’uno nel motore che anima le vicende del romanzo. Chi lotta in nome di un Dio giusto, quello stesso Dio pare averne smarrito l’umanità e gli insegnamenti. Il romanzo si fa metafora della storia dell’uomo e del suo io interiore, quello caratterizzato dal buio più infimo.
Trama
Roma 6 maggio 1527: i lanzichenecchi di Carlo V irrompono in città dando inizio al famigerato Sacco, un’orgia di sangue, ferro, fuoco e follia che non ha paragoni negli annali della Città Eterna. È in questo scenario infernale che prende avvio la missione ad altissimo rischio di due investigatori per caso: il riflessivo soldato spagnolo José Grazia e l’irruente scultore italiano Benvenuto Cellini, i quali per incarico del Papa dovranno smascherare uno spietato assassino seriale noto come il Bagatto. Per quale motivo, in una città in cui i morti si contano a decine di migliaia, un solo assassino riveste tanta importanza agli occhi della Chiesa? Il Papa è il mandante o una vittima del Bagatto? Quale significato può avere un misterioso libro, apparentemente svanito nel nulla, che la Santa Sede vuole recuperare ad ogni costo?