Recensione a cura di Maria Marques
Il contatto dei Longobardi con l’Italia iniziò ufficialmente quando “nella Pasqua del 568 Alboino varcò le Alpi Giulie e si diresse verso il Friuli…Il primo obiettivo cui i Longobardi puntarono fu l’antico municipium romano di Forum Iulii, Cividale…” per poi avanzare nella Pianura Padana e conquistare “gran parte della Lombardia, del Piemonte, dell’Emilia e della Toscana”e le città di Milano e Pavia, senza incontrare una controffensiva da parte dei bizantini. La loro parabola fu relativamente breve e si concluse, circa duecento anni dopo, nel 774 quando i franchi di Carlo Magno sconfissero Desiderio, l’ultimo sovrano longoboardo.
Il luogo di origine dei Longobardi è misterioso, avvolte dalle nebbie del mito con cui essi stessi costruirono le leggende per narrare la loro epopea che li dice originari della penisola scandinava. Conosciuti dai loro contemporanei come un popolo bellicoso, il primo nome con cui furono identificati, Winnili, significava appunto “combattenti”. Secondo la leggenda cambiarono il nome in Longobardi ovvero “Il popolo dalle lunghe barbe” dopo aver sconfitto i Vandali.
Nel loro migrare verso la nostra penisola, si stanziarono in Pannonia assorbendo usi e costumi dei popoli con cui vennero in contatto e mantennero questa loro capacità di trasformazione e adattamento anche al contatto con le strutture sopravvissute della civiltà romana, diventando una nuova compagine che, dopo la prima fase di conquista, riuscì a integrarsi con la popolazione locale.
La creazione del regno e dei ducati, le divisioni interne, le vicende che caratterizzano il periodo del loro predominio, le guerre con i bizantini e i franchi, occupano tutta la prima parte del saggio, scandita da date e dall’avvicendarsi dei sovrani. Le vicende di Alboino, di Autari, quelle di Teodolinda e Agilulfo che nel VII secolo diedero stabilità al regno, elessero Milano capitale e favorirono la conversione dei Longobardi da ariani a cattolici, emergono in tutta la loro drammaticità. E se l’epoca di Liutprando, VIII secolo, rappresenta il momento più elevato e raffinato dal punto di vista culturale e artistico di questo popolo, è con Rotari e il suo “Editto” che essi si assicurano quella continuità nella storia italiana sino in pieno XIII secolo.
Il 22 novembre 643, nel palazzo regio di Pavia, Rotari…diciassettesimo re della stirpe dei Longobardi, emanò un editto che raccoglieva per iscritto, e per la prima volta, il patrimonio giuridico del popolo longobardo. Prima di allora il diritto dei Longobardi era stato sempre trasmesso esclusivamente per via orale e constava di una serie di norme consuetudinarie basate sul patrimonio di tradizioni e regole “cawarfide” tramandate di generazione in generazione.
La fine del dominio longobardo in Italia sarà legata al rapporto complesso con il papato. Sarà, infatti, un papa, Adriano I, a chiedere l’intervento in Italia di Carlo Magno che sconfiggerà i Longobardi.
La seconda parte del saggio si concentra sullo studio delle fonti. Documenti, epigrafi permettono “di seguire l’evoluzione della gens da stirpe tribale in cerca di una collocazione stabile a popolo stanziale capace di dar vita a un regno durevole, cerniera tra l’Europa continentale e il Mediterraneo”. Autori latini come Tacito e Velleio Patercolo li descrissero come un popolo feroce, Procopio di Cesarea, al contrario “ne parla di una popolazione cristiana e civilizzata” e poi i franchi che oscillarono nei loro giudizi spesso filtrati attraverso la politica del tempo che li vide su posizioni di aperto contrasto, per arrivare infine a Paolo Diacono, lui stesso orgoglioso delle sue origini longobarde, che ne racconta le vicende ne la Historia Langobardorum.
La terza parte del saggio infine, regala al lettore una visione a tutto tondo della società longobarda, soffermandosi sull’organizzazione sociale, sulle armi che erano soliti usare, ma anche sulla loro religiosità e spiritualità. Attraverso la descrizione dell’abbigliamento, dell’alimentazione, della scrittura, delle capacità artistiche che le maestranze seppero sviluppare, l’autrice, arriva a tracciare la fortuna di questo popolo attraverso i secoli, sino alle scoperte archeologiche che ne svelano, per quanto possibile, i segreti.
Il saggio di Elena Percivaldi, storica medievista, s’inserisce in una dimensione divulgativa ed è destinato a lettori che desiderano avvicinarsi o approfondire, le vicende di questo popolo e la suddivisione in tre parti, permette di toccare una varietà di contenuti che vanno oltre la mera elencazione di date, avvenimenti e nomi di sovrani, arrivando a ricostruire la società dei Longobardi in tutta la sua complessità e spiritualità. L’elenco delle fonti, contenute nelle ultime pagine del volume, evidenzia il grande lavoro di ricerca sotteso al volume.
Un saggio quindi per chi desidera conoscere un popolo che seppe inserirsi nella storia e nella cultura italiana e che lentamente si svela in tutta la sua originale complessità, emergendo e dissipando le nebbie da cui è stato circondato.
Trama
La vicenda dei Longobardi ebbe un impatto decisivo sulla storia italiana. La loro influenza fu duratura nelle istituzioni, negli usi e nel diritto, e il loro retaggio si può percepire nella lingua che parliamo e nei monumenti che costruirono, alcuni dei quali dal 2011 sono inclusi nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco. La loro fu un’invasione improvvisa e violenta o una migrazione progressiva? Si trattava davvero di una stirpe granitica e vicina alla “barbarie primitiva”, o di un popolo che seppe adattarsi e trasformarsi “sul campo”? Rappresentando una sintesi tra eredità classica e nuovi apporti “barbarici”, i Longobardi risultarono decisivi come “ponte” tra Mediterraneo e nord Europa e si fecero protagonisti dei cambiamenti geopolitici che, agli albori del Medioevo, hanno costituito la base per la formazione della futura identità del Continente. Questo libro ripercorre l’epopea longobarda in maniera accessibile, alla luce di aggiornate acquisizioni del dibattito storiografico e di recenti ritrovamenti archeologici.
Saggio molto valido e di piacevole lettura. Affronta anche la vita di tutti i giorni di quel popolo dal quale molti di noi discendono.