Recensione a cura di Maria Rita Truglio
Ho terminato questo libro con le lacrime agli occhi, letteralmente! Il destino degli Svevi causa in me, sempre, un magone allo stomaco e questa rilettura di Ornella Albanese non ha aiutato. In realtà ho iniziato a piangere già dai primi capitoli ma probabilmente non faccio testo perché troppo di parte. Ormai non è un segreto per nessuno l’amore viscerale provato per Federico.
Ho letto veramente di tutto su questa casata ma il romanzo in questione ha una marcia in più a mio parere. Inizialmente ho parlato di “rilettura”: l’autrice si attiene saldamente alla verità storica, per quanto poi si possa parlare di verità in casi come questo, in cui le fonti giunte a noi sono molteplici e discordanti. Soprattutto per alcuni eventi. E infatti gioca molto su questo facendo appiglio a un’altra versione. La particolarità, però, sta nel fatto che le redini della narrazione sono affidate a Matthias, ragazzo povero di Lucera che Federico vorrà con se negli ultimi giorni della sua vita rendendolo falconiere.
Gli occhi di Matthias sono anche i nostri occhi di lettori. Insieme a lui siamo spettatori ignari degli eventi storici che di lì a poco cambieranno le sorti del sud Italia, e non solo.
“[…]A volte la soluzione più ovvia ci sfugge, pur essendo lì, davanti ai nostri occhi. Siamo più ciechi di un falcone cieco.”
Fine 1250, da qui ha inizio la storia, ovvero da quando l’Imperatore Federico II di Svevia, uscito per una battuta di caccia, ha un malore improvviso. Trasportato a Florentinum (Castelfiorentino) trascorrerà lì gli ultimi giorni della sua vita. Accanto a lui, oltre il suo medico personale Giovanni da Procida, anche il giovane Matthias che non riesce a spiegarsi l’ enorme fortuna nel trovarsi accanto al Re.
Eppure Federico, nonostante le differenze di status sociale, vede in lui il se stesso giovane, quando la sete di conoscenza divampava rendendolo curioso oltre misura. Proprio nei suoi ultimi attimi, Matthias ha maggiore possibilità di conoscere Federico che sempre più spesso lo richiama al suo capezzale. E ad aleggiare nell’aria di quella stanza, che comincia a puzzare di morte, è la profezia che Michele Scoto diede all’imperatore a proposito della sua dipartita: sub flore apud portam ferream… sarebbe morto in una città dal nome “fiore” davanti una porta di ferro. Per questo motivo lo Svevo si tenne lontano da Firenze per tutta la vita. Ma, ironia della sorte…
Federico ci credette con tutto se stesso, la superstizione era per lui dettata dalla conoscenza e non aveva motivo di dubitarne. Le parole di Ornella Albanese rendono viva questa sensazione di paura provata dall’imperatore nello scoprire il nome della città in cui si trovava. E tutto ciò che avviene dopo è descritto con avidità di particolari che la tensione avvolge e libera allo stesso tempo.
“Ci soni disegni, Matthias. Disegni imperscrutabili che ti inseguono come mastini crudeli dal giorno della nascita fino a quello della morte. Nel mezzo c’è la vita e, per quanto ci diamo da fare, alla fine è solo una manciata di sabbia che scorre in una clessidra.”
Gli eventi si dipanano con corretta cronologia storica in un’atmosfera selvaggia e ammaliante, evocativa dei paesaggi circostanti.
L’astore donatogli da Federico cresce con la storia stessa come un monito per i futuri eventi. Dalla possanza della giovinezza, alla saggezza della vecchiaia con tutta l’esperienza che ne comporta, Matthias sa perfettamente che quando i falchi cominciano a volare più in alto del solito la loro fine è vicina. E gli eventi futuri concorderanno nell’affermare che il principio vale anche per gli esseri umani. Maggiore è la pretesa, maggiori saranno i rischi.
Assiste all’incontro tra Corrado, altro figlio di Federico fino ad allora vissuto in Germania, e Manfredi, prendendo coscienza del fatto che non c’è legame di sangue che tenga di fronte alla sete di potere alimentata anche da malelingue. Un volo più alto delle loro possibilità conclusosi con una caduta disastrosa. Il sogno di Federico di tenere unito il Regno, sembra non essere realizzabile. La lotta contro il papato, invece, pare l’unica eredità a non avere una fine. E poi Enzio, altro figlio di Federico, tenuto prigioniero a Bononia (Bologna), che nessuno sembra prendere in considerazione. Nessuno tranne Matthias, che dopo la morte di Corrado e Manfredi, vede in lui l’unica possibilità di salvezza per la stirpe Sveva e per l’intero Regno.
“[…] Chi arriva in alto deve fare i conti con il livore di chi è rimasto indietro.”
La vita di Matthias viene ricamata sulla storia della casata Sveva riservandoci l’inaspettato. Quando la lettura scorre senza insidie, aiutata dalla scrittura pulita dell’autrice, la concentrazione è tale che l’effetto sorpresa è scioccante, come se ti svegliassi all’improvviso e riuscissi a rimettere insieme i pezzi di ogni cosa. Comprendi alcuni comportamenti e i dubbi di altri e tra i molti spicca anche una donna indomita, capace di far tutto per non soccombere alle decisioni del padre: Lucretia di Torre Ventosa. Lei sarà indissolubilmente legata a Matthias e alla causa Sveva. Due destini i loro in grado di cambiare gli eventi lì dove tutto è cominciato, nella terra che fu degli avi di Federico. Cacciare gli Angioini, che il papa aveva sguinzagliato per il regno, ormai era l’unico obiettivo per vendicare la morte di Manfredi e riportare l’aquila Sveva in volo. Quell’aquila che dopo i Vespri siciliani, rivede la luce con Costanza d’Aragona, prima figlia del principe Manfredi.
Tra la moltitudine di personaggi che anche di passaggio hanno lasciato il segno, tra i paesaggi che cambiano colore e latitudine, nemmeno la morte è riuscita a cancellare la sua presenza. Federico è sempre presente, aleggia nelle pagine e permea la vita di Matthias che in lui ha trovato un punto di riferimento.
Ornella Albanese ha saputo amalgamare con omogeneità verità e leggenda costruendo un racconto di rivalsa su come la vita, se vissuta fino in fondo, possa cambiare drasticamente. Se in bene o in male dipende da noi. Un racconto, quindi, che attraverso eventi storici ci restituisce la vita nelle sue sfaccettature.
Una storia nella storia.
Trama
Puglia, dicembre 1250. L’imperatore Federico di Svevia è a caccia nelle sue terre. Lo accompagna un giovane falconiere, Matthias: è di umili origini, eppure in lui il sovrano ha riconosciuto la sua stessa passione per il sapere e per la vita, oltre che per la caccia, e gli ha affidato da addestrare il suo uccello più maestoso, un astore forte e bizzoso. Lontani per età, provenienza e destino, i due uomini sembrano legati da un vincolo arcano. E quando un improvviso malore costringe Federico a fermarsi a Florentinum e in pochi giorni lo porta alla morte, è proprio Matthias che gli rimane accanto. Giorno e notte, come farebbe un figlio, ne ascolta i segreti e fa propria la sua visione. Decide così di votare la vita alla famiglia sveva e ai figli di Federico: il tormentato Corrado, Enzio prigioniero a Bononia, e soprattutto il valoroso Manfredi. Accanto a lui una donna altrettanto appassionata che Matthias ha sempre creduto irraggiungibile, Lucretia di Torre Ventosa, nobile e bellissima. Tra gli intrighi e le lotte per la successione, in un avventuroso viaggio che dalle terre di Puglia lo conduce nel cuore dell’odierna Bologna, Matthias impara a mettere in pratica l’insegnamento di Federico: avere dei sogni e combattere fino a quando non li trasformiamo in realtà. Accuratissimo nella ricostruzione degli eventi storici, “Il falconiere dei re” è un romanzo avvolgente e ricco di colpi di scena, che restituisce tutto il fascino e il mistero di uno dei momenti cruciali della storia italiana.