Curiosità Il Medioevo Viaggio nella storia

Ivrea “Capitale italiana del libro” 2022

Articolo a cura di Laura Pitzalis

In occasione della Giornata Internazionale del Libro e del Diritto d’Autore 2022, che si festeggia proprio oggi 23 aprile, vi parliamo di una iniziativa molto curiosa che da pochi anni ha preso piede in Italia.

L’articolo 4 della legge per la promozione e il sostegno alla lettura, entrata in vigore il 25 marzo 2020, prevede l’assegnazione annuale a una città italiana, da parte del Consiglio dei Ministri, del titolo di “Capitale italiana del libro“, conferimento che ha la finalità di favorire progetti, iniziative e attività per incrementare e incoraggiare la lettura.

Dopo Chiari (Brescia) nel 2020 e Vibo Valentia (Calabria) nel 2021, la Capitale del libro per il 2022 è stata nominata Ivrea, città dalle origini mitiche, ex colonia romana, prima “capitale d’Italia” con Re Arduino per poi divenire capitale della tecnologia, dell’innovazione grazie alla straordinaria sperimentazione di Camillo e Adriano Olivetti che attribuirono all’impresa una funzione nuova: partecipare alla costruzione di una società a misura d’uomo. La fabbrica, infatti, non doveva elargire solo prodotti e stipendi ma anche servizi sociali, cultura, democrazia e bellezza. Dal mitico edificio di mattoni rossi, costruito da Camillo Olivetti alla fine dell’800, i fabbricati crebbero con l’espandersi dell’azienda, tutti nel segno dell’armonia, della luce e della bellezza, proponendosi come un modello di città industriale che diventò il laboratorio sperimentale delle teorie e del dibattito urbanistico del XX secolo.

La prima fabbrica dai mattoni rossi dell’Olivetti, in un immagine del 1909

Grazie a tutto questo, Ivrea dal 2018 è diventata Patrimonio Mondiale Unesco come “Città industriale del XX secolo”.

Non è un caso, quindi, che il simbolo scelto per il dossier di candidatura sia stata la Lettera 22, la mitica macchina da scrivere portatile ideata dalla Olivetti e divenuta un’icona mondiale.

Ma andiamo a conoscere la storia leggendaria, il folclore, le curiosità di questa affascinante città considerata il “capoluogo del Canavese”, splendido angolo del Piemonte, ricco di tesori naturalistici, storici e artistici.

Ivrea città natale del Marchese Arduino, primo Re d’Italia.

Arduino di Dadone, meglio conosciuto come Marchese d’Ivrea, è stato un personaggio la cui storia è diventata leggenda, un personaggio raccontato con pareri contrastanti: un sanguinario tiranno avido e spregevole, nella leggenda dietro il Carnevale d’Ivrea, irredentista, padre della patria che aveva difeso l’Italia dallo straniero, nel Risorgimento. E poi fu il primo Re d’Italia davvero italiano, anche se questo titolo, al giorno d’oggi, ha un concetto diverso rispetto a quello di un tempo.

Vediamo, dunque, come sono andati i fatti.

Siamo alla fine del 900, in pieno Medioevo, e nell’alto Canavese il marchese d’Ivrea Corrado Conone, non avendo discendenza, individua in suo cugino Arduino il proprio successore e alla sua morte, col beneplacito dell’imperatore Ottone III, Arduino è eletto signore della Marca di Ivrea. Ma l’autorità del marchese è spesso messa a dura prova dal potere dei vescovi di Ivrea, Novara, ma soprattutto di Vercelli contro il quale Arduino muove guerra mettendo a ferro e fuoco la città, incendiando il Duomo e provocando la morte dell’odiato vescovo.

Infischiandosene della lettera di monito del vescovo d’Ivrea che, preoccupato dalla condotta del marchese, lo diffida dall’intraprendere qualsiasi azione militare o politica, pena la scomunica, Arduino continua con le sue operazioni belliche tanto che nel 999 il Papa, dichiarandolo “nemico pubblico”, lo scomunica. Questo episodio non impedisce ad Arduino di accrescere la sua potenza tanto che, alla morte, nel gennaio 1002, dell’Imperatore Ottone III, e al lungo vuoto di potere che ne consegue non avendo lasciato né figli né eredi, un nutrito gruppo di vassalli ostili al potere imperiale prende la palla al balzo per proclamarlo Re.

Di fronte a pochi signori del Regno d’Italia, il 15 febbraio del 1002, Arduino riceve la Corona Ferrea, la stessa di Carlo Magno, oggi conservata nel Duomo di Monza.

Ovviamente quando ci si riferisce al Regno d’Italia conteso tra il marchese di Ivrea e la corona tedesca, parliamo di un’area territoriale che non è la stessa su cui sarà costituita, ottocento anni dopo, l’Unità, comprendendo solo tutti i territori precedentemente sotto il dominio longobardo, il Nord Italia, la Toscana e l’Emilia Romagna.

Arduino Re d’Italia non piace ai vescovi che vedono insidiato il loro potere comitale, per cui invocano l’aiuto del futuro imperatore Enrico II. Questo in un primo tempo invia delle truppe in Italia, poi visto la serie di successi militari ottenuti da Arduino, scende lui stesso a capo di un poderoso esercito. Dopo aver sconfitto nella Valsugana le truppe di Arduino, costringendolo a ripiegare nella sua marca, gli toglie il titolo regale e si fa a sua volta incoronare Re d’Italia. Il fatto però causa una rivolta popolare nella capitale del regno, tanto da costringere Enrico a tornare in Germania.

Arduino, ovviamente, non riconosce il nuovo Re e continua a regnare come “Re de facto”, emanando diplomi regi e coniando persino una sua moneta. Questo fino al 1014 quando Enrico II, diventato nel frattempo imperatore, decide di scendere di nuovo con il suo esercito contro un Arduino che ormai ha sempre meno potere tra la pianura e le valli del Canavese.

Persa la fiducia dei signori feudali che lo avevano eletto, la sconfitta contro l’Imperatore è inevitabile, ragion per cui, anche a causa di una grave malattia, non gli resta che deporre le armi e trattare la resa.

Arduino d’Ivrea si ritira in seguito nell’abbazia di Fruttuaria a San Benigno Canavese, spogliandosi dalle insegne regali per poi morire tra l’ottobre e il dicembre del 1015.

Le sue spoglie, dopo innumerevoli vicissitudini nel corso degli anni, sono oggi conservate nel castello di Masino, in Canavese.

Il Carnevale d’Ivrea una rievocazione storica

Il Carnevale d’Ivrea non è una festa in costume, non ci troverete le classiche maschere carnevalesche. Ė un evento unico in cui storia e leggenda s’intrecciano per dare vita a una grande festa dal forte valore simbolico, che affonda le sue radici in un passato lontano con protagonisti figure e personaggi, realmente esistiti, di diverse epoche storiche. Si rievoca un episodio di riscatto dalla tirannide, avvenuto nel medioevo, da parte del popolo eporediese contro il Marchese d’Ivrea che inaspriva la città con violenze e soprusi. Grazie alla ribellione di Violetta, figlia di un mugnaio, che non volle piegarsi ai voleri del tiranno, il popolo riuscì ad insorgere.

 La vezzosa Mugnaia e il Generale

La “Vezzosa  Mugnaia”, è lei la grande protagonista del corteo storico del Carnevale, dove è celebrata come simbolo di libertà, accanto a un’altra figura storica molto importante, il Generale, simbolo dell’autorità municipale, con la sua impeccabile uniforme napoleonica. Uniforme napoleonica? Ma non siamo nel medioevo?

Dovete sapere che fino al 1808 i vari rioni della città festeggiavano il carnevale separatamente, creando però una forte rivalità che spesso sfociava in scontri violenti e sanguinosi. All’inizio dell’800, in piena occupazione napoleonica, si decise di istituire una sorta di servizio d’ordine a capo del quale doveva esserci un uomo che riscuoteva molta fiducia presso la cittadinanza, soprattutto quando i carnevali rionali furono unificati in un’unica grande festa cittadina.

Ecco chiarito l’arcano del costume in un folcloristico carnevale ricco, soprattutto nei costumi e negli stendardi, di richiami alle rivoluzioni storiche, a partire dalle tradizioni medioevali inneggianti le sommosse popolari, fino ai moti del Risorgimento.

Senza dubbio il momento più scenografico del Carnevale è la BATTAGLIA DELLE ARANCE, che rappresenta una festa alla libertà volendo ricordare l’insurrezione del popolo incoraggiata dall’atto di ribellione di Violetta.

Gli ARANCERI a piedi, che rappresentano il popolo in rivolta, combattono a colpi d’arance contro i soldati del tiranno rappresentati dai TIRATORI sui carri trainati da cavalli, muniti di maschere e protezioni che rimandano alle antiche armature.

Questa battaglia ha origine nel XIX secolo quando, per attirare l’attenzione dei ragazzi che partecipavano al corteo, le ragazze usavano lanciare dalle finestre arance insieme a coriandoli, confetti, fiori. Dai carri s’iniziò, così per gioco, a rispondere e il gesto si trasformò nel tempo in un vero e proprio combattimento tra lanciatori dai balconi e lanciatori di strada.

Questo fino a quando nel secondo dopoguerra, con la nascita della prima squadra di aranceri, la battaglia assunse i connotati attuali seguendo regole ben precise. Il combattimento, infatti, si svolge nel pieno rispetto di regole non scritte che permettono l’incolumità dei presenti alla manifestazione e usando arance speciali che provengono dalla Calabria e che non sono commestibili. Nessun spreco di cibo, dunque! Alla fine della giornata le arance a terra sono raccolte e depositate nelle vasche di compostaggio per diventare ottimo concime naturale per l’agricoltura.

Se volete assistere alla Battaglia ed evitare di essere colpiti dagli aranceri, dovete assolutamente indossare il Berretto frigio, un cappello rosso a forma di calza che rappresenta l’adesione ideale alla rivolta e quindi l’aspirazione alla libertà, come fu per i protagonisti della Rivoluzione Francese.

Per finire una tradizione gastronomica. Le domeniche che precedono il Carnevale e nei giorni apice della festa si svolgono, nei rioni della città, le tradizionali “Fagiolate” che risalgono al medioevo: fagioli cotti per sei ore in pentoloni di rame con cotenne, cotechini, zamponi, ossa di maiale, lardo e cipolle.

Curiosità

Sapete …

Come si chiamano gli abitanti d’Ivrea?

Ivrea, fu fondata intorno al V secolo a.C. dai Salassi, un popolo d’origine celtica, per poi divenire  a partire dal I secolo a.C. colonia romana con il nome Eporedia, da epo (cavallo) e reda (carro), perché gli abitanti erano abili domatori di cavalli. Capiamo quindi il perché i suoi abitanti si chiamano eporediesi e non ivreani o ivreesi come verrebbe da dire. Le successive alterazioni e contrazioni del nome, quali Iporeia, Ivreia, hanno portato all’attuale nome.


Che uno dei simboli di Ivrea è una Torta?

Alla fine dell’Ottocento, per celebrare degnamente l’arrivo del nuovo secolo, il 900 appunto, il maestro pasticcere di Ivrea, Ottavio Bertinotti, decise di creare un nuovo dolce da proporre ai suoi affezionati clienti. Nacque così la Torta 900, realizzata con due sottili strati di pan di spagna al cioccolato, farcita con una leggera e delicata mousse al cioccolato e ricoperta da uno strato di zucchero a velo.

Questa torta è circondata da un alone di mistero che la rende ancora più buona: il famosissimo ingrediente segreto per la farcitura, la cui ricetta è segretissima e non è mai stata rivelata.

Si narra che Bertinotti era così ossessionato dalla sua creazione che durante la preparazione della crema usata per il ripieno, facesse allontanare tutti dal suo laboratorio in modo che nessuno potesse conoscere le dosi esatte ed i suoi ingredienti segreti. Non solo, decise anche di proteggerla con un marchio brevettato.

La famiglia Balla che, nel 1972, rilevò il laboratorio ed il brevetto, ha smentito la presenza di questo famosissimo ingrediente segreto. Prima di tutto perché tutti gli ingredienti dei prodotti in vendita devono essere dichiarati ed esposti ai clienti. Poi perché l’ingrediente non è in realtà un ingrediente ma un processo. Quindi è il modo di farla che la rende unica, è questo il “segreto che viene tramandato” a chi vuole custodirlo.

Oggi la Torta 900 è il dolce simbolo della città d’Ivrea.


Che viene chiamata “Ivrea la bella”?

“Ivrea la bella che le rossi torri

specchia sognando a la cerulea Dora

nel largo seno, fósca intorno è l’ombra

di re Arduino …”

così scriveva il Carducci parlando d’Ivrea nella sua celebre poesia “Piemonte”.

E bella lo è davvero Ivrea con le “rosse torri” del castello costruito nel 1358 per volere del Conte Verde, Amedeo VI di Savoia, quale simbolo del dominio sabaudo; con la sua Cattedrale di origine romanica che riporta interventi successivi barocchi e neoclassici; con il Ponte Romano costruito intorno al III secolo che oltrepassa la Dora Baltea; con l’Anfiteatro costruito intorno alla metà del I secolo d.C.; con il suo Borghetto di antiche case e botteghe artigianali; con la sua città industriale olivettiana, progettata dai più famosi architetti e urbanisti italiani del Novecento.

Bella anche per i suoi dintorni naturalistici:

La Serra Morenica di Ivrea, rilievo morenico considerato il più grande esistente in Europa, un vero e proprio anfiteatro geologico formatasi dal ritiro di un grande ghiacciaio del Pleistocene, il ghiacciaio Balteo. Tra queste colline sono incastonati cinque piccoli laghi: Lago Sirio, Lago Pistono, Lago di Cascinette, Lago Nero, Lago San Michele.

Le Terre Ballerine, un luogo davvero curioso, dal nome non causale che deriva dalla sua particolare conformazione geologica che dona al terreno un’elasticità tale che si salta e si rimbalza come se fosse un tappeto elastico! Questo è possibile perché costituito da una torbiera, originatasi dal prosciugamento di un lago, il lago Coniglio, appoggiata su una superficie d’acqua che contribuisce a creare questo basamento elastico. Ideale sarebbe visitarle dopo un po’ di pioggia perché l’effetto di rimbalzo è amplificato.

Che ne pensi di questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.