Eccoci nel nostro appuntamento con gli scrittori. Oggi abbiamo ospite Costanza DiQuattro. Prima di addentrarci nell’intervista, ve la presentiamo.
Costanza DiQuattro (Ragusa, 1986), laureata in Lettere moderne all’Università di Catania, dal 2008 si occupa attivamente del Teatro Donnafugata, teatro di famiglia restituito alla fruizione del pubblico dopo sei anni di restauri, e nel 2010 ne assume la Direzione artistica con la sorella Vicky, dando inizio a importanti collaborazioni artistiche con prestigiosi teatri nazionali e compagnie teatrali di fama. Parallelamente alle stagioni di prosa, di musica classica e di teatro per bambini, coadiuvata da uno staff tutto al femminile, si apre alla organizzazione di festival e mostre. Ha collaborato con «Il Foglio» e poi con alcune testate online siciliane. Il suo campo di scrittura spazia dalla critica sociale al costume, dal mondo della cultura a quello più strettamente legato al teatro.
Sei da sempre appassionata di Storia o è una scoperta più recente?
La storia mi ha sempre affascinata. Durante gli anni universitari ero una delle poche a scegliere, per le materie facoltative, corsi complicatissimi di storia.
La passione per la storia locale è invece subentrata in seguito, in età più adulta. Ho imparato ad apprezzare le cose che ho intorno e le ho cominciate a studiare, a conoscere e approfondire.
Perché scrivere romanzi storici?
I romanzi storici hanno una straordinaria dose di esotismo. Creano una fascinazione antica, una immedesimazione del lettore in un’altra epoca, in un’altra realtà.
Credo che scriverli possa assecondare un monito al quale dovremmo rispondere tutti ovvero quello di guardare al passato per costruire il futuro.
“Donnafugata” racconta la vita del barone Corrado Arezzo De Spuches, che tanto fece per la città di Ragusa. Ci puoi parlare di lui e della sua storia?
Corrado Arezzo De Spuches, settimo e ultimo Barone di Donnafugata, è stato un uomo lungimirante e modernissimo. Ha saputo coniugare intelligenza e passioni, dolore e perdono. E ha regalato buona parte dei suoi talenti, del suo mecenatismo al servizio della sua città. Nonostante avesse ricoperto ruoli pubblici, politici ed economici di grande rilievo in tutto il territorio nazionale, lui scelse di tornare, di investire e curare la sua terra. Vedo Corrado come un esempio; l’esempio di chi ha il coraggio di restare.
“Giuditta e il monsù” è l’ultimo libro in ordine di tempo, pubblicato con Baldini+Castoldi. Anche in questo caso racconti della “tua” Sicilia, di un mondo lontano più di un secolo ma forse per certi aspetti non del tutto ancora dimenticato. Come è nata questa storia e perché hai deciso di raccontarla?
La storia di Giuditta e Fortunato è una storia che solo all’apparenza appare lontana ma in realtà è più vicina di quanto si possa immaginare. Il mondo è pieno di racconti di questo tipo, storie drammatiche, direi tragiche, che hanno epiloghi inaspettati.
Penso che una magna pars nella elaborazione di questo romanzo l’abbia avuta la mia formazione classica, il teatro greco e la cultura greca in generale.
Il destino è il vero protagonista, destino beffardo e provocatore che gioca sul tappeto verde dell’esistenza dei due protagonisti.
Oltre all’attività di scrittrice ti dedichi alla gestione del teatro Donnafugata, teatro di famiglia che, dopo diversi anni di restauro, è stato riaperto al pubblico più di dieci anni fa. Come concili questa attività con quella di scrittrice e quanto il teatro influenza il tuo modo di scrivere?
“In origine c’era il teatro” direi parafrasando indegnamente qualcuno.
In verità è tutto partito da lì! Il teatro, fatto dietro le quinte e quindi solo nel suo aspetto gestionale e amministrativo, è stato il mio mondo per molti anni.
Ho amato e amo moltissimo questo lavoro che mi ha permesso di conoscere una sfera complessa che è quella della cultura. Conciliare la scrittura con il teatro non è mai stato difficile. Tutte le montagne scalate per amore sono vette raggiungibili.
Per quanto riguarda invece l’influenza del teatro sulla mia scrittura credo sia palese! Alcuni sostengono che i miei romanzi somiglino a testi teatrali. Ed io ne sono felice.
Quali sono i punti di contatto tra i due mondi, quello teatrale e quello editoriale? E dove invece divergono completamente?
Tutto ciò che ruota intorno alla cultura ha degli oggettivi punti di contatto.
Il focus principale è quello di far veicolare un messaggio, un pensiero, una idea, attraverso una storia. Ciò avviene per il teatro tanto quanto per l’editoria. Cambia piuttosto la modalità. Lo scrittore lavora nel silenzio, attraverso una introspezione che è innanzitutto una tribolazione interna. L’attore lavora invece attraverso la comunione esprimendo il sentimento vario e multiforme.
Sono facce della stessa medaglia.
Se puoi dircelo, hai in mente una nuova storia ambientata in Sicilia o stai lavorando a un soggetto completamente nuovo?
Sto lavorando ad un nuovo romanzo. Non mi sposto da questa terra fin quando mi darà abbastanza stimoli e mi susciterà così tante emozioni.
Credo che sia stata cantata poco nelle sue più sottese bellezze e io voglio rendermi utile alla causa.
Ringraziamo Costanza DiQuattro per questa intervista che ci ha rilasciato e, a chi lo volesse, lasciamo il link alla due recensioni di TSD ai due libri della nostra ospite di oggi
Donnafugata
Giuditta e il monsù