Recensione a cura di Roberto Orsi
Un segreto cessa di essere tale quando più di una persona ne viene a conoscenza. In quel preciso istante, il segreto è messo a rischio e può facilmente uscire dal confine di sicurezza e diventare notizia pubblica in poco tempo. Credo si tratti di un assunto perfettamente coerente con il nuovo romanzo di Giada Trebeschi “Il convento dei segreti” per Newton Compton Editori.
“Il ritmo della vita in convento era lento e sempre uguale. Ogni giorno simile all’altro in una spaventosa continuità in cui tutto restava immobile e immutabile confondendo l’inizio e la fine, come se né l’una né l’altra fossero mai esistite.”
La vita di clausura nel convento delle benedettine di Catania è dura. Suor Immacolata è stata costretta dalla famiglia a prendere i voti. La scena che apre il romanzo, nella sua straziante tragicità, ripercorre le sorti di moltissime giovani fanciulle che nel corso della Storia hanno sacrificato la propria vita venendo rinchiuse tra le mura di un convento.
Nelle vene di Immacolata scorre lava incandescente alimentata di odio verso chi le ha fatto questo. Non potrà mai perdonare una famiglia che l’ha privata della vita, delle sensazioni incomparabili di un amore da coltivare.
“Non aveva mai conosciuto l’amore ma l’odio, sì, quello lo conosceva benissimo. Era radicato nel profondo della sua anima, probabilmente era nata con l’odio dentro. Stava morendo al mondo. Giurò che da quel momento non avrebbe avuto amore che per sé stessa.”
Nello scorrere lento delle giornate, delle settimane, dei mesi e degli anni, Immacolata stringe una profonda amicizia con Suor Maria Grazia, la pasticcera del convento. Un rapporto che nell’incessante procedere del tempo, sempre uguale e ripetitivo, diventa un’ancora di salvezza, una scappatoia alla monotonia capace di regalare momenti di serenità a Immacolata.
I segreti che le due si sono portate tra le mura del convento sono inconfessabili: soprattutto quello di Suor Maria Grazia, sul quale verte la vicenda principale del romanzo. Qualcuno, fuori dal convento, la sta cercando e anche le spesse mura che la proteggono potrebbero non essere sufficienti a tenerla lontana dal pericolo.
Pericolo che in poco tempo coinvolge anche suor Immacolata.
“Qui dentro finisci per pensare quel che vogliono loro, ti convincono che questa tua vita da reclusa sia l’unica possibilità che hai per sopravvivere al mondo, ti violentano l’anima per anni così da sfiancarti.”
Un incontro fortuito nel parlatorio del convento risveglia in Immacolata quel sentimento atavico dell’attrazione sentimentale. Quella lava di odio assume un temperamento diverso. Rosso come il fuoco, ma un fuoco che arde di passione.
La storia corre in un crescendo di avvenimenti che dalla monotonia della vita claustrale si trasformano in un turbinio di rocambolesche vicende.
È un romanzo che esalta i sentimenti quali l’amore, l’amicizia, la fratellanza, l’onore, in una Sicilia del XVII secolo. E lo fa con dovizia di particolari sugli usi e costumi della vita monacale così come della vita all’esterno, con personaggi del calibro di Don Rolando Moncada, signorotto modicano disposto a tutto per il proprio tornaconto.
Ecco che si delineano facilmente nel pensiero del lettore le similitudini con un grande romanzo del passato come “I Promessi sposi” di Alessandro Manzoni. I segreti del convento, la ferocia del signorotto locale coadiuvato dai fidi scagnozzi (“i bravi”), la redenzione e l’umanità che piano piano esce allo scoperto in alcuni dei personaggi.
Amore e odio si contrappongono all’interno del romanzo, due sentimenti principe che escono vividi e luminosi come il sole di Sicilia che brucia la terra. Forti e devastanti come il terremoto che colpisce la città di Catania e tutta la Sicilia orientale e che in qualche modo rappresenta una svolta nella vicenda narrata.
“Forte come la morte è l’amore. Sarebbe morta amando. Non era già quella una benedizione per una come lei?”
Giada Trebeschi cambia registro con questo romanzo. Abbandona il thriller storico a cui ci ha abituati e racconta una storia intrisa di sentimento senza mai scadere nel banale o nel melanconico. I personaggi sono forti e arcigni come la terra che li ospita.
I dialoghi sono impreziositi dai passaggi nei tre dialetti parlati in quella zona all’epoca dei fatti, e non mancano diverse chicche storiche, tra cui una serenata che, grazie alla lettura di un QR code stampigliato su una pagina del romanzo, può essere ascoltata in una rivisitazione odierna di Giorgio Rizzo, musicista, scrittore e sceneggiatore siciliano.
Una storia di luci e ombre, dove i punti di intersezione non sono mai chiari. Lo sfumato tra chiaro e scuro cambia di intensità, la verità si nasconde molto spesso dietro a un velo di omertà.
Trama
Catania, 1669. Ancora giovanissima, Agata è costretta dalla famiglia a entrare in un convento di clausura. Poco importa che non abbia alcuna vocazione: le sue suppliche restano inascoltate ed è obbligata a prendere i voti, diventando suor Immacolata. Il suo temperamento ribelle è motivo di diffidenza da parte delle altre monache, e Immacolata si trova presto isolata e malvista. Neppure sua cugina Elisabetta, educanda in attesa del matrimonio, rappresenta per lei motivo di sollievo: la ragazza non perde occasione per denunciare la cugina alla badessa, che le infligge punizioni severissime. Solo l’improvviso arrivo in convento di Maria Grazia, esperta pasticciera, riesce a cambiare qualcosa nella triste monotonia della vita claustrale. Tra lei e Immacolata nasce infatti un’insperata complicità, che si trasforma, giorno dopo giorno, in una vera e propria amicizia. Le due ragazze cominciano a confidarsi, raccontandosi i rispettivi segreti. Ma sono segreti pericolosi. Perché Maria Grazia non è chi dice di essere. Gli eventi tragici e inconfessabili del suo passato potrebbero mettere a rischio la sua vita. E non solo la sua…