Recensione a cura di Matteo Palli
Eliogabalo non è ricordato sui libri di storia per il prestigio conquistato in battaglia, per le imprese, spada in pugno, mirate ad accrescere il prestigio di Roma. A dire la verità è un imperatore minore, conosciuto solo dai profondi amanti del mondo romano, e a molti (tra cui me lo ammetto) abbastanza sconosciuto.
Ma leggendo questo romanzo molti dubbi mi hanno assalito. Scorrendo le molte pagine, più volte mi sono chiesto chi ci stesse raccontando con dovizia, l’autrice.
Un personaggio minore, una meteora nella lunga e importante storia di Roma, un giovane viziato e provocatore, o un qualcosa di altro: un innovatore, un precursore, un uomo (o meglio un giovane), la cui sola sfortuna è stata quella di vivere in un mondo che non era il suo, o che perlomeno non era in grado di apprezzarlo e di capire la portata innovativa e moderna delle sue idee.
Devo dire la verità, alla fine della lettura non mi sono risposto completamente alla domanda.
La profondità del pensiero, nasce dalla curiosità e dallo spirito di osservazione di tutto ciò che lo circonda.
“Si sentiva nell’aria un vago odore di acqua marcia mescolato agli aromi dei fiori e della terra imbevuta di pioggia e riscaldata dal sole. Circondato dai voli di farfalle gialle, Avito era ubriaco di delizia e gioia perfetta. Non stava volentieri con i piccoli figli dei patrizi romani, e quelli non amavano lo strano bambino dai capelli dai riflessi di fiamma, muto, che li scrutava avidamente come se volesse leggerli.”
Ho trovato le idee di Eliogabalo in alcuni passaggi modernissime, mirate a un’integrazione quanto mai attuale come tema, l’avversità verso tutto ciò che è diverso e che non è convenzionale, la paura per ciò che non si conosce.
In altri ho letto un ragazzino messo su un trono per l’ambizione smisurata della madre e soprattutto della nonna, lasciato a “divertirsi” con i suoi eccessi sessuali, a dare sfogo alle sue provocazioni verso una società a lui lontanissima.
Un aspetto veramente singolare e per certi aspetti contraddittorio è la profonda sacralità del suo potere. Si presenta come un sommo sacerdote, quasi come un’incarnazione di un Dio arcaico, portando alla mente investiture molto lontane nel tempo, sicuramente più vicine a culture molto più arcaiche di Roma (il giovane era nato in Siria). Compie riti abbastanza impensabili per un imperatore romano di quel periodo, salvo poi cercare di dare una spinta di modernità alla società che lo vede protagonista.
“Il bambino sentiva che qualcosa in lui si apriva. Andando verso Emesa, si avvicinava alla casa in cui dimorava la sua anima. La realtà raggiungeva il sogno in cui si era sempre rifugiato. Sentiva che quello che era stato diviso si riuniva; sentiva di riunirsi a se stesso e all’Universo. Ai tori sacrificati nel Tempio non spettava la sorte peggiore di qualsiasi altra creatura venuta al mondo. La morte per El Gabal era buona e onorevole, un lavacro di purezza, quasi una liberazione dal macello universale, dal massacro insensato e dal caos.”
La contraddizione quindi è la vera forza trainante di questo libro, raccontato quasi in forma di diario, riportando in fedele ordine temporale i comportamenti del giovane imperatore.
Quando ti vedono passare in corteo a cavallo si innamorano, e non conta più il male che viene detto, e neppure il male che veramente potresti commettere. Riprendiamo a far sognare il mondo. Sarà un trionfo.
A Roma amiamo la sobrietà, la misura, la frugalità. Per te non sarà che mediocrità, ma è quello su cui si fonda il nostro ordine. Le tue stravaganze portano disordine, e non si tratta solo di intemperanze giovanili che possono essere dissipate dall’età matura, ma di una disposizione dell’anima che i te è fermamente radicata.”
La prosa è di ottima qualità, mai banale. I contenuti a volte sono un po’ forti e necessariamente volgari per raccontare gli eccessi e le trasgressioni di Eliogabalo.
Triste è l’ineluttabile senso di morte che aleggia nella mente del giovane imperatore per i brevi anni del suo potere. La consapevolezza costante che i suoi comportamenti, contrapposti alla sete di potere e all’ipocrisia regnante a Roma, lo porteranno alla morte. Ma ciò non gli impedisce di percorrere il suo percorso fatto di riflessioni profonde, dissacranti gesti e provocazioni.
Finisci il romanzo con la certezza di aver letto pagine di indubbia qualità, ma con tanti dubbi davvero sulla statura morale e politica di un personaggio di cui si è parlato sempre troppo poco.
Eliogabalo è stato un precursore, un genio incompreso, o un vizioso provocatore, trascinato dall’ambizione altrui in qualcosa di troppo grande per le sue esili spalle?
Credo che ogni lettore si potrà fare la propria idea al riguardo.
“Nonostante abbia vissuto poco, ho avuto modo di osservare che tutti gli esseri umani, tutti, anche i più potenti, o che si credono tali, sono schiavi delle loro illusioni. Il denaro, la proprietà, la fazione politica, la condizione sociale. Tutto questo è vano. Anche essere maschio o femmina, giovane o vecchio, sano o malato, non ha la minima consistenza. E’ dalle false convinzioni, dalla schiavitù che ci procura da sé, che vorrei liberare chi amo. Tutto quello che siamo, che abbiamo e che facciamo ci viene dai sogni. Questo giorno è eterno. Non importa se le cose domani cambieranno, questo giorno non ce lo toglieranno più. E’ stato, è e sarà. “
Trama
Vario Avito Bassiano, re di Emesa, imperatore di Roma, Sommo Sacerdote del Dio Unico El Gabal, il Sole Invincibile: per tutti, oggi, Eliogabalo, un nome che significa eccesso, scandalo e trasgressione. Ragazzo brillante, talentuoso, profetico e forse megalomane, viene posto sul trono di Roma da un quartetto di donne eccezionali, la prozia Giulia Domna e la nonna Giulia Mesa con le sue due figlie. Eliogabalo nasce in un’epoca molto simile alla nostra, multietnica e multiculturale, che consuma i suoi ultimi bagliori di opulenza alla vigilia di un inevitabile declino, sulla soglia di grandi trasformazioni. La lucida follia e il progetto visionario dell’imperatore non consistono tanto nell’importare a Roma un nuovo culto orientale in aggiunta a quelli consolidati, quanto nel fondere tutti i culti in uno solo, profeticamente anticipando quanto avverrà con l’affermazione del Cristianesimo, senza tuttavia mettere da parte Dioniso. L’imperatore sa di doversi sacrificare, e infatti il suo regno è breve. Presto la rivalità e i contrasti insanabili tra la madre Giulia Soemia e la zia Giulia Mamea mandano in pezzi la concordia della famiglia dei Bassiano ma il prezzo più alto Eliogabalo dovrà pagarlo per aver voluto amare oltre i limiti imposti dalle leggi e dalle convenzioni. Eliogabalo vive in fretta e brucia come una rockstar, e pur restando un re-sacerdote antico, depositario di archetipi e segreti primordiali, inventa la vita moderna, incarnando il mito dell’immaginazione al potere.