Recensione a cura di Luigia Amico
Sulla morte di Anita Garibaldi aleggia tutt’oggi una leggenda secondo cui la moglie del noto rivoluzionario non sarebbe morta per cause naturali, come tutti credono e come attestano documenti ufficiali redatti dopo il ritrovamento del cadavere, ma a causarne il decesso sarebbero state le mani del suo amato Giuseppe.
Segni di strangolamento furono ritrovati sul suo corpo dopo che un gruppo di ragazzini scoprì il cadavere sepolto frettolosamente e malamente presso la landa della pastorana. Si ipotizza che Garibaldi, in fuga dopo il fallimento della Repubblica Romana e braccato dalle truppe austriache, abbia deciso di uccidere sua moglie incinta ma febbricitante e ormai priva di conoscenza perché il suo stato semincosciente avrebbe rallentato ulteriormente la fuga e il rivoluzionario mai avrebbe permesso che la sua adorata Anita potesse cadere nelle mani dei nemici.
Tutto questo ovviamente è legato a credenze popolari tramandate di generazione in generazione, ma l’arguta fantasia dell’autore Andrea Santucci ha saputo cogliere il potenziale di questa storia ed è riuscito a realizzare un giallo storico degno di nota, vincitore tra l’altro del “Premio GialloLuna Nero Notte 2020” per il miglior romanzo inedito.
A cavalcare in prima fila le scene del romanzo non è Anita come tutti potrebbero supporre, ma il capitano della gendarmeria pontificia Giordano Bruno Venettacci (scelta del nome sicuramente sui generis…) cui è chiesto di indagare in via ufficiosa sulla morte della Ribeiro; sono ormai trascorsi cinque anni da quell’infausto giorno e Venettacci, dall’irreprensibile morale, è restio a voler accettare l’incarico, ma il monsignor Bedini, Commissario Pontificio, mosso da un interesse egoistico, non ammette repliche: il capitano e il brigadiere Scaccia dovranno partire alla volta di Ravenna e sbrogliare la matassa di mistero in questione.
“Monsignor Bedini lo aveva incaricato di rincorrere delle ombre, e le ombre, per loro stessa natura, sono impossibili da toccare con mano.”
Giordano Bruno è combattuto ma nulla può contro il volere del suo superiore ed è così che inizia per lui e il suo secondo un’avventura ricca di colpi di scena. Si ritroverà invischiato in un’indagine dai doppi risvolti, troppi misteri e troppi segreti sono stati nascosti in quei cinque anni, troppe le persone coinvolte ma a un certo punto ecco che salta fuori l’omicidio di un’altra donna, avvenuto poco tempo dopo il decesso di Anita.
C’è un nesso tra le due morti? O la comparsa della seconda vittima, di cui non si conoscono le generalità, è solo da attribuirsi a una strana coincidenza?
Venettacci non si dà pace, il suo acume e la sua attenzione ai dettagli, anche i più insignificanti, lo portano a formulare ragionamenti e ipotesi tanto improbabili quanto realistici; la sua concentrazione si focalizza a quel punto sulla donna senza nome e senza volto, c’è qualcosa che gli sfugge…ma cosa?
“Venettacci aveva la capacità di vedere gli sfuggevoli nessi tra le cose che lo aveva portato a essere strumentale nella risoluzione di certi fatti di sangue di particolare efferatezza.”
Non aspettatevi scene adrenaliniche o duelli all’ultimo sangue, è un giallo sviluppato su una struttura narrativa precisa e ben congegnata che segue un rigido schema da cui l’autore non si discosta: delitto, indagine, formulazione delle ipotesi, soluzione del mistero. Basta poco per cadere nella banalità del letto e riletto, ma la bravura di Andrea Santucci sta proprio nel tessere una trama in gradi di tenere alta l’attenzione del lettore seminando dubbi e rimescolando le carte in tavola al momento opportuno. Quando si è convinti di essere vicini alla soluzione del caso ecco che dalla penna dell’autore salta fuori un colpo di scena o un indizio che rimette di nuovo tutto in gioco.
Il lavoro di ricerca c’è ed è “tangibile” in ogni descrizione minuziosamente dettagliata, oserei dire quasi un lavoro maniacale; nulla è lasciato al caso, ogni pezzo del puzzle va a incastrarsi perfettamente a quello successivo. I personaggi si muovono in un contesto storico ben definito e tratteggiato, segno evidente della preparazione e conoscenza dell’autore e quel pizzico di estro permette alle figure realmente vissute di amalgamarsi perfettamente con quelle nate dalla fantasia di Santucci.
Non me ne voglia l’autore, ma ho solo un piccolissimo appunto da fare: il romanzo è ricco di dialoghi serrati e ben strutturati, l’unica pecca, a mio avviso, è l’inserimento dei verbi dichiarativi all’interno del discorso diretto che vanno a interrompere bruscamente il parlato rischiando di far perdere il filo al lettore.
Unica nota questa che non vuole assolutamente gettare ombre sul lavoro certosino e ben equilibrato di Andrea Santucci. A conclusione di questa mia recensione voglio trascrivere un passaggio che credo racchiuda un po’ l’essenza stessa del romanzo e che magari vuole lasciare una porta aperta a un possibile sequel.
“La morte di Anita Garibaldi è stata una terribile tragedia. Tutto il resto è rumore di sottofondo. – È qui che vi sbagliate – replicò la voce mentre si avvicinava alla porta. –Tutto il resto è leggenda.”
Trama
Giordano Venettacci è un giovane capitano della gendarmeria pontificia nella Roma del 1854. Le sue capacità attirano l’attenzione di un ecclesiastico di alto rango, che chiede a Venettacci di svolgere un’indagine molto delicata. Cinque anni prima, nella campagna romagnola, era stato rinvenuto un cadavere illustre, quello di Anita Ribeiro da Silva, moglie di Giuseppe Garibaldi. L’alto prelato rivela a Venettacci che nel corso dell’inchiesta ufficiale sono emerse alcune incongruenze che potrebbero far pensare che dietro la morte di Anita, avvenuta (in via ufficiale per malaria) nella notte del 4 agosto 1849, possa celarsi un omicidio e gli chiede di condurre una seconda indagine sulla vicenda. Venettacci scopre ben presto che la morte di Anita Garibaldi non è nient’altro che un sottile velo dietro al quale si celano antichi segreti, intrighi e delitti dimenticati.