Recensione a cura di Roberto Orsi
“Come la rosa è bella finchè resta sullo stelo ma perde la sua grazia quando viene recisa, cosi la vergine che perde il suo fiore non ha più valore per i suoi amanti” – L’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.
La città di Venezia della seconda metà del Cinquecento è la scenografia principale del secondo romanzo di Antonella Favaro.
Nella sua precedente pubblicazione, “I cavalieri di Venezia”, l’autrice ha presentato ai lettori le vicende legate alla famiglia Bernardo, una casata nobile, proprietaria più di cinque secoli fa di una villa a Peseggia in provincia di Venezia. Sta di fatto che in quella villa, denominata Ca’ Bernardo appunto, l’autrice ha vissuto per molti anni, facendosi ammaliare e rimanendo completamente rapita dalla storia di questo casato.
“Una battaglia tra l’amore e l’onore nella Venezia rinascimentale” recita la copertina del libro edito da Gaspari Editore. “Il Patrizio e la Cortigiana”, a differenza del primo romanzo scritto su un doppio binario temporale, si svolge interamente in un arco di tempo che va dal 1556 al 1576. Il patrizio in questione è Zanbattista Bernardo.
Zanbattista, detto Zuan, è un nobile dedito alla carriera politica in una città lagunare che ha attraversato negli ultimi anni una sorta di conversione: da potenza marittimo-commerciale a Città-Stato con importanti possedimenti sulla terraferma e giochi di alleanze politiche con gli altri stati italiani.
“Molti anni prima la grandezza di Venezia traeva forza essenzialmente dalla nobile arte della mercatura, il patrizio per eccellenza era prima di tutto un mercante, oltre che un uomo dedito al servizio dello Stato. Ma in seguito le cose erano cambiate.”
La Cortigiana è una delle più importanti di tutti i tempi: Veronica Franco. Figlia di Francesco Franco e Paola Fracassa, cresciuta nell’agiatezza e con gli insegnamenti della madre che fin da subito la spingono verso lo sfruttamento della propria immagine, della propria bellezza e sensualità. La vita da cortigiana sembra essere il suo destino annunciato, ma Veronica, almeno inizialmente, si oppone a quanto voluto dalla madre.
Si prodiga molto nello studio dei classici e della filosofia e all’età di venti anni viene iscritta nel Catalogo de tutte le principal et più honorate cortigiane di Venetia. Partecipa a salotti culturali e circoli letterari che coinvolgono i volti più importanti della Venezia rinascimentale: senatori, filosofi, scrittori, dottori, quasi nessuno resiste al fascino di Veronica Franco.
La fanciulla “dai soffici e ricci capelli rossi” incarna i criteri di bellezza, passione e intelligenza a cui ogni uomo ambisce. E lo stesso Zuan non può rimanerne indenne. Fin da subito il suo incontro con la giovane Veronica accende un fuoco che arde per lungo tempo. Ma si tratta di un trasporto e un sentimento che non possono vivere alla luce del sole. I due personaggi hanno un legame forte e impossibile da recidere.
Le loro vite scorrono parallele nel racconto di Antonella Favaro, le strade si incrociano solo a tratti. Zuan segue la carriera politica, uomo integerrimo e con un forte senso dell’onore e del dovere. Il lettore lo segue nel suo incarico come Capitano della Città di Vicenza e nel suo viaggio a Roma al fianco dello zio acquisito, il cardinale Amulio, all’epoca del conclave che portò Pio V sul soglio pontificio.
Veronica affronta il suo destino, riuscendo a trovare con il tempo il suo posto nel mondo e diventando una delle più importanti cortigiane che la Storia ricordi.
“Aveva capito da tempo che ogni uomo era diverso dall’altro e aveva esigenze diverse. La sua abilità era l’ascolto, che si traduceva poi nel sapere esaudire i desideri più reconditi o bizzarri, che spesso nemmeno il suo cliente di turno avrebbe avuto il coraggio di ammettere”.
Amore e onore, lealtà e passione, dovere e appartenenza. Un libro intriso di sentimenti che l’autrice racconta con una delicatezza encomiabile. Rispetto al primo volume, che assume un connotato più avventuroso, questo romanzo ricade prettamente nel genere storico sentimentale, senza perdere d’occhio la Storia di quel tempo. Gli usi e i costumi del tempo rivivono grazie ai tantissimi particolari e dettagli riportati nel romanzo, come gli abiti delle cortigiane o gli ornamenti dei grandi saloni cinquecenteschi.
Non manca la Storia dell’arte con grandi nomi quali Tintoretto, Tiziano e Paolo Veronese, che in quegli anni contribuirono enormemente alla maestosità delle grandi opere giunte fino a noi.
Antonella Favaro, prendendo spunto dalla memoria racchiusa nelle mura di Ca’ Bernardo a Peseggia, racconta le vite di uomini e donne del passato ricostruendo un’ambientazione storica accurata e ben definita. Con il romanzo dedicato a Zuan Bernardo e Veronica Franco, l’autrice racconta episodi e sensazioni tipiche dell’individuo. Si entra in empatia con i personaggi, messi a nudo con i loro sentimenti, di fronte ai bivi che la vita inevitabilmente ci pone sulla strada.
Il Patrizio e la Cortigiana diventano, quindi, lo specchio di una società che non esiste più nella sua concezione più ampia, ma che in realtà non è cambiata se la guardiamo dal punto di vista dell’emotività e del sentire umano.
Trama
Venezia, seconda metà del Cinquecento: la vita spensierata di Zuan Bernardo, giovane nobile veneziano, viene improvvisamente sconvolta a causa del matrimonio con una donna in attesa di un figlio non suo. Zuan si troverà a dover scegliere tra ciò che gli detta il cuore e quello che il suo lignaggio e la morale del tempo gli impongono in un’estenuante battaglia tra l’amore impossibile e i suoi doveri di buon patrizio. Sulla sua strada incontrerà personaggi come Palladio e Veronese, ma, soprattutto, la più famosa cortigiana veneziana di tutti i tempi: Veronica Franco. Il romanzo è ispirato a una storia vera, emersa dai ricchi archivi veneziani, trasformata in un affresco della Venezia rinascimentale. Un dipinto che tratteggia un’epoca ormai lontana ma con passioni e sentimenti senza tempo.