Questa mattina abbiamo pubblicato il toccante racconto dell’eruzione del Vesuvio che nel mese di Ottobre del 79 d.C. distrusse le città di Pompei ed Ercolano, grazie a questo articolo di Armando Carravetta,
In questo articolo raggruppiamo una serie di suggerimenti di lettura per chi volesse approfondire la loro Storia.
Il 24 ottobre del 79 d.C. sembra un venerdì qualsiasi a Pompei, una città abitata da circa dodicimila persone che, come innumerevoli altre nell’Impero, lavorano, vanno alle terme, fanno l’amore. Ma alle 13 dal vicino Vesuvius si sprigiona una quantità di energia pari a cinquantamila bombe atomiche e, in meno di venti ore, sotto un diluvio ustionante di ceneri e gas, Pompei è soffocata da sei metri di pomici, mentre la vicina Ercolano viene sepolta sotto venti metri di fanghi compatti. Migliaia di uomini e donne cercano di scappare, invocano gli dèi, ma trovano una morte orribile. E solo in epoca moderna saranno scoperti alcuni dei loro corpi, contorti nella disperazione della fuga. Dopo molti anni passati a studiare la zona vesuviana, con il supporto di archeologi e vulcanologi Alberto Angela ricostruisce come in presa diretta i giorni che ne segnarono il tragico destino. Per farci respirare le atmosfere di quei momenti, individua alcuni personaggi storicamente esistiti la ricca matrona Rectina, un cinico banchiere, un politico ambizioso… – e li segue passo dopo passo, in un percorso che si può fare ancora oggi, per strade, campagne, case o locali pubblici.
È l’alba del novembre 2010. Poco prima che aprano i cancelli ed entrino i visitatori, a Pompei collassa uno degli edifici più celebri, la Schola Armaturarum. La notizia fa il giro del mondo, i giornali italiani e internazionali denunciano a gran voce lo stato di incuria in cui versa il fiore all’occhiello del patrimonio archeologico del nostro Paese. Sono passati quasi dieci anni da allora. Anni intensi e di duro lavoro, che hanno permesso, grazie soprattutto all’avvio del Grande Progetto Pompei, di mettere in sicurezza la maggior parte delle rovine, di riprendere le indagini e gli interventi di scavo, di valorizzare al meglio quello che Chateaubriand definiva “il più meraviglioso museo della Terra”. Massimo Osanna, oggi al secondo mandato da direttore generale del Parco Archeologico, è – insieme a una nutrita squadra di collaboratori – uno dei protagonisti della “resurrezione”, ed è lui a guidarci in queste pagine tra le nuove scoperte realizzate negli ultimi anni. Affreschi, come la celebre immagine di Leda e il cigno rinvenuta nel 2018; splendidi mosaici come nella Casa di Orione, ricchissime domus rimaste sepolte fino a oggi, e ancora pitture, graffiti, architetture che vengono qui presentati per la prima volta in forma estesa al grande pubblico. Al contempo, Osanna ci restituisce “il presente di duemila anni fa”, illustrando con registro divulgativo ma approccio scientifico dove e come vivevano gli uomini e le donne travolti dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., cittadini di una città che non è mai morta davvero. Una biografia dei pompeiani che passa anche per gli oggetti (monete, gioielli, vasi, amuleti) e per le abitudini (dai ludus con i gladiatori e le bestie alla dieta), fino al momento fatale in cui il vulcano irrompe e immobilizza il fluire della vita. Un libro non solo per specialisti, corredato da immagini inedite, capace di farci “ritrovare” il tempo di Pompei, un eterno quotidiano – per molti versi così simile al nostro – conservato nei secoli sotto una spessa coltre di ceneri e lapilli.
Pompei, agosto 79 d.C. Le sorgenti d’acqua alle pendici del Vesuvio si stanno esaurendo, contaminate dallo zolfo. Solo un uomo avverte il pericolo della situazione: Marco Attilio, nuovo responsabile dell’Aqua Augusta. Il suo predecessore è sparito e qualcosa non funziona nell’acquedotto. Sono anche in atto traffici poco puliti, speculazioni, episodi di corruzione. E Marco diventa un problema. Ma ci sono forze che nemmeno il più potente degli imperi potrà mai controllare.
Uscito per la prima volta nel 1958, questo libro è un classico. Dopo la sua pubblicazione, gli studi su Pompei e Ercolano sono stati numerosissimi. Rimane tuttavia intatto il fascino di queste pagine, per la varietà dei temi trattati, per il loro carattere di elzeviri colti, per la loro attualità. Note scientifiche si accompagnano a bozzetti di colore, a prese di posizione sul valore dello scavo, sulla conservazione.
La Campania è stata un tempo felice dimora degli dèi e delle muse, un luogo poi abbandonato dal favore divino. Una terra di cultura, una terra multietnica, alle origini stesse della civiltà romana. Nel 79 d. C, l’esplosione del Vesuvio coprì di un velo di cenere questa luce verde e tranquilla nella natura. A Pompei, dove il tempo si è fermato, Il viaggiatore crede di potere capire nella sua interezza la vita degli antichi. Si tratta di illusione o verità? Questa guida ci porta sui luoghi incantati di Pompei e della Campania per svelarcene ogni segreto.
Pompei è la città più viva delle città morte. Dal Settecento, quando cominciarono gli scavi, ha continuato a parlare, a svelare segreti, a dire l’ingegno, la bellezza, la florida grandezza della civiltà romana. Eva Cantarella e Luciana Jacobelli le hanno già dedicato un libro illustrato, una “guida” intelligente che è anche alla base di questa nuova avventura. Qui, senza rinunciare a un corredo essenziale di immagini, Pompei diventa soprattutto racconto: racconto delle vestigia, dei costumi (i modelli abitativi, i servizi pubblici, gli svaghi), della vita famigliare, dei culti religiosi. Ma non solo: complici le testimonianze e i documenti rinvenuti, le autrici risalgono a storie di vita vissuta, di legami amorosi, di relazioni nell’ambito della politica. Se Jacobelli indaga sul reperto archeologico e da quello trae, con rigore e sapienza, informazioni che accendono l’attenzione, Cantarella esplora il tessuto civile, i miti, le leggende. Ne esce un libro decisamente “narrativo” – che attinge anche all’ampia tradizione di storie tramandate dalla “scoperta” della città in poi, una sorta di germinazione di racconti che è un’altra parte della ricchezza culturale di Pompei. Non manca inoltre il quadro (in verità drammatico) dello stato di conservazione dei reperti, delle losche vicende legate alla gestione del patrimonio, dei tentativi di trovare una soluzione per confermare l’effettiva vitalità di Pompei.
L’anno è il 79 dell’era Cristiana. Il mese, ottobre. In quella che i Romani chiamano ‘Campania Felix’, Campania Felice, la vita scorre, per l’appunto, felice, ricca di sole, di luce, di colori: il mare, i campi, coltivati o punteggiati di enormi mandrie di bufali, di bovini, di pecore o, ancora, disegnati da filari di vigneti. Qui imperatori, senatori, ricchi mercanti e proprietari terrieri, pensatori, intellettuali e artisti, hanno le loro ville, i loro palazzi. Qui c’è anche il cuore della forza militare dell’Impero, la base della sua flotta, delle grandi triremi con cui Roma ha messo sotto controllo il grande mare che, non senza ragione, i romani chiamano ‘Nostrum’, Nostro: da Oriente a Occidente, ogni villaggio, ogni porto, ogni città, ogni insenatura posta lungo le sponde di questo mare appartiene a Roma o a Roma obbedisce. Qui, in definitiva, è il centro, il cuore, del Potere (con la ‘p’ maiuscola) di Roma, dell’Impero. Del Mondo Antico.
Seduto sulla sua sedia da Ammiraglio, Gaio Plinio Secondo, a tutti noto oggi come Plinio il Vecchio osserva tutto questo. Lontano ma pur sempre vicino, il Monte Vesuvio. Da qualche giorno, nubi grigie e polverose escono dalla sua cima, tremolii ora deboli e ora forti scuotono la terra tutto intorno, arrivando fino a Capo Miseno, dove è di stanza la flotta imperiale di cui lui è Comandante. Uno spettacolo irrinunciabile, per uno studioso come Plinio. Tanto da farlo tornare da Roma, dove era andato per sbrigare affari urgenti, di corsa.
È seduto, e osserva: il Vesuvio, la nave, i marinai, i legionari. Osserva e pensa, ricorda la sua vita, dall’amata Comum a Roma, dalla Gallia Transalpina alle terre iberiche e germaniche, a quelle dell’Asia Minore, dalla Galizia alla Bitinia, dalle fredde pianure del nord europeo alle assolate distese di sabbia africane e mediorientali. Gli studi, i lavori, gli scritti. Le persone incontrate. Si è interessato a tutto. Ha studiato di tutto. È stato il primo a parlare di vaccini, a studiare i vaccini; il primo ambientalista della storia con i suoi studi sugli effetti ambientali e sociali dello sfruttamento senza limiti e senza senso delle miniere; in agricoltura ha introdotto il concetto di ‘terroir’. Ha studiato le istituzioni sociali e politiche, di Roma e degli altri regni e delle altre civiltà dell’epoca che lui poteva conoscere. Si è impegnato a fondo per la diffusione della Cultura e dell’Insegnamento, con la ‘c’ e la ‘i’ maiuscole, a tutti e per tutti, quali strumenti per la coesione sociale, la formazione di una società forte. Ha studiato le arti militari, del combattimento. Non si è mai tirato indietro di fronte ad alcuna difficoltà, ad alcuna prova, per quanto difficile, per quanto sconosciuta. Per quanto pericolosa. Nemmeno di fronte ad un vulcano. La sua vita è, ancora oggi, il simbolo stesso, il modello, della vita dello studioso, dello scienziato, di chi il mondo non si limita a calpestarlo ma vuole studiarlo, comprenderlo, capirlo. Anche modificarlo.
Pompei è un unicum nella storia dell’archeologia, una miniera di informazioni non ancora del tutto esplorata. Soprattutto, è una continua riserva di sorprese per gli studiosi, una realtà più complicata e intrigante di ciò che riteniamo di conoscere. Distrutta e messa sottosopra, evacuata e depredata, Pompei serba i segni (e le cicatrici) di storie d’ogni genere, ben oltre lo stereotipo di «città congelata dalla colata lavica» diffuso dai dépliant e dalle guide turistiche. Indagando nel «paradosso di Pompei» in compagnia di Mary Beard scopriamo così che della vita antica che si svolgeva nel centro campano sappiamo contemporaneamente molto più e molto meno di ciò che crediamo. Facendo parlare in modo rigoroso le fonti archeologiche e le rare testimonianze documentarie, infatti, la studiosa inglese ricostruisce la vita quotidiana della città romana nel I secolo in ogni aspetto, dal sesso alla politica, dal cibo alla religione, dalla schiavitù alla cultura.
È il 79 d.C., e sullo sfondo di Pompei si staglia minaccioso il Vesuvio, che si prepara a seppellire la città con la sua forza devastante. Amore e odio, gelosia e passione, inganni e riti magici si consumano in uno dei più amati romanzi di sempre, tra splendori di case e banchetti, feroci combattimenti di gladiatori e i primi messaggi del credo cristiano. Guidati dalla penna di Bulwer-Lytton, scopriamo la vita di tutti i giorni in una civiltà raffinata e dedita alle credenze misteriche, partecipiamo al susseguirsi degli eventi che incalzano i personaggi, emblemi dell’impotenza dell’uomo di fronte alla dirompente forza della Natura. Il vulcano stesso finisce per essere il vero protagonista della vicenda: la sua furia in grado di cancellare un’intera città eleva la contingenza del quotidiano a simbolo della precarietà dell’esistenza.