Articolo a cura di Armando Carravetta
I ritrovamenti di Pompei ed Ercolano hanno arricchito la cultura occidentale, sia dal punto di vista artistico, che dal punto di vista storico. I viaggiatori, che videro le rovine, le statue, e gli oggetti riemersi da secoli di oblio, rimasero segnati indelebilmente dalla visita alle due cittadine, i cui resti davano un senso di maggiore familiarità, rispetto alla grandiosità dei ruderi di Roma.
Gli artisti riproposero nelle loro opere i modelli antichi e gli architetti ripresero la plasticità spaziale degli edifici. I nobili vollero nei loro palazzi decorazioni molto simili a quelle vesuviane, e vasi ceramiche e gioielli che ne riprendevano i temi. Dal punto di vista storico la ricchezza dei ritrovamenti ha avuto un impatto ugualmente forte. La conoscenza della società romana acquisita a Pompei ed Ercolano ha contribuito a riscrivere la storia romana di età imperiale. Lo spaccato di vita quotidiana, che emerge da una visita alle due cittadine, dà sostanza a quanto si legge negli epigrammi di Marziale o nel Satyricon di Petronio.
È chiaro a tutti, però, che Pompei e Ercolano si rivelano profondamente diverse tra loro. In parte, ciò è dovuto alla dimensione e conformazione dell’abitato: più estesa e pianeggiante la prima, più raccolta e scoscesa la seconda. A questa prima diversità si somma, ad accrescere le differenze, la migliore conservazione di Ercolano, le cui case sono spesso integre fino ai piani elevati, e dove persino i mobili e le porte risultano egregiamente conservati. Ne emerge che Pompei desta meraviglia per la grandiosità del paesaggio, aperto e dominato dallo sterminator vesevo, mentre Ercolano si fa apprezzare maggiormente per l’intimità raccolta delle sue strade.
Da dove deriva il diverso stato di conservazione delle due cittadine?
Evidentemente dalla diversa esposizione agli effetti della eruzione. Ve la voglio raccontare, per riportarvi a quel tragico 79 dc.
Pare che fosse ottobre. La giornata era limpida, perché sappiamo che il Vesuvio si vedeva da molto lontano, almeno fino agli estremi del golfo di Napoli. Già da diversi anni si succedevano forti terremoti intorno al vulcano, ritenuto, viceversa, nei secoli precedenti solo un’innocua collina. Molti abitanti già avevano abbandonato le loro case colti da timore per le continue scosse. Improvvisamente quella mattina il Vesuvio esplode, generando una colonna verticale di roccia frantumata, di cenere e lapilli, che si innalza velocemente nell’atmosfera per chilometri. Immaginiamo il terrore di chi viveva alle pendici del vulcano e lo stupore di chi osservava il fenomeno da lontano, come Plinio, al comando della flotta di Miseno! Perso lo slancio dell’esplosione, il materiale comincia a ricadere verso il basso, prima quello più pesante e poi quello più leggero, piombando al suolo come una pioggia mortale. Nelle ore a seguire la sorte delle due cittadine e dei suoi abitanti è la stessa. Occorre stare chiusi in casa per proteggersi da quei dardi infuocati, anche se, in molti casi, i tetti prendono fuoco. Dopo i lapilli, cadono pomici e ceneri, coprendo i fianchi del vulcano con uno spesso strato di materiale bollente; i solai, non resistendo al peso della cenere, crollano e seppelliscono chi si trova in casa.
Erano passate solo poche ore dall’eruzione. Plinio, temendo per la popolazione, si era mosso in soccorso con la flotta; quando raggiunge la costa non riesce a sbarcare, e deve fare rotta verso Stabia, più distante dalla bocca eruttiva.
Ora la sorte di Ercolano cambia rispetto a quella di Pompei. Ercolano è stretta tra il mare e le pendici del vulcano, che in quel punto sono molto scoscese. Il materiale depositato al suolo forma uno strato di enorme spessore e, per il suo stesso peso, frana verso valle, come una valanga. Una massa di terreno infuocato sommerge la città, uccidendo tutti gli abitanti a causa del forte calore. Questo strato di soffice materiale vulcanico ricopre tutti gli edifici che rimangono avvolti come in un bozzolo di seta.
Nel frattempo, il cuore del Vesuvio, la camera magmatica dove prima dell’esplosione c’era la roccia fusa, si è svuotato per effetto dell’eruzione. A Pompei tirano il fiato, perché il vulcano sembra esaurire la sua forza. Della montagna è rimasto solo la crosta esterna, in precario equilibrio. Durante la notte il Vesuvio collassa su sé stesso, frantumandosi, e generando una onda di polvere e gas, che si propaga con furia devastante in tutte le direzioni. Ercolano, che era già ricoperta di cenere, non è ulteriormente danneggiata. Pompei, solo parzialmente sommersa dalla cenere piovuta dall’alto nelle ore precedenti, è presa in pieno dall’onda d’urto. La parte superiore di tutti gli edifici viene completamente distrutta e la città è sepolta per sempre.
L’onda generata dal collasso del cratere si attenua abbastanza rapidamente con la distanza dal vulcano. Sulla spiaggia di Stabia giungono solo i gas, che sono più leggeri della cenere e gli abitanti, pur se terrorizzati, sopravvivono. Il prefetto Plinio, che soffre di problemi respiratori, purtroppo vi troverà la morte. La sua storia e quella del Vesuvio resteranno nella nostra memoria per le lettere che il nipote scriverà successivamente a Tacito per descrivere l’eruzione.
Pompei ed Ercolano torneranno alla luce solo dopo diciassette secoli di oblio. I destini paralleli delle due cittadine e le differenze nella loro sorte ci hanno consentito di ricostruire l’eruzione. Resta evidente a tutti i visitatori la realtà cruda di quei giorni e la tragica meraviglia che ne è scaturita!
Per chi voglia conoscere bene la storia delle eruzioni del Vesuvio, consiglio il magnifico testo:
https://www.doppiavoce.com/casa-editrice/vesuvio/il-vesuvio-e-le-sue-eruzioni-detail
Per chi voglia immergersi nella eruzione e nella vita romana del tempo, con un pizzico di thriller, il mio:
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