Articolo a cura di Raffaelina Di Palma
Molière, insieme a Corneille e Racine, rappresenta uno degli autori più importanti del teatro classico francese del XVII secolo.
Il seicento è considerato il secolo dell’origine del professionismo teatrale in tutta Europa, è anche il secolo in cui esercitano i tre più importanti scrittori di teatro: Molière, Lope de Vega e William Shakespeare. Tutti e tre prendono “forma” nello stesso ambiente. Il teatro di professione è nato da poco e due di loro, Molière e Shakespeare sono anche attori. La loro arte si svolge e cresce all’interno di una compagnia teatrale a cui collaborano stabilmente.
In tutti e tre i casi non è possibile dare un giudizio dell’opera letteraria senza tener conto del vincolo con il teatro pratico. A differenza di Shakespeare, Molière, fu un attore famoso non molto valutato nel genere tragico, ma uno dei più grandi del suo tempo, nel comico.
Figlio di un ricco commerciante, Jean Baptiste Poquelin nasce a Parigi nel gennaio del 1622. Il nonno materno è un assiduo frequentatore di teatro; amante degli spettacoli all’aperto e delle farse. Il giovane Jean Baptiste riceve un’ottima preparazione scolastica nel famoso collegio dei gesuiti di Clermont. Qui gli viene insegnata la filosofia scolastica in latino, oltre ad una perfetta padronanza della retorica
Dopo anni di contrasti con il padre rinuncia per iscritto, davanti al notaio, alla carica ereditaria di tappezziere del re e abbandona la casa paterna per dedicarsi al teatro.
Da quel momento assumerà il nome di Molière.
I suoi primi anni di vita artistica non sono piacevoli: non trova rispondenza nel pubblico e gli insuccessi, come i debiti, si moltiplicano, ma presto gli è chiaro che la commedia è la sua aspirazione perché con essa riesce a esprimersi in maniera naturale e a “disegnare” la psicologia dei personaggi attraverso effetti comici e dissacranti. Soprattutto lo ispirano le eccentricità tipiche della borghesia mondana dell’epoca.
Con questo genere eccelle già con la prima opera; “Le preziose ridicole” (Les prècieuses ridicules), nel 1659. In questa farsa fa emergere insieme alla comicità una esatta realtà simultanea e le stravaganze degli svaghi mondani, sottolineandone la goffaggine delle espressioni e del linguaggio; esalta ironicamente i pedanti, i vanitosi e i falsi sapienti.
È l’intrigo comico l’argomento principale di tutte le sue commedie, con il qui pro quo che prevale in un ambito in cui ognuno si preoccupa esclusivamente di se stesso.
Molte volte i suoi spettacoli vengono interrotti, ma il re, Luigi XIV, toglie ogni volta tutti i divieti.
La radice della parola “trama”, nel lessico teatrale di Molière, è sinonimo dell’intreccio dei casi che costituiscono la vicenda stessa rappresentata sul palcoscenico. Nel loro interno si susseguono i “colpi di scena”; con accadimenti imprevisti che modificano via via la vicenda creando una sana conflittualità dalla quale scaturisce, pur nella sua complessità, quella passione così ricca di fascino che lascia stupefatti e cattura per sempre.
Il Malato Immaginario, L’Avaro, Il misantropo, Don Giovanni, sono tra le opere più famose di Moliere; la particolarità delle sue commedie sono il teatro “in” azione.
Basato sulla gestualità, nel succedersi dei suoni, di accenti, di movimenti, nella vivacità e nel ritmo, i dialoghi scorrono come cicli temporali, il susseguirsi delle stagioni, delle età, acquistando un proprio ritmo interno: acquisiscono, apparentemente, una vena poetica che illude lo spettatore a intravedere un moto sentimentale; un filo che si snoda da un personaggio all’altro, ma che alla fine svela i loro difetti senza veli e senza ipocrisie.
Molière, infatti, non descrive i suoi personaggi fisicamente, mentre da largo spazio alla parte psicologica del loro carattere che è il vero motore della trama.
In ogni commedia chiarisce subito, fin dall’inizio, il tema centrale della vicenda seguendo il filo originale con uno svolgimento logico, chiaro e coerente.
Arpagone: l’avaro, prigioniero del suo stesso vizio, si lascia andare ai sentimentalismi soltanto dopo averne valutato i risvolti economici.
Argan: il malato immaginario, uno strano eroe della salute, che difende il suo piccolo spazio e solo lì si sente protetto: non si rassegna all’idea che la vita sia una realtà mortale e alla fine si lascia sedurre e si abbandona ai medici. Inganna, gioca e raggira la malattia: credendo così di ingannare anche la morte.
Alceste: il misantropo, è un intollerante visionario che pretende un comportamento senza ipocrisie e senza compromessi, non riesce ad armonizzare i propri principi etici con lo stile della società in cui vive e questo lo condanna ad una vita solitaria.
Da il monologo di Don Giovanni: Atto Primo – Scena Seconda
“Come! Vorresti che un uomo fosse costretto a limitarsi alla prima donna che gli piace, che rinunciasse per lei a vivere e che non avesse più occhi per nessun’altra? No, no, la costanza è la virtù delle persone da poco…”
Da questa prima frase del monologo del Don Giovanni di Molière si può capire la psicologia di questo personaggio che ormai è entrato a far parte della cultura europea. Questo donnaiolo impenitente inventato da Tirso de Molina che scrisse la commedia “L’Ingannatore di Siviglia” nel 1616. Pseudonimo di Gabriel Tèllez, un frate convertitosi alla letteratura e al teatro; perché servisse come monito ai trasgressori della morale e della legge divina.
Molière intraprende una lunga lotta per difendere il suo teatro: tutto il clero di Francia si schiera contro di lui.
In questi anni di attacchi crudeli contro di lui gli causano problemi di salute, non solo del corpo, ma anche dell’animo e lui usa il teatro come un baluardo per attaccare e per difendersi: mentre la benevolenza del re si affievolisce.
Le situazioni delle sue commedie, le imprime nei suoi attori che, grazie alla sua dissacrante ironia ne delineano l’angoscia, la desolazione o la gioia dei personaggi: essi vivono lo stesso sconvolgimento e lo trasmettono agli spettatori. I suoi valori consolidati che sono quelli che restano del nucleo sociale e individuale al quale essi appartengono, si dipanano attraverso il filo della malinconia, ma che ricuce anno dopo anno, la vita passata.
Molière impersona, ancora oggi, l’essenza stessa del teatro: ne ha cambiato il panorama esaminando e analizzando profondamente la società del suo tempo nel quale ritroviamo, intatto, il nostro.
Nella sua passione teatrale si intravede un canovaccio confezionato abilmente al quale il bravo attore dà il gusto della finzione e lo trasforma in un documento di costume: la recitazione gli dà la possibilità di nascondersi sotto un’altra identità senza fare carte false. E’ proprio questo lo scopo del grande drammaturgo: raccontare la verità senza maschere!
Ogni volta che assistiamo ad una commedia di Molière lo possiamo “vedere”che strizza l’occhio alla platea coinvolgendone gli umori e la fantasia.
Curiosità
Lungo la centralissima Rue du Pont-Neuf, a pochi passi dal Museo del Louvre e dalla Rue de Rivoli, si trova una curiosità che a Parigi in pochi conoscono. Superata la Cappella del XIII secolo dedicata a Santa Caterina, si arriva al n° civico 31.
A questo indirizzo non potrete non notare un’elegante insegna commemorativa che ricorda l’edificio dove nacque Molière nel 1620. Tutto molto bello, se non che il grande drammaturgo francese nacque in realtà a qualche centinaio di metri da lì, ovvero nell’edificio situato all’angolo tra la rue Sauval e la rue Saint-Honoré, come attesta un’altra targa ufficiale.
17 febbraio 1673 Un anno dopo la morte di Madeleine Béjart, Molière (che, nonostante sia stremato dalla malattia vuole andare in scena “per non privare del guadagno cinquanta poveri lavoratori che non hanno che l’incasso per vivere”) ha un attacco di tosse convulsa mentre sta recitando la sua ultima commedia (la trentesima), dal titolo meravigliosamente ironico: Il malato immaginario. Viene trasportato a casa sulla sua poltrona di scena. Muore poco dopo. Perché abbia sepoltura cristiana deve intervenire il re. Il re unisce gli ex compagni di Molière alla compagnia del Marais, che diventa così una rivale temibile della compagnia del Bourgogne.
Nel 1641 porta a termine gli studi di diritto, e diviene avvocato. Comincia a frequentare gli ambienti teatrali, conosce il famoso Scaramuccia Tiberio Fiorilli e intrattiene una relazione con la ventiduenne Madeleine Béjart, giovane attrice rossa di capelli, già madre di un figlio avuto dalla precedente relazione con il Barone di Modène Esprit de Raymond de Mormoiron. Con l’aiuto di tale donna colta e capace di condurre con intelligenza i propri affari, leale e devota, organizza una compagnia teatrale che servirà a Molière per capire la propria vocazione di attore.
Dopo un soggiorno a Rouen con la sua compagnia, la Troupe de Monsieur, nome accordatole da Filippo d’Orléans, torna a Parigi nel 1658.
Il 24 ottobre 1658 la compagnia recita davanti a re Luigi XIV, il quale si entusiasma solo con la farsa “Il dottore amoroso” (Le Docteur amoureux), scritta dallo stesso Molière (il testo dell’opera sarebbe stato ritrovato e pubblicato solo nel 1960).