La sera di Natale abbiamo assistito a una puntata straordinaria di “Stanotte a Napoli”, il programma di Rai 1 condotto da Alberto Angela, che ci ha parlato delle meraviglie di una città ricca di fascino e storia. Tra le figure più importanti di Napoli non poteva non essere citato San Gennaro.
Armando Carravetta, autore e amico di TSD, ha pensato di scrivere questo articolo per parlarci del legame tra la città e il suo patrono.
Articolo a cura di Armando Carravetta
Napoli una città che coniuga e rende inscindibili storia, mito e religiosità. Per questo continua ad affascinare e a mostrare una enorme vivacità culturale. Racchiusa per oltre due millenni nel perimetro della citta greco-romana, è cresciuta su se stessa, cavando dalle sue viscere la pietra di tufo che è servita per edificare i suoi palazzi.
Pur non cambiando i suoi limiti fisici, a partire dal medioevo, Napoli incrementò la sua popolazione, che nella metà del Cinquecento contava circa 200000 abitanti. L’acqua, bene vitale, era rifornita ancora attraverso l’acquedotto greco, con un sistema di canali sotterranei e pozzi. Per l’assenza di fognatura e l’apertura delle numerose cave di pietra necessarie per edificare i suoi palazzi, l’acquedotto divenne sempre più vulnerabile e non c’è da meravigliarsi che scoppiassero periodiche epidemie di peste. Quella più drammatica nel 1656 falcidiò quasi la metà della popolazione.
Sin qui la storia e il motivo per cui il popolo cercava sovente l’aiuto di San Gennaro per essere liberato da quella piaga.
Di fronte a questa invocazione venne redatto un vero e proprio contratto tra la città e il santo, da cui sono nate una serie di norme che fino a oggi hanno regolato la devozione popolare.
Il contratto con San Gennaro
Questo contratto particolarissimo nasce, come vi mostrerò, dalla unicità della città e del suo popolo.
Per la citata caratteristica di crescere su se stessa, Napoli ha sempre presentato una forte eterogeneità sociale: in tutti i quartieri grandiosi palazzi gentilizi si alternano a miserabili catapecchie. Ciò ha contribuito a mantenere intatta, almeno fino alla fine dell’Ottocento una economia basata sulla familia estesa romana, con forti rapporti di clientela tra nobili e popolo. Direi che una aberrazione di questo rapporto di clientela si ritrova ancora nella affiliazione alle famiglie camorristiche, ma lascio l’argomento ai sociologhi.
Or dunque -espressione desueta ma efficace-, quando si andò a formalizzare l’accordo col santo, il popolo decise di farsi rappresentare dai nobili Eletti dei quattro sedili della città, costituendo un fondo pubblico per la costruzione della cappella e del tabernacolo.
Il momento creativo nacque nelle modalità di istituzione di quella che oggi chiameremmo probabilmente una fondazione. Qui si coniugano la confidenza del napoletano con l’aldilà e la sapienza notarile per ottenere un unicum straordinario: un contratto tra il popolo e San Gennaro. Il particolare rapporto del popolo di Napoli con i morti è ancora riconoscibile e la più celebre espressione la ritroviamo nel cimitero delle Fontanelle.
Nel contempo la sapienza notarile era garantita dalla università fredericiana, all’epoca già attiva da tre secoli, il cui nucleo originario era proprio incentrato sugli studi giuridici.
Riporto, rivisti per renderli comprensibili, alcuni passi dell’atto notarile:
Il giorno 13 gennaio 1527 in Napoli nella Maggiore Chiesa dinanzi a noi si sono costituiti i Signori Eletti della città di Napoli, i quali, mossi dal fervore della devozione, fanno voto di donare undicimila ducati dei denari pubblici per lo Tabernacolo (Cappella) e diecimila per lo Sacello dove riporre il reliquiario del Beato Gennaro, protettore della città, accioché interceda davanti a Dio per la liberazione dalla peste.
Andrebbe anche approfondita quella che chiamerei la “religiosità laica” della città partenopea che nel contratto si manifesta appieno, quando viene rivendicata in favore della città la proprietà perpetua della cappella. Questa insofferenza verso il potere spirituale portò Napoli a essere probabilmente l’unica città europea che rifiutò la santa inquisizione, pur avendo tra le sue mura, come si narra, più di cento conventi. Ecco un secondo stralcio dall’atto notarile:
Gli stessi Eletti stabiliscono e chiedono che il Reverendissimo Signor Arcivescovo, ed i suoi successori che nel tempo saranno, non possano disporre di detta Cappella e di quanto in essa contenuto.
Il culto di San Gennaro oggi
I frutti di questo legame tra Napoli e il suo santo sono visibili ovunque, a cominciare dalla religiosità popolare, mantenuta viva nei secoli per effetto della confidenza con cui il napoletano si rivolge a San Gennaro. “Faccia gialla” lo chiamano ancora oggi le donne istituzionalmente addette al culto, dette le parenti di San Gennaro, quando invocano il miracolo dello scioglimento del sangue, riferendosi al busto dorato esposto nella cappella del duomo.
Una confidenza presente ancora oggi tra la gente! Basta guardare nell’immenso murales di Jorit a Forcella, dove il santo nella ricchezza dei paramenti sacri porta impresse sul volto le stimmate della sofferenza della Napoli moderna.
Quanto agli effetti del contratto, questi sono sotto gli sguardi di tutti.
La sede del culto, la cappella di San Gennaro, pur essendo integrata nella cattedrale, è rimasta di proprietà della città. La deputazione ha accresciuto il tesoro del santo, grazie alle donazioni di principi e re, rendendolo una meraviglia unica la mondo.
Anche San Gennaro ha mantenuto fede al patto con il suo popolo. In ogni difficoltà la speranza in un suo intervento è sempre viva e il miracolo dello scioglimento del suo sangue è atteso ancora con ansia, due volte all’anno, come auspicio di salute per la città. Quando il miracolo avviene è un membro della deputazione a segnalare il prodigio al popolo di Napoli sventolando il suo candido fazzoletto bianco!
Per approfondimenti:
Per qualche appassionato di noir:
Una anziana donna scomparsa, devota di San Gennaro, e un cadavere ritrovato nel mare di Posillipo, nelle vicinanze della residenza estiva del Presidente della Repubblica, sono i riferimenti del nuovo caso all’attenzione del sostituto Esposito, lo sgangherato spazzino investigatore. A richiedere l’intervento del nostro protagonista è addirittura la Deputazione del Tesoro di San Gennaro, in quanto la donna è una parente del santo. Piano piano il sostituto Esposito troverà la chiave di lettura tra gli indizi che recupera grazie alla sua ostinazione e ai metodi tutt’altro che convenzionali, ma altre sorprese sono dietro l’angolo! Nel corso dell’indagine, il nostro investigatore ci farà scoprire tanti angoli insoliti di Napoli, in una continua alternanza tra la città tradizionale e quella contemporanea, tra la poesia di un tempo e la cruda realtà di oggi.