Intervista a cura di Renato Carlo Miradoli
Benvenuti alla trasmissione “Le Interviste Impossibili”. È qui con noi l’imperatore Tiberius Iulius Caesar Augustus, nato Tiberius Claudius Nero. Cosa vede di impossibile nella sua intervista, mi scusi?
Tiberio: Non sei molto acuto, caro intervistatore. Mi sembra ovvio, il fatto che sono morto! E quindi non è possibile intervistarmi. Voi contemporanei siete molto complicati, noi romani antichi siamo molto semplici e diretti.
Senta, come dobbiamo rivolgerci a Tiberio Imperatore? Divino? Augusto? Maestà è moderno ed è entrato in uso dopo il ‘600 del secondo millennio dopo Cristo.
Tiberio: Innanzitutto la forma di cortesia è moderna, devi darmi del tu, amico mio, e chiamarmi Divo Cesare, anche se sono sempre stato un po’ repubblicano, non lo nascondo, o almeno così sono state lette alcune delle mie azioni, soprattutto quelle volte a rispettare l’autorità del Senato; quanto al nome Tiberio, ho scoperto che è un nome ancora diffuso anche in questo millennio. Insomma, qualcosa è rimasto di me, mi fa piacere.
Sulla fede repubblicana, che ci dici di Tacito e delle sue memorie in cui ti accusa di aver tradito proprio la causa repubblicana?
Tiberio: Tacito è… come si dice ora stultus… ah sì: non direi mai un cretino, diciamo un nostalgico idealista! Ogni forma di Stato può avere il suo fascino, e io ho sempre avuto il debole per quella repubblicana, ma esiste anche il senso dei tempi e bisogna essere pragmatici: non era più tempo. Che poi il termine cretino pare venga dal franco-provenzale Crétin e non è altro che una volgarizzazione di christianus, nel senso di “povero cristiano,” curioso, no? Siamo qui per quello, no? Forza con queste domande sul cristianesimo: ho da fare!
Sì, a proposito il primo segno della presenza dei cristiani a Roma ce lo dà Svetonio nella vita di Claudio Imperatore dove scrive Iudaeos, impulsore Chresto, assidue tumultuantes Roma expulit, che tradotto significa: Espulse da Roma i Giudei che per istigazione di Cresto erano continua causa di disordine, nel 48. Cristo, però, visse gran parte della sua vita e morì sotto Tiberio Imperatore.
Tiberio: se è per questo, già da molti anni, ben prima della mia era, e dell’avvento di Gesù, si susseguivano dalle terre orientali dell’Impero, sempre più religiones incentrate su profeti, personaggi carismatici e trascinatori di folle che dicevano di essere portatori di superstitio, ma in un modo diverso, di essere annunciatori di una nuova era, una diversa divinità, un modo diverso di vivere.
Già sarebbe equivoco il citare Cristo come Cresto… sul quale apparente refuso…
Tiberio: sì, per Giove Pluvio! Sul quale refuso si sono versati fiumi di inutile inchiostro: che χρηστός (chrestòs per chi non sa leggere il greco: c’erano anche ai miei tempi uomini di potere ignoranti: non ne avete voi soltanto il primato, stai tranquillo); dicevo: che χρηστός significhi pure buono, benevolo, cose così ha solo creato ulteriori equivoci, volti a dare un’interpretazione della figura di Gesù. Però, sia chiaro: se i vostri copisti medioevali non sapevano appunto copiare, oppure non sapevano il greco, o se anche erano vittime della discussione sull’itacismo, scusami tanto…
Ad ogni modo Svetonio parla di Gesù…
Tiberio: ma certo, di chi altrimenti: andiamo!
Però fu molto dopo che i cristiani si stabilirono con una presenza a Roma, come appunto si è detto: sotto Claudio. Eppure, sei stato protagonista di vari episodi anche postumi sulla vita di Gesù. Hai convocato Pilato per chiedere a lui conto di aver coinvolto gli ebrei nella decisione di mettere a morte Gesù, mentre il diritto prevedeva che solo l’autorità romana potesse comminare la crocifissione.
Tiberio: Sì è così, peraltro Pilato era il mio prefetto in Galilea e non procuratore come per molti secoli avete creduto sulla base di una imprecisione di Tacito: quelle zone erano sotto l’amministrazione di Roma ma solo in forma di protettorato, formalmente il potere era di Erode Antipa, tetrarca della Galilea e Perea. Zone che periodicamente ci davano problemi, tumulti, insurrezioni, ribellioni di natura diversa. Questo ovviamente complicava già le cose, e l’ultima cosa che Pilato doveva fare era complicarle ulteriormente; lo cacciai: provate anche voi ogni tanto a cacciare gli incapaci fra ministri e populisti vari!
E poco dopo tu, Tiberio, chiedevi, pare nel 35 (due anni prima della tua morte) al Senato di mettere la statua di Gesù nel Pantheon insieme alle altre divinità, questo lo dice Tertulliano nel suo Apologeticum, no?
Tiberio: E voi lasciatelo dire.
Quindi non sarebbe vero? Non lo hai fatto?
Tiberio: Chissà! Comunque ero affascinato un poco da tutte le religioni: nella villa di Capri nei miei ultimi anni della mia vita mi dedicai alla meditazione, ma non avevo mai visto nulla come questo messaggio del Cristo e dei suoi seguaci, che noi come nella citazione di Svetonio chiamavamo ancora ebrei all’inizio non considerandoli diversi dagli altri (anche perché distinguere tra le loro mille sette era complicato, ne nasceva una all’anno!) e il cui nome era arrivato già molti anni prima fino a Roma dell’arrivo della loro comunità.
In che cosa è stato sconvolgente per un romano l’avvento del cristianesimo?
Tiberio: era qualcosa di stravolgente per i romani, al tempo della filosofia scettica dei seguaci della scuola di Pirrone di Elide, nonché stoica (vedi Seneca e company, come direste voi oggi!) oppure di disincantati adepti di una tradizione fatta di lampade a olio accese e statuette dei Lari.
Le prime reazioni alle affermazioni del Galileo furono molto simili, specularmente, a ciò che vivete oggi nella società secolarizzata occidentale: consideravamo imbroglioni o pazzi i credenti, si parlava di resurrezione da morte e di cose illogiche per la cultura greco-romana, ma anche di amare il proprio nemico, del riscatto dei poveri, degli umili, di una spiritualità fatta di speranza per tutti che avrebbe posto rimedio a una sete nuova e diversa di senso della vita.
Interessante questo parallelo storico tra l’uomo contemporaneo del nostro tempo e del primo secolo. E che mi dici di altri aspetti? Che ne pensi Tiberio dell’uomo contemporaneo?
Tiberio: L’uomo è sempre uguale a se stesso, al di là della tecnologia, vi stupite della follia collettiva negazionista di questa o quella epidemia, questo o quel fatto storico anche grave come l’Olocausto voluto dai nazisti; ma, restando ai vostri tempi, se sono state tenute in considerazione persino le parole farneticanti di chi, come Ambrogio Donini, ha negato l’esistenza storica di Gesù come uomo vissuto, siamo a posto. La cosa grave non è la natura umana, ma la follia del pensiero umano, volta a negare i fatti. Siete pieni anche voi di folli di questa natura: devo citare qualche matto che nega la validità dei vaccini o il fatto stesso dell’esistenza dell’ultima vostra pandemia?
Cerchiamo di evitare tasti dolenti politici in questa intervista! Ma dicci proprio di questo: le cose sono andate proprio come dice la saga dei Pisoni narrata nel libro di Miradoli il cui il primo romanzo sarebbe proprio l’epistola che il tuo legato, uno dei Pisoni, che tu hai mandato a indagare, ti indirizzò sulla morte di Cristo?
Tiberio: e io che ne so? Lo sapete (se lo sapete) voi, oggi se andarono così le cose. Chi vive la storia del suo tempo, anche da protagonista, come il sottoscritto, in fondo è come un piccolo insetto che cammina su una superficie di pietra, e non sa nemmeno se quella pietra è un lastrico, un selciato di una strada, un pavimento di una villa, magari la villa di Nerone, e proprio il giorno in cui egli decise di scatenare la persecuzione, o di un tempio in Giudea di cui poco dopo Tito scatenerà la distruzione, o solo una pietra di uno sperone roccioso delle montagne della Pannonia: se volete sapere bene cosa dice la storia, dovete tenervene sempre molto distanti nel tempo e nel giudizio, avere lo sguardo dall’alto e da distanza temporale. Chissà che cosa si dirà dei vostri tempi fra duemila anni…
Un’ultima domanda: si dice che forse un po’ ti sei convertito, o Tiberio. Oltre alla fede repubblicana hai tradito la religione dei padri?
Tiberio: e se invece fosse il cristianesimo ad essersi convertito alle tradizioni e alle istituzioni di Roma? Guardando ciò che vedo oggi, sembra così. E ricordate che tradire, significa anche trasmettere, trasformare in tradizione, quindi rinnovare e mantenere vivo. Se leggerà la saga dei Pisoni, una grande famiglia storica dell’antica Roma, capirà! Posso aggiungere una ultima cosa non richiesta?
Prego!
Tiberio: dovreste rimettere l’autorità severa dei Prefetti che sono alle dipendenze del ministro degli interni, come avevamo noi e non questi presidenti di regione falsi e corrotti. Le istituzioni repubblicane le avete, avete anche una sorta di democrazia anche se non diretta (fortunatamente!) come nell’antica Atene, ma rappresentativa: l’ordine pubblico, tuttavia, dagli antichi Vigiles istituiti da Augusto ai Prefetti è fondamentale, è la seconda colonna che regge l’architrave della società. Chi non rispetta le regole deve essere punito, ne va della civiltà degna di questo nome e della qualità della vita di una comunità. Dura Lex, sed Lex: la vera libertà è anche adesione a un principio che ne limita l’ambito, non solo libertà da vincoli o libertà di fare. E’ proprio questo il tema della Chronica Pisonum!
Qui si va di nuovo in politica, su questo, ehm, transeamus! Grazie, Tiberio!