Bentrovati, lettori di TSD. Siamo di nuovo nel nostro salotto delle interviste. Oggi ci è venuto a trovare, e lo ringraziamo per questo, Piero Trellini, autore di Danteide (Bompiani edizioni).
Leggiamo la sua scheda, molto ricca e interessante
Ha scritto per la Repubblica, La Stampa, ll Messaggero, il Manifesto, il Post e altri.
Ha pubblicato nel 2019 La partita. Il romanzo di Italia-Brasile (Mondadori; Premio Bancarella Sport, Premio Mastercard Letteratura, Premio Ape, Premio della Giuria Massarosa) e nel 2021 Danteide (Bompiani).
Ha diretto i canali di Leonardo, il portale della Federcalcio e altre testate. Ha lavorato per la comunicazione di Sky, Poste Italiane, Engineering, Sogei, Ministero delle Finanze, Istituto Italiano di Medicina Sociale, Digitalia, Figc, Edindustria e altri.
Da giovane ha inventato il nome Unico (per il modello 740), cercato l’oro in Lapponia, pubblicato un Dizionario dei film e fatto l’investigatore privato (per Tom Ponzi). Da grande ha attraversato la Groenlandia in kayak. Ha visto da vicino Dino Zoff, l’Everest e i tori di Pamplona. Ma si è imbattuto anche negli orsi polari, in Muhammad Ali e in un paio di attentati.
E ora, bando agli indugi e partiamo con le domande.
Cosa ha il suo libro di diverso da tutti gli altri?
È un viaggio nel cervello di Dante. Cerca dunque di scegliere una strada personale ma al tempo stesso solida. Non per merito mio ma dei documenti consultati per scriverlo. La composizione dei singoli capitoli è nata dall’incrocio di fonti cronachistiche, combinate con studi di demografia, biologia, climatologia, genealogia, iconografia, urbanistica, economia e agraria. L’intersezione dei saperi ha generato un centinaio di mappe (molte pubblicate ne libro) attraverso le quali ho provato a cercare connessioni tra i vari ambiti per avere un quadro indicativo di quanto potesse direttamente o indirettamente attraversare la testa di un uomo come Dante nei differenti livelli di spazio e tempo entro i quali si era mosso nei suoi cinquantasei anni.
La verità è che di Dante si è scritto molto ma di lui sappiamo molto poco. Però quell’uomo è vissuto in uno spazio e in un tempo ben definiti. E all’interno di queste coordinate hanno coabitato insieme a lui una serie di figure che sono poi andate a confluire nella Commedia. Qui, infatti, il poeta ha raccolto tutto ciò che di quelle persone aveva letto, visto o ascoltato. Anziché focalizzarmi su di lui, dunque, ho preferito estrapolare quegli individui dalla sua opera per ricollocarli nel loro mondo, provando a osservarli con i suoi occhi.
In “Danteide” edito da Bompiani, lei si concentra sulle circostanze della morte del Sommo Poeta, e le lega alla “guerra del sale” in corso in quegli anni tra due grandi città come Ravenna e Venezia. Cosa ci può dire in merito a questo?
Quello è il tema di uno dei capitoli finali. Fu una concomitanza di eventi di diverso carattere a causare la morte di Dante: c’entrano, per l’appunto, la guerra del sale, la morfologia del territorio nel quale il poeta si trovava in quegli anni, il clima di quei giorni, la reazione del suo corpo e infine il contesto storico, legato incredibilmente alle vicende di Paolo e Francesca. Tutti i personaggi che ruotano attorno alla sua morte sono legati alla storia dei due sfortunati amanti. Lo stesso Guido Novello da Polenta che lo invia a Venezia per evitare la guerra contro Ravenna è il nipote di Francesca. Mentre l’alleato del doge veneziano è il fratello di Paolo. Ma la Commedia è tutta così: un mondo piccolo e compatto che viene scomposto e risistemato secondo altre logiche. Il libro riposiziona le tessere nel loro posto originario per farle apprezzare meglio.
Si parla spesso di mistero della morte della sepoltura di Dante. Quanto c’è di vero e di falso in questo “mistero”?
In realtà il mistero è risolto. Nel libro le prime settanta pagine sono dedicate proprio alla sua risoluzione. È un lungo giallo che ha lati misteriosi e divertenti al tempo stesso. Tutto inizia da una scatola di legno che salta fuori da un muro durante i lavori di restauro per le celebrazioni dantesche del 1865. Da lì in avanti l’incredibile storia attraversa un arco di tempo corrispondente agli anni che Dante ha vissuto. Si risolve infatti solo nel 1921 in occasione del sesto centenario della morte.
Dante oggi: ha ancora senso una critica dantesca o tutto è già stesso detto e scritto?
Non ho toccato l’aspetto critico per una mia ferma volontà. Il lavoro è stato quello di ricostruire le storie nascoste o dimenticate per capire meglio cosa ci stesse raccontando Dante, chi fossero quelle persone, perché avesse scelto di parlarci di determinati episodi. C’è un perché in ogni scelta e il libro cerca di rispondere a tutti gli interrogativi in maniera narrativa. I protagonisti della Commedia facevano parte del mondo di Dante, anche quelli che vivevano fuori Firenze, la vicenda Paolo e Francesca ambientata in Romagna, non compare in alcun testo storico dell’epoca ma Paolo, il padre di lui e il padre di Francesca facevano comunque parte della quotidianità fiorentina, erano sotto gli occhi di Dante. Lo stesso vale per Ugolino, anche se la sua vicenda è ambientata tra Pisa e la Sardegna: suo nipote Nino e sua figlia Gherardesca avevano conosciuto Dante e lui aveva conosciuto le loro storie. Ma questo vale per tanti altri personaggi della Commedia. Tutti hanno storie incredibili e, cosa stupefacente, tutti, ripeto, sono intrecciati tra loro.
Ravenna e Firenze: che rapporto ebbe Dante con queste due città?
Beh, è una storia complessa. Detto semplicemente sono l’alfa e l’omega. In una è nato e nell’altra è morto. Ma a parte questo Firenze è stata una incredibile fonte di ispirazione per lui. La Commedia doveva parlare del suo mondo. Per questo tra i personaggi da inserire preferì i contemporanei, tra loro gli italiani, soprattutto toscani, specialmente fiorentini. Li collocò quasi tutti all’inferno, per spirito di vendetta e desiderio di rivalsa. Perché Dante era un uomo che viveva nel suo mondo. Quindi con i suoi ideali ma anche con le sue passioni. A Ravenna trovò invece l’ultimo rifugio ma questo poi, per una incredibile serie di coincidenze, si rivelò per lui fatale.
Se Dante potesse incontrare i ragazzi nelle scuole per “promuovere” la sua opera (come avviene spesso con tanti scrittori oggi), cosa direbbe loro?
La “persona Dante” e il “tempo presente” non sono poi così sovrapponibili. Nonostante la sua modernità il sommo poeta era un uomo del Medioevo e aveva parametri ideologici inapplicabili oggi. Se potessi invece parlare al suo posto cercherei di smontare la sua opera per mostrarne da una parte i meccanismi tecnici e strutturali (non così diversi da quelli di una serie televisiva) e dall’altra chi fossero da vivi quei personaggi e che relazione avessero con lui. Che poi è il lavoro contenuto nel libro.
Ringrazio molto Piero Trellini per essere stato nostro ospite.
Grazie a te Roberto
Ci congediamo così dall’autore ospite di oggi ma ricordiamo ai lettori il suo libro “Danteide”
Sono le dieci del mattino del 27 maggio 1865.
A Ravenna due manovali trovano per caso una cassetta di legno. Stanno per gettarla tra le macerie quando qualcuno nota sul coperchio una scritta: Dantis Ossa. La scoperta muove una città intera, e un vortice di persone – assessori, periti, notai, medici e scienziati – inizia a ruotare attorno a una sola ossessione: la testa di Dante. Tutti vogliono sapere perché quel cranio si trovi lì, quale sia la sua storia e soprattutto il peso del suo cervello.
Per conoscerne la grandezza in realtà bastava vedere cosa avesse prodotto: la Commedia, il più bel libro mai scritto dagli uomini. Dante lo aveva creato attingendo da ciò che aveva vissuto, rubando saperi, storie e segreti, e lo aveva popolato di figure per lui familiari, quelle che avevano respirato la sua stessa aria: Paolo e Francesca, il conte Ugolino, Farinata, Cavalcanti, Guido da Montefeltro, Ezzelino e gli altri. Erano tutti legati. Eppure un mondo così piccolo era diventato una storia universale.
Come Dante ci sia riuscito rimane un mistero.
Per provare a svelarlo e a sfiorare un brandello di verità resta forse una sola possibilità: evitare di guardare lui per guardare ciò che guardò lui. Prendere quindi gli uomini che attraversarono la sua iride per distribuirli in una storia. E tentare così di vivere, con i suoi occhi, le vite degli altri.
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