Il 22 giugno sono usciti il quarto e il quinto libro del grande progetto editoriale, curato da Franco Forte, dedicato ai Sette Re di Roma: “Anco Marzio – L’ultimo Sabino” e “Tarquinio Prisco – L’Etrusco”.
Domande a cura di Laura Pitzalis
Oggi abbiamo il grande piacere di intervistare gli autori del quarto libro “Anco Marzio. L’ultimo sabino”. Diamo il benvenuto sulle pagine di TSD a Luca Di Gialleonardo, Liudmila Gospodinoff.
Prima di tutto posso darvi del tu?
Del voi è meglio, visto che siamo due! 🙂
Come vi siete incontrati, com’è stato lavorare insieme, organizzarvi il lavoro? Avete avuto altre esperienze di romanzi scritti con altre persone?
Ci siamo incontrati tanti anni fa in un corso di Franco Forte, che da allora è sempre stato nostro mentore. Insieme, abbiamo scritto un giallo, “Il paradosso dell’arciere”, che è stato pubblicato sui Gialli Mondadori nel mese di giugno appena passato. Entrambi abbiamo avuto esperienze di scrittura collettiva anche con altri autori. Per molti la scrittura è qualcosa di molto intimo, ma a nostro avviso mettere a fattor comune le proprie capacità, divertirsi insieme così come discutere all’occorrenza, consente di superare i propri limiti e di ottenere un risultato che spesso è sorprendente per gli autori stessi.
Mi ha sempre incuriosito il romanzo scritto a più mani, ho sempre cercato di capire come si può coordinare un lavoro letterario cercando di amalgamare le diverse idee, le diverse ricerche di fonti storiche, i diversi stili narrativi. Quante discussioni ci sono state e quante stesure prima di avere il romanzo finito?
Luca e Liudmila siete stati voi a scegliere il re da raccontare, Anco Marzio?
LUCA: Il progetto dei Sette re di Roma nasce da un’idea di Franco, che ha raccolto un gruppo di autori che conosceva già molto bene. Lui ha seguito tutta la serie, mentre i singoli romanzi sono poi stati affidati a coppie di autori (tranne Romolo, che Franco ha scritto in coppia con Guido Anselmi), lasciando a noi la scelta delle coppie e del re da prendere in carico.
Io e Liu ci siamo subito offerti per lavorare insieme, dato che avevamo già lavorato in coppia e sapevamo come muoverci, mentre il re lo ha scelto Liudmila. Tutti insieme, abbiamo costruito una timeline comune e poi impostato delle possibili trame approvate da Franco, che ha continuato a seguire tutte le coppie durante la stesura, come uno show runner che segue i diversi sceneggiatori che lavorano alle singole puntate di una serie tv. Ogni gruppo di autori, continuamente, doveva coordinarsi con gli altri, per fare in modo che tutti i romanzi fossero coerenti. L’ultima ripassata è poi stata seguita da Franco, che ha lavorato per rendere unitario anche lo stile dei diversi libri, così che un lettore non dovesse trovarsi spaesato nel passare da un re all’altro.
LIUDMILA: Quando studiavo il nome dei sette re di Roma, alle elementari, quando dicevo “Anco Marzio”, sentivo che si trattava del mio re, anche se non ne conoscevo il motivo (forse perché sono nata di marzo?). Come si può disattendere un pronostico così misterioso e così lontano nel tempo?
Qual è stata la parte più difficile nella stesura del romanzo, la ricerca e studio dei documenti storici, lo stile narrativo o come impostare i dialoghi?
Di certo la ricerca non è stata semplice, perché la gran parte delle fonti storiche sono state scritte secoli dopo i fatti e quindi sono ammantate di leggenda. Il grosso del lavoro è stato prendere la leggenda e capire come potrebbero essersi svolti i fatti che hanno portato Tito Livio e gli altri a raccontare in quel modo la nascita di Roma. Ma anche ricostruire la Roma arcaica dei re non è stato per nulla semplice, perché tutti siamo abituati a vedere una Roma fastosa, quella dell’età imperiale, che però è molto successiva. I primi romani vivevano dentro le capanne, costretti a stare sui colli per non essere sommersi dal fango e le alluvioni del Tevere. Anzi, ci siamo divertiti molto nel mostrare questa crescita di Roma e proprio nel quarto romanzo si vede il passaggio da una Roma arcaica a una più moderna, con le capanne sostituite dalle prime case in pietra e uno stile di vita sempre più vicino a quello che conosciamo.
Riferendomi al vostro libro in particolare all’episodio della morte di Tullo Ostilio, tutta la parte scenica è una vostra interpretazione o ci sono fonti storiche che riguardano il mito di questa morte (Tullo incenerito da Giove) alla quale vi siete documentati? Cioè quello che architettano Anco con il servo Mezio, ha un’attendibilità storica o è frutto della vostra fantasia?
Tutta quella parte è stata uno spasso da scrivere. Le fonti storiche più famose raccontano che Tullo è stato ucciso da un fulmine scagliato da Giove. Ma ci sono anche altre fonti che raccontano che è stato Anco Marzio a ucciderlo, dando poi fuoco alla sua casa.
Queste suggestioni hanno colpito non solo noi, ma anche Scilla Bonfiglioli e Mina Alfieri, che con Franco hanno scritto il terzo romanzo. Perché scegliere una sola teoria, ci siamo detti? Dato che la saga non è fantasy, ma storica, ovviamente non poteva essere stato davvero Giove a fulminare Tullo, così come difficilmente poteva davvero sommergere il monte Albano con rocce infuocate, come ci racconta la leggenda. Così tutti e cinque abbiamo deciso di sfruttare al massimo la diversità tra Anco e Tullo e portare all’estremo il loro rapporto, con le conseguenze che nel terzo romanzo sono solo accennate, mentre nel nostro trovano piena visibilità. Quindi non è tutto frutto della nostra fantasia, perché siamo partiti dalle fonti storiche, ma di certo ci abbiamo messo il nostro zampino.
Nella prima parte del libro c’è un incrocio tra la storia di Anco e quella dei re che l’hanno preceduto, il nonno Numa Pompilio e Tullo Ostilio. Questo è un richiamo ai romanzi precedenti per dare una continuità narrativa all’opera tale da non rendere i vari libri solo una sequenza cronologica a se stante? E se sì, è stato voluto, programmato o è scaturito spontaneamente in corso d’opera?
Tutto voluto e programmato. Ogni romanzo è stato scritto con un continuo coordinamento con gli altri autori, per fare in modo che anche se gli autori erano diversi, il lettore avesse modo di leggere una serie che apparisse uscita dalla mente di un unico scrittore. Quindi Anco raccoglie l’eredità di suo nonno e porta avanti i suoi sogni, cresce sotto il regno di Tullo e fa ciò che può per impedirgli di distruggere Roma, così come affronta l’etrusco Luchmon quando arriverà da Tarquinia. Tutti i momenti in comune sono stati progettati insieme, cercando di descrivere le stesse scene senza annoiare il lettore che le abbia già lette nel romanzo precedente, ma, anzi, dandogli nuovi spunti che speriamo siano stati apprezzati.
Sono rimasta letteralmente affascinata dalla danza dei Salii che fate eseguire ad Anco giovinetto per convincere il suo amico Corvo ad assecondare i suoi piani, mi ha ricordato la danza tipica del popolo Maori, l’Haka. Ditemi la verità, avete provato anche voi i “passi” e provato la coreografia prima di descriverla? Io ho voluto provarla, leggevo e mi muovevo …
LUCA: io no, ma sospetto che Liu l’abbia provata. Ammetto che su quella danza c’è molta della sua mano. Però sì, anche io ho immaginato Anco e Corvo in stile Maori, mentre ballavano la danza dei salii nella grotta.
LIUDMILA: quando ballo mi sento l’ippopotama di “Fantasia”, quindi no, non l’ho provata ma l’ho “vista”. E quando si vede una danza tribale come si fa a non pensare a Jonah Lomu che balla la Haka?
Di tutti i personaggi che ruotano nel romanzo quale vi ha dato più filo da torcere e perché? E con quale avete avvertito del feeling sentendolo “vostro”?
LUCA: Per quanto mi riguarda, Anco è stato il personaggio più ostico, perché molto complesso e sfaccettato e soprattutto lontanissimo da me. Il suo schiavo, Mezio, è invece stato il mio personaggio preferito, quello che mi sono divertito di più a gestire, proprio perché lo abbiamo creato come contraltare gioviale di un personaggio molto cupo.
LIUDMILA: La costruzione del personaggio di Anco non è stata facile, e ha richiesto continui ritocchi, stesura dopo stesura, ma proprio per questo l’ho amato. Invece ho avuto un feeling particolare con due personaggi, e riderai perché sono l’uno l’opposto dell’altra: la vestale Camilia e il folle guerriero, Tarquinio Toscano.
Ci sono stati momenti durante la stesura del libro nei quali avete pensato di non farcela e di “gettare la spugna”?
LUCA: il lavoro sui Sette re è stato molto lungo e, pur essendo tutti animati da una grande energia positiva, è normale aver passato dei momenti di sconforto, ma mai ho pensato di gettare la spugna: credevo troppo in questo progetto.
LIUDMILA: mai, neppure per un attimo.
Nel delineare e caratterizzare i protagonisti siete sempre andati d’accordo?
LUCA: assolutamente no! Più volte ci siamo trovati a discutere su come Anco avrebbe dovuto affrontare una determinata situazione e la cosa simpatica era che ne parlavamo come una persona vera, diversa da noi, che conoscevamo tutti molto bene, ma non in modo totale. E quindi ore di discussione finché non si trovava una quadra che ci rendeva contenti e soddisfatti. Ma scrivere a più mani ha proprio questo vantaggio. Porta a discutere e la discussione fa emergere problemi che da soli non saremmo in grado di cogliere. E dallo scontro, se non ci si fa troppo male, può nascere quell’idea che rende tutto migliore.
LIUDMILA: ricordo una volta che mi fermai in mezzo alla strada perché ebbi un’ispirazione sul rapporto tra Anco ed Elvio Camilio. Cominciai a chattare con Luca (comunichiamo quasi sempre per iscritto), fermandomi ogni tre passi per mandare nuovi messaggi, e Luca continuava a scrivere “ti ascolto” e a suggerire miglioramenti. È stato bellissimo.
Come ultima domanda chiedo a ognuno di voi : cosa vi ha lasciato quest’esperienza “corale”?
LUCA: io ho compreso che amo lavorare in gruppo. Scrivere è qualcosa di personale, è vero, ma ho imparato che la discussione, il brainstorming delle idee, il mettere insieme ciò che ci caratterizza, è uno strumento incredibile per creare qualcosa di potente. Nel cinema e nelle serie tv è più che normale il lavoro di squadra. Perché non può esserlo anche nella narrativa? Ma ho imparato anche un’altra regola fondamentale: anche se il lavoro è di squadra, deve esserci sempre un “capo”, qualcuno che tiri le fila, dirima le discussioni troppo accese e porti avanti il progetto collettivo. Altrimenti si rischia che i contrasti portino alla fine del lavoro comune.
LIUDMILA: Scrivere insieme è bellissimo e ti fa scoprire che 1 + 1 fa quasi sempre tre, e non due!
Grazie mille di averci dedicato il vostro tempo per questa intervista davvero interessante! Agli amici di TSD lasciamo di seguito i riferimenti al vostro libro “Anco Marzio. L’ultimo sabino” di cui potete leggere la recensione qui
Trama
Anco appartiene a una delle famiglie sabine più in vista di Roma: suo nonno era il leggendario re Numa Pompilio, e suo padre è il prefetto urbano, una delle figure più vicine al re Tullo Ostilio. Ma questo non basta a difenderlo da una famiglia su cui aleggia la violenza e non lo mette al riparo dal tradimento delle persone più care. Un’infanzia che lo segna profondamente e lo trasforma in un uomo gelido e astuto, capace di prevedere le mosse degli avversari e farli inciampare nelle proprie debolezze. A suo modo, però, Anco ha ereditato la saggezza e la religiosità del nonno Numa: lo disgusta la follia di Tullo Ostilio, la sua ostinata e blasfema opposizione agli dei, che attira la loro furia sull’Urbe. C’è una sola via per salvare Roma: conquistare il potere. Per farlo, Anco è disposto a ricorrere a ogni espediente, persino all’inganno nel nome degli dei. È così che sarà acclamato re, portando a compimento l’antica profezia. Tra le sue mani Roma diventerà una potenza economica e militare, l’oggetto del desiderio di nemici sempre più pericolosi.