Narrativa recensioni

L’orchestra rubata di Hitler – Silvia Montemurro

Recensione a cura di Roberto Orsi

Quando suono esisto. Quando suono sono Adele. E sono più forte che mai.

Elsa e Adele sono due donne distanti ma legate da un destino comune. Le protagoniste di questa storia non si conoscono, non si incontrano, ma il loro legame trascende dal contatto fisico e visivo.

Il testo di una canzone recita: “Adesso sono certa della differenza tra prossimità e vicinanza”. Per essere vicini, per sentire una persona accanto a sé, condividerne le pulsioni, le gioie e i dolori, non è necessario essere anche prossimi fisicamente. L’unione di intenti e l’amicizia disinteressata non hanno bisogno di contatto fisico, non necessariamente almeno. Può capitare di sentirsi più affini a una persona che non gravita nel nostro mondo giornaliero.

È quello che succede a Elsa e Adele. Due donne che fuggono: la prima da un marito che si rivela non essere ciò che credeva, la seconda da una situazione politica nazionalista che non la considera alla pari degli altri solo perché ebrea.

Il loro punto di incontro? La musica e il violino. Ed è proprio un Guarneri del Gesù, il protagonista inanimato dell’intero romanzo. Un capolavoro della tecnica di colui che oggi viene considerato il maestro liutaio più importante insieme ad Antonio Stradivari. Uno strumento dal quale scaturiscono note di passione e sofferenza, di incredulità e di speranza.

Ogni violino ha la propria voce. Dicono sia per merito dell’anima. Solo un bravo liutaio può combinare i pezzi di legno nella maniera giusta. Sapere quando è il momento di tagliare, di assemblare. Di verniciare. Nessuna componente è lasciata al caso. E il Guarneri del Gesù non produceva un suono normale. Piangeva. Raccontava. Strideva di dolore.

Elsa, moglie perfetta di un ufficiale nazista, scopre quasi per gioco la missione che il marito Heinrich porta avanti per il Führer. Una vicenda legata alla musica e al furto di essa.

“Sonderstab Musik” è il nome dell’operazione che vede impegnato il regime nazista, nella confisca di strumenti musicali e spartiti. Un’azione di cui si conosce poco e di cui si è scritto ancora meno. Sorprende come questa sia passata quasi inosservata nel corso degli anni, con pochissime pubblicazioni che la trattino.

Requisire e sequestrare strumenti musicali, togliere la musica agli uomini liberi è un affronto criminale che rafforza quella privazione di libertà e identità che tutti conosciamo. Un gesto forte e potente, accentratore, di un qualcuno che si erge a divinità in terra.

Musica e strumenti che vengono poi restituiti all’interno dei campi di concentramento a quegli stessi ebrei a cui in taluni casi erano stati sottratti. Ulteriore dimostrazione di forza, di una concessione elargita con magnanimità quasi a dire “siamo noi a concedervi nuovamente questo piacere, dovreste ringraziarci”.

Le piaceva quando lei e lo strumento diventavano una cosa sola. E poteva accadere solo se era completamente assorta.

Adele, giovane ebrea italiana trapiantata a Berlino per seguire il sogno di diventare una musicista, subisce la persecuzione razziale ed è vittima della Sonderstab Musik. Il suo violino viene requisito proprio da Heinrich ed è qui che incrocia la strada di Elsa. La donna tedesca sente la necessità di ritrovare Adele, poterle parlare e condividere tratti di vita, la sofferenza che le accomuna, un destino che le rende che più vicine di quanto sia possibile immaginare.

Le vicende delle due donne, raccontate a fasi alterne, entrambe in prima persona singolare, avvicinano il lettore ai loro sentimenti. Un cammino irto di difficoltà, in cui anime affini si cercano e si trovano senza mai incontrarsi.

Si perse in un labirinto di lamenti e suoni distorti, come se la musica che stava suonando non le appartenesse più. Le sembrò che il suo stesso corpo fosse in balia di uno strano incantesimo, per cui riusciva a suonare senza essere presente in modo fisico nella stanza.

Silvia Montemurro presenta un romanzo di speranza e resistenza. La Seconda guerra mondiale e l’orrore perpetrato nei campi di concentramento, scenario conosciuto su cui si è scritto molto, rimangono sullo sfondo, lasciando spazio a una visione intimista della vita. Esistenza fatta di grandi e piccoli gesti, guidati da intenzioni chiare solo a noi molte volte.

Su uno spartito difficile come quello scritto da un regime totalitario, romanzi come questo ci riportano alla memoria come l’umanità e l’amore non furono completamente cancellati con un colpo di spugna. E come nel completo orrore rimangano note musicali positive che donano speranza e fiducia nel prossimo e nel futuro.

Trama
Berlino, anni Trenta. A Elsa hanno sempre chiesto di obbedire, di fare prima la brava bambina, poi la perfetta moglie tedesca. Intorno a lei, molte donne hanno fatto lo stesso, pronte a servire il Reich accanto ai loro uomini invincibili. Ma l’equilibrio fragile sul quale è costruita la sua vita sta per spezzarsi: suo marito Heinrich, ufficiale delle SS, ha ricevuto un importante incarico segreto, e per la prima volta non è disposto a parlarne con lei.
Per scoprire di cosa si tratta, una sera lo segue di nascosto, lo vede entrare in un appartamento, parlare con un superiore, infine trafugare la custodia di un violino. Non un violino qualunque: un Guarneri del Gesù, uno dei pochi esistenti, dal valore inestimabile. Ma Elsa vede anche un’altra cosa: la foto della ragazza che possedeva quello strumento, nei cui occhi riconosce una sofferenza comune. Decide così di cercarla, a qualunque costo, anche se questo significherà mettersi in grave pericolo e gridare la sua voglia di libertà in faccia all’uomo più pericoloso che il Novecento abbia conosciuto.
Riportando alla luce uno dei crimini meno noti della storia nazista, Silvia Montemurro compone e dirige con maestria una travolgente opera a due voci, quelle di due donne divise dalla Storia e unite dalla musica.

Editore: ‎ Salani (13 maggio 2021)
Copertina flessibile: ‎ 352 pagine
ISBN-10: ‎ 8831007475
ISBN-13: ‎ 978-8831007474
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