Articolo a cura di Grazia Maria Francese
Un paese fatto di isole, dove la gente ha tratti somatici pressoché uniformi. Tra loro si nasconde uno straniero solo, in fuga. Un uomo con la pelle scura.
Potrebbe essere l’atleta ugandese rimasto latitante in Giappone per 4 giorni prima delle olimpiadi, ma anche una figura molto più lontana nel tempo, quattro e passa secoli fa: Yasuke, il primo (nonché unico) samurai nero della storia.
Manga e animé lo presentano come un misterioso supereroe, invece si tratta di un personaggio realmente esistito. La sua presenza è ampiamente documentata dalle fonti storiche.
Il 23’ giorno del secondo mese (marzo 1581) un uomo nero venne dal paese dei Kirishitan. All’aspetto lo si sarebbe detto dell’età di 26 o 27 anni. Nero in tutto il corpo, quest’uomo sembrava robusto come un bue e mostrava un buon contegno. La cosa più notevole in lui era la forza fisica formidabile, superiore a quella di dieci uomini. I baterén lo portarono a Nobunaga e gliene fecero dono. Grazie al potere di Nobunaga e alla sua gloria, tesori ancora mai veduti e curiosità di questo genere comparivano di tanto in tanto: una grande fortuna.
Questo brano del Nobunaga Kouki (Cronache di Nobunaga, edizione giapponese, traduzione mia) presenta Yasuke come venuto dal “paese dei Kirishitan”, cioè dei cristiani. Pare in realtà che fosse nativo di qualche imprecisato territorio dell’Africa australe.
Le navi portoghesi sulla rotta delle Indie, prima di affrontare la traversata fino a Goa facevano scalo a Mossambique, un’isola vicina alla costa dell’attuale Mozambico. Vasco da Gama l’aveva occupata nel 1503 per conto del re del Portogallo, vi erano stati eretti una chiesa e un forte.
Se andava bene, caracche e galeoni facevano tappa lì per qualche settimana dopo avere circumnavigato buna parte dell’Africa, poi ripartivano. Se però arrivavano troppo tardi per prendere il monsone che le trasportava verso est, dovevano aspettare fino all’estate seguente.
Come nelle altre feitorìas, gli insediamenti commerciali dell’impero portoghese, a Mossambique si praticava la tratta degli schiavi. Non ancora su grande scala come fu poi: a quell’epoca i nativi venivano catturati per essere venduti più che altro come schiavi domestici.
Sembra probabile che il nostro Yasuké fosse di etnia Macuwa, quella prevalente nell’area ancora adesso. Essendo partito da Mossambique nel 1574, vedremo in seguito perché, nel 1581 la sua età poteva essere davvero quella che gli attribuisce il Nobunaga Kouki. Forse meno. Gli stranieri giovani, paragonati ai giapponesi della stessa età dimostrano sempre qualche anno in più.
La forza fisica non sorprende, perché i Macuwa fanno parte della grande famiglia Bantu: stesso gruppo etnico degli Xhosa, quelli di Nelson Mandela per intenderci. I Macuwa però, a differenza da altri popoli Bantu, avevano e hanno una cultura matriarcale.
Quanto al nome, “-suké” è un suffisso onorifico giapponese, perciò doveva chiamarsi “Ya..” qualcosa. Nel secondo volume della mia trilogia, ho immaginato che il vero nome fosse Yasuf.
Come mai uno schiavo africano seguì i baterén, come erano chiamati in Giappone i gesuiti? Chi fu a reclutarlo? Arrivato fino al paese del Sol Levante, fu davvero “donato” al signore della guerra Oda Nobunaga, o forse scelse di entrare al suo servizio? Cosa ne fu di lui l’anno seguente, quando Nobunaga fu eliminato dal gioco?
Lo scoprirete nelle prossime puntate.