Narrativa recensioni Saggistica

Milano sconosciuta – Paolo Valera

Recensione a cura di Laura Pitzalis

Milano è stata trascinata nella pozzanghera di tutti i vizi!

Milano Sconosciuta” non è un romanzo, neppure un saggio. Direi più un reportage narrativo, una raccolta d’articoli di denuncia di stampo giornalistico.

La prostituzione è fra noi come tema proibito. In Francia, dove si è fatta la campagna per la libertà di scrivere, si può dire finita anche questa per la circolazione delle donne … Da noi l’esattezza descrittiva della prosa lievitata o geniale è considerata ancora una vergogna o un vizio o una speculazione oscena. Il cervello del magistrato involuto e cocciuto s’impenna davanti l’immondizia umana e dichiara che la pagina che si volge tutti i giorni sotto i suoi occhi è delitto d’invenzione personale

L’autore è il vulcanico Paolo Valera, che visse a cavallo tra il XIX e XX secolo. Nato il 18 gennaio 1850 a Como, da Paolo, venditore ambulante di fiammiferi, e Ambrosina Bianchi, cucitrice, trascorre i primi anni in estrema povertà. A sedici anni fugge per unirsi ai garibaldini e d’allora non conduce più una vita “regolare”.

Nel 1870 si trasferisce a Milano nelle case di via Terraggio, zona al tempo sottoproletaria. S’ingegna lavorando come facchino, imbianchino, magazziniere, rappresentante, impiegato al dazio comunale. Nelle pause di questi lavori, apprende il mestiere del giornalista e collabora , usando diversi pseudonimi, con periodici di stampo democratico, collezionando grazie alla sua “penna tagliente” diversi scandali e processi tanto da dover fuggire in esilio a Londra.

Gli articoli che realizza per queste riviste li riunisce insieme, dando vita a “Milano sconosciuta” che per la crudezza dei suoi racconti gli attira un processo per diffamazione.

Le sentenze non emendano alcuno. La ghigliottina non ha diminuito i sanguinari, come il carcere non ha corretto i delinquenti. La povertà e l’ubriachezza non sono scomparse per le minacce dei castighi prolungati. Ci sono. Rimangono. Le loro fornaci di coltivazione sono gli ambienti. Si è come si è e non come si vuole che si sia

La protagonista di quest’opera è Milano, ma non quella che, tra la Belle Époque e il primo dopoguerra, era da tutti conosciuta come la “capitale morale” d’Italia, la città virtuosa caratterizzata dallo sviluppo urbanistico e imprenditoriale. No, Valera ci racconta, con uno stile acceso ed eccessivo, la Milano “nascosta” e sconosciuta, quella che lui chiama “porcopoli”, la Milano notturna e dissoluta, nella quale si muove una moltitudine di spiantati, di reietti, di miserabili: artisti falliti, ruffiani, prostitute, omosessuali, piccola e grande criminalità. Ne testimonia l’orrore con una descrizione ricca e minuziosa, volendo denunciare con durezza le ingiustizie sociali e l’ipocrisia delle persone “per bene”, lucenti all’esterno ma deteriorate al loro interno.

L’ho conosciuta. Era una ditta postribolare. Il suo soprannome era «Zia» …. È spirata come una pia donna che avesse dedicata l’esistenza al culto della preghiera. Nella stanza non c’era traccia del mestiere infame ch’ella aveva esercitato in una città di mezzo milione e più di abitanti animalizzati dalle passioni carnascialesche. Adagiata nel letto di megera con la faccia assecchita e increspata dagli anni, con la croce d’ebano sul petto con le mani scarne che stringevano i fiori bianchi come per celare le sue nefandezze.

Un romanzo breve di solo settanta pagine che però mi ha impegnato costringendomi più di una volta a fermarmi, a rileggere il testo e a cercare parole che non conoscevo. Questo perché, autodidatta, (a scuola imparò solo le prime basi), Valera inventò un linguaggio tutto suo, facendo uso di suffissi, aggiunti non solo a sostantivi e aggettivi ma anche ad alcuni verbi e inserendo in modo abbastanza marcato termini dialettali e derivanti dal linguaggio parlato popolare.

Non sono milanese per cui i vari “branda loffia”, acquavite pessima; “cirlinn”, ragazze; el pist”, prete; “galba”, minestra …mi hanno confuso non poco.

Questa scrittura “veristica” che riprende il parlato della gente popolare, è voluto dal Valera per il quale “la bocca del popolo sarà il nostro dizionario” perché “la lingua letteraria delle masse è viva, possente” in antitesi con quella insipida, scolorita, fredda del narrato convenzionale.

Va da sé che mi sono imbattuta in uno stile narrativo originale, un po’ ostico perché episodico, divagante, che si sparpaglia in vari solchi per poi condensarsi in una miriade di aneddoti e osservazioni con una scrittura che spesso elude la sintassi e grammatica.

L’oscarwildismo è la religione degli invertiti. Non è una malattia di certi uomini o di certi degenerati, come molti suppongono. È dell’estetismo di certe classi. … Coloro che assumono la funzione femminile appartengono tutti alle classi alte, alle classi blasonate, alle classi dorate, alle classi intellettuali. Politicamente sono tutti conservatori per tradizione. Molti di loro vivono intorno ai troni. Odiano le donne di un odio covato lungamente. Non pochi prendono moglie e le mogli servono loro di scudi, di ditta per nascondere la loro vita infame

Nonostante le difficoltà nella lettura, concordo che in “Milano nascosta” Valera è stato coraggioso, raccontando la società senza veli e denunciandone le abitudini, i vizi, le aberrazioni. Ha la capacità di farci immergere nelle sozzure e nelle contraddizioni umane del suo tempo fornendoci una cruda documentazione sulle miserie del sottoproletariato della Milano del periodo.

Un atto d’accusa, quindi, ma anche un quadro socio-antropologico che ha molte analogie con l’attualità contemporanea e, come scrive Milena Contini nell’introduzione del libro, “non si parla tanto dei personaggi quanto del gesto ipocrita di voltarsi dall’altra parte per poi sbirciare dal buco della serratura.”

Un autore che non conoscevo perché poco citato nelle storie della letteratura, un uomo che, durante la sua esistenza, ha sempre perorato la causa degli umili e dei lavoratori, per più di cinquant’anni, battendosi in modo intransigente. Un uomo la cui onestà morale, nonostante l’inesauribile serie di querele, confini, arresti ai quali fu sottoposto, non fu mai messa in dubbio da nessuno. Così lo definì Mario Borsa, direttore del Corriere della Sera:

Socialista feroce a parole, rivoluzionario a parole, sanguinario a parole, egli ha, a parole, sbranato la borghesia e polverizzato tutto il mondo capitalistico. Aveva il genio dell’ingiuria.

Concludo affermando che “Milano sconosciuta”, nonostante risulti a tratti faticoso per lo stile non certo fluido del Valera, merita di essere letto per quel realismo estremo, che farà da battistrada al verismo di Verga, che origina un resoconto del peccato nella città lombarda, attraverso cui possiamo osservare uno squarcio della società di inizio secolo: migliore o peggiore di quella odierna? La risposta a chi lo leggerà.

Trama
Puttane, “puttani”, accattoni, parassiti, sfruttatori, gente con la fedina penale lurida e clienti di tutte le estrazioni sociali popolano questi undici reportage giornalistici romanzati che incalzano il lettore, senza concedergli nemmeno un istante di pausa.
Valera sbatte in faccia al pubblico la versione peggiore della Milano di fine Ottocento (e inizio Novecento): nessuno si salva perché, una volta caduto il velo dell’ipocrisia, tutti restano nudi coi loro turpi difetti in bella mostra. Lo stile è sporco come i contenuti: nessun riguardo per il “bagasciume” che si dimena nella sconfinata cloaca cittadina. Folle di disperati alla ricerca del piacere o di un tozzo di pane incespicano nelle altrui immondizie morali creando una spirale di vizi che si autoalimenta all’infinito. Veleggiando tra denuncia sociale e sottile compiacimento estetico nel raccontare l’orrore senza emendare alcun particolare, l’autore snocciola aneddoti e drammi di una città che fagocita anime per poi risputarle contaminate e infette. Milano sconosciuta fu un clamoroso e durevole successo editoriale: basta leggere le prime due righe per capire il perché. Unica vera protagonista una Milano da odiare istintivamente e da desiderare nonostante tutto, un po’ come quella di oggi.

Editore: Delos Digital (aprile 2021)
ISBN: 9788825415834
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