Articolo a cura di Laura Pitzalis
Tutti abbiamo una “colonna sonora” che descrive i nostri ricordi, emozioni che associamo alla musica, cosa meravigliosa perché ci rappresenta sia nei momenti felici, sereni, sia in quelli malinconici e più cupi.
Senza dubbio, uno degli strumenti che evocano queste sensazioni è il Saxofono, quel tubo luccicante dal suono molto originale, inimitabile per l’intensità e profondità delle sue note, il solo strumento musicale che porti il nome del suo inventore, Adolphe Sax.
Il saxofono
Lo associamo alla musica pop, rock ma soprattutto al jazz grazie al quale negli anni ‘10 e ’20 del secolo scorso, si guadagnò la fama, diventando protagonista nelle orchestre da ballo dove fino allora imperversava il violino. Fu così che i violinisti e clarinettisti, per non restare senza lavoro, dovettero imparare a suonare il saxofono. L’esempio più clamoroso è quello di Sidney Bechet che, clarinettista di fama, dovette passare al saxofono soprano e che, per quel suo inconfondibile vibrato, oggi è ricordato come pioniere del saxofono in un periodo in cui il jazz muoveva i primi passi e questo tipo di strumento era considerato difficile e noioso.
Gli anni che vanno dal 1920 al 1930 rappresentano il periodo in cui la popolarità del saxofono toccò i massimi livelli: dopo il crollo della borsa di Wall Street, si aveva la necessità di divertirsi dimenticando i tristi anni trascorsi. Sono questi gli anni della cosiddetta “sax mania”, durante i quali il saxofono rappresentò l’oggetto del mito e la sua produzione aumentò vertiginosamente.
Ma sarà bandito e perseguitato, insieme al Jazz, dai nascenti regimi nazifascisti: Hitler lo farà bandire quale “entartete Kunst” ovvero arte degenerata. E il saxofono fu dimenticato.
Solo nel 1942, grazie alla grande personalità del saxofonista Marcel Mule, fu rintrodotta nei Conservatori la classe dedicata a questo strumento e fu adottato dalle orchestre e bande musicali diventando indispensabile in qualsiasi categoria musicale. In effetti, non esistono generi musicali in cui il timbro del saxofono non stia bene: ed ecco che oltre al jazz e allo swing, in cui la fa da padrone, lo troviamo nel folk, blues, rock and roll, funk, per arrivare al soul, hard rock, punk, rap e nu-metal.
Occuperà un posto marginale solo nella musica classica e operistica, proprio il genere per cui Adolphe Sax lo pensò. Gioacchino Rossini ad esempio ne era entusiasta:
“ [ … ] non ho mai ascoltato niente di così bello [ … ] è il più ricco e perfetto degli strumenti a fiato”.
e non solo compose “La Corona d’Italia” una fanfara per musica militare, in cui sono presenti i saxofoni, ma nel 1844 li fece adottare al Conservatorio di Bologna.
Eppure nel genere classico-operistico tardò molto a inserirsi, forse per quel pregiudizio, che ahimè ancora oggi persiste, per il quale non si riconosce il saxofono al di fuori dei contesti bandistici e popolari.
Le prime composizioni per questo strumento si ebbero nei primi anni della sua diffusione e si devono a musicisti non molto celebri, come Hector Berlioz, Kastner e Singelée che scrisse in assoluto le prime composizioni completamente dedicate al saxofono.
La consacrazione arriva però nel Novecento: Claude Debussy, Heitor Villa Lobos e Maurice Ravél, sono i primi a far entrare a pieno titolo il sassofono nell’orchestra classica, costruendone un ruolo che d’accompagnatore diventa fulcro delle composizioni.
Adolphe Sax
Il saxofono, quindi, come strumento espressivo, versatile e duttile. Uno strumento sempre in “movimento”, come “sempre in movimento” e poliedrica è stata la vita del suo eclettico inventore Antoine-Joseph Sax, detto Adolphe che parallelamente all’attività di inventore, costruttore ed insegnante, fondò e guidò una piccola casa editrice, si dedicò alla riorganizzazione delle bande militari, fu compositore, arrangiatore, esecutore sui suoi strumenti e maestro di banda. Progettò timpani senza bacino e pelli impermeabili per strumenti a percussione così come sale da concerto e addirittura macchine per aerosol. E scusate se è poco …
Nato a Dinant il 6 novembre 1814, primogenito di ben undici fratelli, il piccolo Adolphe aveva una predisposizione assoluta a tirarsi addosso le sciagure, alcune dei quali per poco non gli costarono la vita.
All’età di tre anni finì in coma per una settimana cadendo a capofitto da tre rampe di scale, si riprese ma subito dopo ingoiò accidentalmente un grosso ago che incredibilmente fu espulso senza lesioni; bevve una miscela di piombo bianco, ossido di rame e arsenico, ma sopravvisse; cadde su una stufa ardente, ustionandosi irreparabilmente un fianco e, momento in cui vide più da vicino la morte, a soli dieci anni, cadde in un fiume. Un passante lo recuperò dandolo per morto e invece, anche stavolta se la cavò, riprendendo quasi subito conoscenza.
Ma non finisce qui: fu travolto da un’esplosione nell’officina del padre e fu ferito alla testa, mentre camminava per strada, da una grossa tegola caduta da un tetto rimanendo in coma per qualche giorno.
Che dire? Per il “bambino fantasma di Dinant”, com’era stato battezzato dai suoi vicini, non era, come diceva mia madre, arrivata la sua ora! E sì perché tanto avrebbe dovuto dare alla Musica!
Adolphe, infatti, tra un incidente e l’altro, all’età di dodici anni, ereditando la passione del padre Charles Joseph, famoso costruttore di strumenti musicali, fu in grado di costruire clarinetti completi, tornendo i pezzi di legno e forgiando a mano le chiavi e, negli anni successivi, studia clarinetto dimostrandosi piuttosto abile tanto da vincere alcuni premi.
A soli sedici anni espone flauti e clarinetti in ebano, costruiti da lui, all’Esposizione Industriale Belga e a ventiquattro anni comincia a lavorare a quello che diventerà il Saxofono, che riuscì a realizzare due anni dopo e presentò per la prima volta, nel 1841, all’Esposizione Industriale Belga. In quell’occasione chiese e ottenne la possibilità di suonare il nuovo strumento dietro una tenda, per non mostrarne al pubblico la forma e le caratteristiche sonore, poiché lo strumento non era ancora stato brevettato.
Pur meritando la medaglia d’oro, fu considerato troppo giovane, aveva ventisette anni, per una simile onorificenza e gli fu assegnata la medaglia d’argento, che rifiutò.
Amareggiato decise di trasferirsi a Parigi, con soli 30 franchi e una situazione economica un po’ disastrata. Fu Hector Berlioz ad arrivare in soccorso, scrivendo sul “Journel des Débats”, una recensione entusiastica sul saxofono che suscitò curiosità nei musicisti e costruttori parigini. E poco dopo il nostro Adolphe fu invitato al Conservatorio di Parigi per tenere un concerto nel quale utilizzò il saxofono e un nuovo modello di clarinetto basso da lui inventato, ottenendo un notevole successo.
Stabilitosi definitivamente a Parigi, affittò un capannone per dare inizio alla sua produzione di strumenti musicali e il marchio “Sax” iniziò a dilagare.
Questi suoi primi successi finirono, però, per suscitare inimicizie e gelosie da parte degli altri artigiani costruttori di strumenti a fiato, che arrivarono a fondare una Società allo scopo di salvaguardare i loro prodotti. Questa società non si limitò a semplici petizioni, ma arrivarono a boicottarlo in tutti i modi: incendi dolosi scoppiarono nella sua azienda, i suoi dipendenti furono intimoriti o adulati per costringerli a licenziarsi, subì numerose aggressioni fisiche, sfuggì a un avvelenamento, un suo dipendente morì assassinato, forse perché scambiato per lui, e fu trascinato in tribunale in innumerevoli processi. Inoltre fecero forti pressioni su molti importanti musicisti perché si rifiutassero di suonare strumenti marcati Sax.
Per questo motivo Gaetano Donizetti, che dopo aver sentito gli strumenti di Sax, aveva deciso di inserirli nella partitura del suo “Dom Sebastien”, fu costretto a rimuoverli: i suoi orchestrali, istigati dagli artigiani parigini, si rifiutarono di suonarli e di accettare che fosse lo stesso Sax a farlo.
Nel 1845 la “Maison Sax”aveva ormai raggiunto il monopolio nel campo della produzione e distribuzione di strumenti a fiato e un anno dopo, il 28 giugno 1846, il saxofono fu brevettato a Parigi come “Système d’instruments à vent, dits saxophones”.
Proprio in quel periodo il Governo francese cerca un modo di migliorare la qualità della sua musica di fanteria e Adolphe, avevate qualche dubbio? prende la palla al balzo e suggerisce al ministro della difesa una sfida tra due bande musicali militari, una che avrebbe suonato gli strumenti tradizionali, l’altra gli strumenti inventati o perfezionati da lui.
Dopo varie vicissitudini e tentativi da parte degli altri costruttori parigini di sminuire, svilire e svalutare il lavoro di Sax, finalmente è indetta, per il 22 aprile 1845, un’esecuzione pubblica presso le Champ-de-Mars, testimoni della sfida 20mila spettatori e una giuria di esperti. Nonostante Sax fosse costretto a presentarsi con un organico di 38 esecutori contro i 42 concordati, (sette di loro erano stati convinti dai costruttori di Parigi a non prendere parte alla manifestazione), fu lui a vincere la sfida.
Da quel giorno le invenzioni strumentali di Sax trovarono sempre maggiore spazio nelle nuove formazioni bandistiche militari.
Da questo momento il successo di Sax ha alti e bassi. Con la proclamazione della Repubblica e la destituzione del re, gli strumenti di Adolphe furono esclusi dall’organico delle bande militari e la loro produzione diminuì drasticamente per poi tornare in auge con il colpo di stato che portò all’avvento del Secondo Impero con Napoleone III che decise di inserire all’interno del Conservatorio le classi degli studenti militari e a Sax fu finalmente affidata la classe di saxofono.
Nonostante la sua grande arte inventiva, però, Adolphe Sax non seppe gestire al meglio i propri affari: attorno al 1865, allo scadere dei suoi innumerevoli brevetti, furono molti i costruttori che si precipitarono a rilevarli con conseguente forte calo di lavoro nella sua fabbrica.
In aggiunta, la guerra franco-prussiana portò il paese a una gravissima recessione e l’unica classe di saxofono attivata in Conservatorio fu chiusa. Adolphe si offrì di continuare a insegnare gratuitamente ma la sua offerta fu respinta e nel 1873 l’inventore dichiarò bancarotta.
Negli ultimi anni della sua vita, nonostante i numerosi premi e riconoscimenti, Sax riuscì a vivere solo grazie ad una piccola pensione concessagli dallo Stato. I fallimenti delle sue attività, l’ultimo avvenuto nel 1878, lo avevano ridotto sul lastrico.
Muore, povero, il 7 febbraio 1894 ed è seppellito al Cimitière de Montmartre.
Se ne va senza aver potuto godere della considerazione che avrebbe meritato per via delle sue innumerevoli invenzioni (46 brevetti). Una vera e propria beffa per il padre dello strumento che diventerà un must della musica e il simbolo della nuova musica del Novecento: il jazz.
La rivincita, comunque, arrivò per Sax, anche se solo tramite il figlio Adolphe Eduard che riaprì la fabbrica continuando l’attività del padre. Nel 1900, ottenne una Medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi e un Diploma d’Onore a San Pietroburgo.
La “Maison Sax” fu assorbita nel 1928 dalla Selmer di proprietà del clarinettista e costruttore Henri Selmer che con qualche modifica perfezionò il saxofono ottenendo lo strumento che conosciamo.
Oggi il saxofono è radicato nell’immaginario collettivo tanto da diventare patrimonio comune, anche di chi non s’interessa di musica. Questo grazie alla vetrina mediatica di cui ha beneficiato negli ultimi decenni, ai mezzi di comunicazione di massa come il cinema, la televisione, la pubblicità, la stampa e il web, che hanno diffuso l’immagine della “pipa di nichel” anche in ambiti assolutamente estranei al mondo musicale. Così in moltissimi prodotti pubblicizzati, si usa l’immagine o il suono del saxofono, prodotti che con la musica non hanno niente a che fare come whisky, birra, scarpe, medicinali, banche, auto …
Il saxofono ha una grande capacità, oltre all’incanto delle note che emette, di riuscire ad agire sullo spirito di chi sta ascoltando. Già perché il saxofono non è solo un tubo d’ottone, ma è un’estensione dell’anima di chi lo suona che ci trasmette le sue emozioni come se fossero parole, come se fosse una voce, una voce fiera, elegante, malinconica e tremendamente avvolgente.
“I musicisti jazz suonano come se cantassero e il sax è il miglior strumento per farlo. Si può piangere, parlare e gridare nel sassofono, proprio come con la voce”.
Joy Santy
Se volete sognare sulle note di questo strumento, qui sotto il link della colonna sonora del film “Nuovo cinema Paradiso” scritta dall’indimenticabile Ennio Morricone.
Fonti
https://www.ilsaxofonoitaliano.it/storia/
https://lorenadambrosio.wordpress.com/
https://biografieonline.it/biografia-antoine-joseph-adolphe-sax
http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/2000/835537-1165092.pdf?sequence=2