Recensione a cura di Roberto Orsi
“Anche quando una storia non proviene dai territori sconfinati della fantasia, ma di quelli ben più angusti dell’esistenza, in genere non è difficile capire quale ne sia l’inizio: è il momento in cui la vita del protagonista, o dei protagonisti, entra in crisi e inizia a traballare. La storia che si racconta in questo libro, tuttavia, ha tanti possibili inizi. E ancora non è finita.”
Ho scelto le primissime parole del romanzo per introdurre questa recensione. Un avvio colloquiale e informale in cui Gabriele Dadati accoglie il lettore facendolo idealmente sedere a un tavolino di un caffè letterario per raccontargli una storia.
Gabriele Dadati non è solo l’autore di questo romanzo, ma ne è parte attiva. È lui che cura la mostra in ricordo del maestro Stefano Fugazza, storico dell’arte scomparso nel 2009, già direttore della Galleria Ricci Oddi di Piacenza. Dadati, che fu uno dei più stretti collaboratori di Fugazza, è chiamato a curare la mostra e nel dicembre 2019, mese in cui si apre questo romanzo, tutto è ormai pronto per l’inaugurazione.
Il ritrovamento di una tela scomparsa nel 1996 proprio da Galleria Ricci Oddi, “Ritratto di signora” di Gustav Klimt, all’interno di un sacco della spazzatura in un ripostiglio, sembra un qualcosa di incredibile, quasi un ultimo lascito di Stefano Fugazza verso il suo allievo.
Un segno beneaugurante per l’apertura della mostra da lì a poche settimane. Ed è in questo momento che entra in scena Fridolin Schneider, professore austriaco, che sembra sapere molte cose in merito alla scomparsa del ritratto. Attraverso le sue parole ripercorriamo le vicende del quadro fin dalle sue origini.
L’opera era già salita agli onori della cronaca pochi mesi prima la sua misteriosa sparizione nel 1996, quando una diciannovenne studentessa all’ultimo anno del Liceo Artistico Sperimentale Colombini di Piacenza, fece una incredibile scoperta. Confrontando il quadro custodito presso la Galleria Ricci Oddi di Piacenza, Claudia Maga si rese conto che era del tutto simile a un’altra opera di Gustav Klimt raffigurata in un volume dei “Classici dell’Arte” pubblicato da Rizzoli. Le due immagini corrispondono per i tratti somatici della donna e la posa che assume nel ritratto. Nel quadro esposto a Piacenza manca un cappello a tesa larga e una sciarpa vaporosa intorno al collo, ma sovrapponendo le due immagini si intuisce come queste rappresentino la stessa opera, che subì una modifica importante in un secondo momento.
“Anna si avvicinò. E si vide, davvero si vide. Era di tre quarti e mostrava il bel vestito dell’atelier Schwestern Flöge: su indicazione di Emilie, aveva abbassato la spalla per mettere in mostra la camicetta che completava l’abito, mentre al collo stava drappeggiata la sciarpa vaporosa e in testa svettava l’ampio cappello.”
Da qui parte questa storia incredibile di passione, di rispetto, di un amore particolare, diverso da quello che conosciamo probabilmente, che arriva da un mondo che non c’è più anche se non così distante da noi.
“Questo facevano i pittori: tenevano lì le cose del mondo, ferme, a dispetto del loro modificarsi. I quadri finivano inevitabilmente per raccontare bugie.”
Fridolin Schneider seduto al tavolo di un bar con Gabriele Dadati, racconta la storia di tutti i personaggi che hanno gravitato attorno a questa magnifica opera che campeggia sulla copertina del libro.
Con un salto temporale torniamo al 1910 quando presumibilmente la prima tela venne disegnata da Klimt, in una Vienna che sta lentamente avviandosi al declino. La fine di un’epoca d’oro, dei fasti dell’impero asburgico, di una capitale viva che ha visto pochi anni prima l’era della Secessione Viennese. Una separazione dall’Accademia delle Belle Arti voluta da diciannove artisti, tra cui spiccava la figura di Klimt, per formare un gruppo autonomo all’insegna del rinnovamento artistico.
Ed è proprio nel laboratorio di Klimt, in una Vienna che aleggia sullo sfondo, sempre più vicina a una guerra sanguinosa che scoppierà da lì a pochi anni, che assistiamo alla creazione di meravigliose opere. Un artista che riversa su tela la sua immagine di vita, del reale, fissando per sempre i tratti di una donna.
“Quell’altra Anna che emergeva dal verde tumultuoso dello sfondo era una seduttrice. Apparteneva al mondo e il mondo era suo. Era bellissima. Di una bellezza a cui nessuna fotografia poteva rendere giustizia.”
Generazioni di uomini e donne si rincorrono nelle vicende raccontate nei capitoli del romanzo. Una storia che rimane sospesa nel limbo del tempo, cristallizzata tra realtà e fantasia, tra passato e presente.
Su un impianto perfettamente reale come il ritrovamento del ritratto nel 2019, la mostra in ricordo di Stefano Fugazza che Gabriele Dadati in quel periodo stava realmente organizzando e coordinando, le vicende del 1996 con la scoperta della studentessa diciannovenne, l’autore traccia una vicenda che ruota attorno a un’opera enigmatica fin dalla sua origine.
“In quegli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, nella società bene viennese si faceva strada per la prima volta un soggetto nuovo e sconosciuto: la donna. Che rimodellava i rapporti a partire dal proprio specifico sessuale, uscendo dal cono d’ombra in cui era sempre stata relegata.”
Mentre la vita reale scorre tra morti innocenti, la tragedia delle due guerre, la miseria, la povertà e il riscatto, il volto nel quadro di Klimt racchiude tutta la forza dell’attimo, del presente, di una fissità che nasconde l’oblio al futuro rendendola immortale.
E, in fondo, non importa se la storia raccontata da Gabriele Dadati abbia attinto più o meno dalla fantasia e dall’immaginazione propria del romanziere, perché ciò che conta è l’anima che viene riservata in queste pagine. Traspare tutta la passione dell’autore per la bellezza di un’epoca che non c’è più e per colui che gli ha insegnato tanto lasciando una eredità immateriale, non tangibile ma altrettanto potente: l’amore per l’arte.
Trama
Piacenza, dicembre 2019. Sono trascorsi dieci anni da quando si è spento Stefano Fugazza, l’indimenticato direttore della Galleria d’arte moderna Ricci Oddi, e fervono i preparativi per la mostra che lo celebrerà. A curarla è stato chiamato Gabriele Dadati, che era il più stretto collaboratore dello studioso nell’ultimo periodo della sua vita. Quando l’allestimento è ormai concluso, avviene un fatto clamoroso: a distanza di ventitré anni dal furto, fa la sua ricomparsa in città “Ritratto di signora” di Gustav Klimt. Un capolavoro divenuto celebre nella primavera del 1996, quando si scoprì che il maestro viennese aveva inspiegabilmente dipinto due volte la stessa tela, e che fu sottratto al museo pochi mesi dopo in maniera rocambolesca. La notizia fa il giro del mondo. Dal «New York Times» alla BBC, da «Le Figaro» allo «Spiegel»: tutti ne parlano. Sembra quasi un risarcimento ideale per la memoria dello storico dell’arte, che a lungo aveva convissuto con il dolore e l’umiliazione per quella vicenda. Ma chi rubò l’opera? Chi l’ha restituita ora, infilandola in un sacco della spazzatura e nascondendola in una nicchia sporca e umida? E prima ancora: chi è la donna ritratta in due momenti diversi da Klimt? Qualcuno è depositario delle risposte a tutte queste domande. Con lui, all’indomani dell’inaugurazione, Dadati trascorrerà una lunghissima giornata. Scoprendo nelle sue parole una vicenda incredibile e struggente che inizia a Vienna nel 1910, attraversa tutto il Novecento e arriva fino a noi. Tra verità e menzogne.
Editore : Baldini + Castoldi (12 novembre 2020)
Lingua : Italiano
Copertina flessibile : 224 pagine
ISBN-10 : 8893883600
ISBN-13 : 978-8893883603
Link d’acquisto cartaceo: La modella di Klimt
Link d’acquisto e-book: La modella di Klimt
Grazie a Roberto Orsi per questa appassionata recensione. Adoro Klimt e mi interessa molto il punto di vista di Gabriele Dadati, il suo essere dentro alla storia. Molto curiosa di leggere il romanzo!
Grazie a te Sabrina per il tuo commento. Il libro di Gabriele Dadati è molto interessante e particolare. Delicato e passionale. Sul nostro gruppo trovi ancora l’intervista che avevamo fatto!
Grazie, Roberto!