Recensione a cura di Laura Pitzalis
“La bottiglia di Napoleone” citata nel titolo non è la protagonista inanimata del romanzo di Marco Vozzolo ma è l’origine, è il punto zero da cui partono le storie dei protagonisti, quella di Lazare, giovane fante dell’armata napoleonica, e quella di Luc e Tami, padre e figlia.
Era una borgognotta scurissima, dal cui collo pendeva un laccio, culminante in un sigillo con su impressa la N, che fece sobbalzare tutti. Luc, dopo qualche minuto, girò lo stampo, mostrando, sul verso opposto, il simbolo di un’ape che riportava la data del 1794.
Ma ne è anche il “legante”: come le fascette legano i tralci delle viti ai sostegni, per permettere una più omogenea distribuzione della linfa a tutti i germogli, così la “bottiglia” darà vigore e potenza alle due storie che hanno un’ambientazione temporale diversa, una alla fine del 1700 l’altra nel 2020, corrono parallele ma poi s’intrecciano e si legano diventando l’una il collegamento dell’altra. Rendere questo, stilisticamente parlando, sembrerebbe un qualcosa di difficile ma Vozzolo ci riesce perfettamente prima alternando le storie nei vari capitoli, poi, come in una situazione onirica, facendoli interagire.
Un romanzo quindi che parla di vigne, viti e vini. In effetti, sì ma non solo.
Ė vero che si parte dalla Campagna di Modena del luglio 1796, dove facciamo conoscenza con Lazare, attendente del vignarolo personale di Napoleone.
Non so se voi tutti sapete che Napoleone in battaglia portava con sé le bottiglie di “Chambertin”, un vino che proveniva da una sua tenuta in Borgogna, e che, a volte, le offrisse agli ufficiali che avessero dimostrato un particolare valore in battaglia. Si dice che il mitico condottiero francese non bevesse nessun vino se non quest’amato rosso e non andava mai a letto senza prima di averne bevuto un bicchiere.
Ė vero che il povero Lazare perde una gamba durante un combattimento e dovrà rientrare al proprio paese, Chateauneuf-du-Pape, dove inizierà a produrre un vino molto pregiato che ancora oggi esiste: il Châteauneuf-du-pape, la prima AOC in Francia.
Ė vero che Luc, il protagonista della narrazione contemporanea, è il proprietario e vigneron, insieme al vecchio Gill, della fattoria Domaine du Granadier, dove viene prodotto, secondo un “disciplinare” antico, il loro vino “Roches”.
Ma Vozzolo non si ferma qui. Con il suo romanzo va oltre, descrivendo tutto ciò che di emozionale si scatena nei suoi personaggi e tutto ciò che di magico suscitano i luoghi della Provenza, e lo fa sempre riferendosi alla vite.
La vite è una pianta capace di crescere anche tra le avversità. Potrebbe prosperare anche tra le rocce volendo, purché ci siano un po’ di terra e un po’ d’umidità sul fondo. Si adatta, trova il suo equilibrio, infine si dà lo slancio finale e dà i suoi frutti.
La vite è capace di ancorarsi al terreno in profondità: metafora della necessità umana di avere radici e di non tradire quelle radici.
Questo viene rappresentato dalla disperata lotta di Luc, per non tradire quelle radici e per preservare la tradizione nella coltura dei vigneti. Una lotta che vede tradizione contro innovazione, la memoria che si contrappone al progresso. Progresso… ma si può chiamare progresso il violare il ritmo della natura e il paziente e duro lavoro dei vignaioli solo per ottenere più prodotto a discapito della qualità e in nome del dio denaro? Si può chiamare progresso lo stravolgimento e l’alterazione di quello che in tanti secoli è stato, i profumi, i silenzi, il paesaggio, per poi avere in cambio degrado e cemento?
La vite è una pianta capace di crescere anche tra le avversità, si adatta, trova il suo equilibrio, infine si dà lo slancio finale e dà i suoi frutti.
Così Lazare e Tami, si adattano alla loro invalidità riuscendo a non farsi schiacciare dalla loro menomazione. Il coraggio di lottare per raggiungere i propri obiettivi, nonostante i tantissimi ostacoli che devono incontrare, porta Lazare a risollevare le sorti del suo vigneto, nonostante senza una gamba e da solo. E Tami, che è quasi sorda, a superare la discriminazione e il bullismo dei suoi compagni di scuola e di palestra.
E qui devo veramente fare i complimenti a Marco Vozzolo per come sia riuscito a coinvolgermi emotivamente e in maniera sublime, scrivendo delle pagine meravigliose sulla determinazione, sacrificio e grande forza di volontà di Lazare e Tami!
Non solo ha raccontato le loro storie, che si svolgono in spazi temporali diversi, ma le ha fatte incrociare nei momenti più drammatici dei fallimenti, quasi perché si facessero coraggio l’uno con l’altra, quasi per spronarsi a non rinunciare alla realizzazione dei loro obiettivi, nonostante la difficoltà data dalle loro menomazioni: la produzione di un proprio vino per Lazare, far parte della squadra di ginnastica artistica per Tami.
Perché “Ė vietato arrendersi”. Perché nonostante il buio loro brillano, come le lucciole.
Cosa accadrà domani? Sarò all’altezza? Non sono come gli altri … a me manca qualcosa”.
Nel vetro l’immagine riflessa di una ragazzina
Nel vetro l’immagine riflessa di un ragazzo.
Quasi sorda e senza apparecchio acustico funzionante
Quasi senza gambe e con la stampella rotta.
Entrambi con le lacrime agli occhi.
Adesso la mano toccava il vetro, toccava l’immagine riflessa.
L’immagine faceva forza a lei.
E faceva forza a lui.
Tami e il giovane Lazare facevano coraggio alle rispettive immagini.
C’è un’altra protagonista, affatto secondaria, del libro: la Provenza. Se non siete mai stati in Provenza, dopo aver letto il libro potrete tranquillamente dire che ci siete stati.
Ci sentiamo trasportati in un’atmosfera di serenità e tranquillità tipica della vita provenzale, dove il ritmo della vita sembra rallentare.
Tutti i nostri sensi vengono coinvolti: ci perdiamo dentro gli spettacolari tramonti che striano di viola e arancio il cielo. Sorvoliamo con lo sguardo il lento scorrere del Rodano, le colline attraversate dalle geometrie dei vigneti. Ci addentriamo nelle viuzze tra le case in pietra con le persiane rigorosamente azzurre, nel rispetto dello stile della regione. Ci facciamo accarezzare dalla brezza e inspiriamo i profumi intensi della lavanda e delle erbe aromatiche tipiche della macchia mediterranea.
All’interno della vecchia cantina scavata nella roccia, dove ne percepiamo l’umidità, assaporiamo il “Roches” assorbendone il profumo, il colore, il sapore.
Ci sediamo nei tavolini della piazzetta del paese, contornata da ristorantini, a gustare il “pastis “ o la “brandade de morue”, mentre tutt’intorno si snoda il mercatino, una distesa di colori meravigliosi, data dai banchi della frutta e verdura, e una miscela di fragranze più o meno intense che si sprigionano da quelli delle spezie, dei formaggi e del pane …
Tutto questo grazie allo stile descrittivo dell’autore che, a mio parere, qui raggiunge l’apice!
Marco Vozzolo è riuscito anche a farci viaggiare nel tempo, a portarci nei campi di battaglia in mezzo al rumore di cannoni e al sibilo delle pallottole.
Ci fa trovare nella tenda di Napoleone con il generale Augereau ad ascoltare lo stesso Napoleone che predispone una strategia di guerra. E ci fa combattere al fianco dei Dragoni … E caspita se non ci sentiamo coinvolti!
La descrizione degli orrori della guerra è così minuziosa, così reale nella sua crudezza che mi sembra di partecipare in prima linea. Sento le urla di dolore dei feriti, le grida di incitamento alla battaglia. Vedo corpi spappolati dappertutto, il fango e le pozzanghere rosse di sangue …
Un libro, quindi, che non solo si legge ma che ci rende partecipe, ci fa interagire.
Un libro che mi ha fatto nascere il desiderio di andare in mezzo ai vigneti a seguire passo per passo il ciclo annuale della vite, fino alla maturazione dell’uva, alla sua raccolta e al prodotto finale, il vino.
Un libro che oltre ai profumi, ai colori e ai sapori ci mostra la tenacia, il sacrificio, il coraggio, la volontà di raggiungere i propri obiettivi al di là delle proprie menomazioni o situazioni contrarie.
Non mi sono rovinato i denti digrignando. Mi sono lasciato andare alla mia forza. Giorno dopo giorno. Ė una pratica lenta l’accettare e il convivere con le proprie disgrazie. Soprattutto quando gli altri non ne hanno […] La vita apparteneva a tutti e poteva essere fantastica anche se imperfetta.
Un libro geniale!
Trama
Aprile 2020: Luc gestisce una modesta e malmessa azienda vinicola insieme a sua figlia Tami a Chateauneuf du Pape, un piccolo paese in Provenza circondato da meravigliosi vigneti e sterminati campi di lavanda. L’uomo non si è ancora del tutto ripreso dalla scomparsa della moglie e risanare l’attività sembra impossibile; a complicare maggiormente le cose c’è il difficile rapporto con la figlia adolescente, la quale essendo quasi del tutto sorda, si sente isolata dal mondo e viene derisa dalle coetanee.
Luglio 1796: la vita di Lazare, giovane soldato dell’armata napoleonica, viene stravolta il giorno in cui da attendente del fornitore personale di vino del generale Bonaparte, si ritrova a far parte del plotone. In battaglia perderà una gamba e una volta tornato a casa sua, proprio a Chateauneuf du Pape, metterà in pratica gli insegnamenti ricevuti nella cura della vite. Scriverà un diario in cui nasconderà le sofferenze causate dalle mutilazioni subite e incrocerà l’esistenza con Tami in un limbo temporale che li vedrà incredibilmente vicini.
Editore: Bookroad (22 aprile 2021)
Copertina flessibile: 360 pagine
ISBN-13: 978-8833221021
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