Recensione di Luigia Amico
Louise, Thérèse, Eugénie, Geneviève sono solo alcune delle donne che animano la Salpêtrière, manicomio femminile situato in Francia, per la precisione a Parigi.
Nel suo romanzo di esordio, Victoria Mas dà voce a quelle donne a cui tutto è stato tolto perché considerate ingombranti, scomode. Alla Salpêtrière si entra e non si esce più, se non in rari casi, e le giornate scorrono tutte uguali tra passeggiate nel parco e ore trascorse chiuse in camera, ma c’è un evento che annualmente prende vita nel manicomio e che rianima le recluse: il ballo in maschera che vede protagonista le “pazze” e a cui è invitata la Parigi dell’alta borghesia, signori e signore che nei loro abiti lussuosi osservano dall’alto in basso le internate, come se si trovassero di fronte a degli animali, dei fenomeni.
“Secondo lei che aria hanno? Crede che si possano guardare negli occhi? L’anno scorso una vecchia demente si è strusciata a tutti gli uomini della serata! Sono aggressive? “
La Salpêtrière, nata originariamente come fabbrica di polvere da sparo, è divenuta nel corso degli anni una struttura per la detenzione di barboni, ladri e truffatori ed in seguito un ricovero per prostitute, donne abbandonate e pazzi incurabili fino ad arrivare al XIX secolo, anni in cui si decise di affidare all’ospizio anche una funzione medica.
Ed è proprio tra i corridoi di questo ospedale che l’autrice farà incontrare ed interagire i protagonisti di questo romanzo, affiancando a personaggi di pura fantasia altri realmente esistiti. Le donne costrette ad abbandonarsi alla realtà del manicomio sono etichettate come delle pazze, delle isteriche, ma in realtà la grande maggioranza di loro sono donne sottomesse al volere degli uomini, donne a cui è stata strappata la loro libertà, la loro vita perché considerate un oggetto, un gioco di cui ci si è stancati. E quale soluzione migliore se non farle internare e far finta che non siano mai esistite.
“In quella gente spaventata dalla minima eccentricità, che siano borghesi o proletari, pensare alle alienate eccita il desiderio e alimenta i timori. Sono affascinati e inorriditi dalle pazze.”
Louise ragazza vittima di abusi, Thérèse che ha osato ribellarsi al suo compagno, Eugénie considerata troppo stravagante e anticonformista dal padre, Geneviève infermiera che lavora nella struttura è all’apparenza fredda e distaccata, sono donne queste accumunate dalla solitudine, alcune si adeguano alla vita che viene loro imposta, ma altre urlano il proprio dolore e vorrebbero ribellarsi al male inflitto dal potere maschile.
Tra le pagine del romanzo, oltre alle vicende delle protagoniste, si legge dell’eterna lotta di sopravvivenza della donna nella società che la circonda, donne spesso e volentieri soggiogate al volere maschile, tema purtroppo ancora abbastanza attuale.
“Non sono più mogli, madri o adolescenti, non sono donne da guardare o da prendere in considerazione, non saranno mai donne da desiderare o a cui volere bene: sono malate. Pazze. Fallite.”
È un libro che si lascia leggere con trasporto, che mette a nudo le emozioni delle protagoniste che, seppur di fantasia, potrebbero rispecchiare quelle provate dalle reali pazienti del manicomio e questa consapevolezza ce le fa amare ancora di più.
Realmente esistito è il dottor Jean Martin Charcot che con i suoi studi neuropsichiatrici sull’isteria è considerato il precursore del più famoso Sigmund Freud. È il medico che nel romanzo si muove tra le mura dell’ospedale e che farà delle alienate il suo oggetto di studio sottoponendole tra le varie cure, di cui alcune discutibili, a sedute di ipnosi procurando a volte alle sue “cavie” veri e proprio attacchi isterici.
È un racconto breve ma intenso e l’autrice è riuscita a segnare nero su bianco il dramma di persone la cui unica colpa è stata essere una donna, vittime di una società maschilista che le riteneva quasi pari al nulla, donne che volevano solo vivere la propria vita, ma che hanno avuto l’ardire di provare a ribellarsi ad un padre, un marito, un uomo.
La lettura di questo romanzo scorre molto velocemente e non si riesce a staccare gli occhi dalle parole fin quando non si arriva al finale che lascerà al lettore una sorpresa amara, ma commovente.
“La pazzia degli uomini non è paragonabile a quella delle donne, perché gli uomini la esercitano su gli altri, mentre le donne su se stesse.”
Trama
Parigi, 1885. A fine Ottocento l’ospedale della Salpêtrière è né più né meno che un manicomio femminile. Certo, le internate non sono più tenute in catene come nel Seicento, vengono chiamate “isteriche” e curate con l’ipnosi dall’illustre dottor Charcot, ma sono comunque strettamente sorvegliate, tagliate fuori da ogni contatto con l’esterno e sottoposte a esperimenti azzardati e impietosi. Alla Salpêtrière si entra e non si esce. In realtà buona parte delle cosiddette alienate sono donne scomode, rifiutate, che le loro famiglie abbandonano in ospedale per sbarazzarsene. Alla Salpêtrière si incontrano: Louise, adolescente figlia del popolo, finita lì in seguito a terribili vicissitudini che hanno sconvolto la sua giovane vita; Eugénie, signorina di buona famiglia allontanata dai suoi perché troppo bizzarra e anticonformista; Geneviève, la capoinfermiera rigida e severa, convinta della superiorità della scienza su tutto. E poi c’è Thérèse, la decana delle internate, molto più saggia che pazza, una specie di madre per le più giovani. Benché molto diverse, tutte hanno chiara una cosa: la loro sorte è stata decisa dagli uomini, dallo strapotere che gli uomini hanno sulle donne. A sconvolgere e trasformare la loro vita sarà il “ballo delle pazze”, ossia il ballo mascherato che si tiene ogni anno alla Salpêtrière e a cui viene invitata la crème di Parigi. In quell’occasione, mascherarsi farà cadere le maschere…
Editore : E/O (10 febbraio 2021)
Lingua : Italiano
Copertina flessibile : 181 pagine
ISBN-10 : 8833572862
ISBN-13 : 978-8833572864
Link d’acquisto cartaceo: Il ballo delle pazze
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