Narrativa recensioni

Il ritorno della luce. Horemheb scriba, generale, faraone – Christian Jacq

Trama

Egitto, 1335. Tutankhamon è solo un bambino quando, alla morte di Akhenaton, viene proclamato faraone. Giovane e inesperto, lo affiancano alla guida del regno il Padre divino Ay e lo scriba reale Horemheb, uomo di grande saggezza e di innumerevoli talenti. I tempi sono cambiati e sotto la nuova reggenza, il culto di Aton, professato durante il regno di Akhenaton e Nefertiti, viene proibito. I suoi fedeli, tuttavia, continuano a praticarlo in segreto e preparano la vendetta per riconquistare il potere. Nel frattempo, l’esercito è allo sbando: Horemheb, nominato generale, si accinge a ricostituirlo per rafforzare le linee di difesa. Ai confini dell’Egitto, infatti, gli ittiti, nemici storici, sono in fermento, e i seguaci di Aton cercano il loro sostegno, esortandoli a invadere il Paese. Per un tragico gioco del destino, il giovane faraone muore in un attentato durante una spedizione militare in Palestina. Le sorti del regno sono nelle mani di Horemheb che diventerà, di lì a poco, il nuovo e grande sovrano. Sostenuto da una straordinaria sposa, non avrà altro figlio che l’Egitto e preparerà il suo Paese al futuro e glorioso Regno di Ramses II. Con “Il ritorno della luce”, Christian Jacq racconta la storia di Horemheb, lo scriba che divenne prima generale e poi faraone, impedendo all’Egitto di sprofondare nel caos.

Recensione a cura di Maria Marques

Deceduti il faraone eretico Akhenaton e sua moglie, Nefertiti, la loro splendida capitale fu abbandonata.

La polvere del deserto avrebbe a poco a poco ricoperto tutto e solo gli sciacalli avrebbero girovagato fra le rovine che raccontavano del dio Aton. Una rivoluzione religiosa come quella perseguita da Akhenaton tuttavia non poteva essere spazzata via con la scelta di un nuovo sovrano e il ritorno al culto di un tempo, chi aveva creduto nel luminoso disco solare, non avrebbe accettato semplicemente di dimenticare. L’ultimo libro di Christian Jacq affonda le sue radici proprio nel difficile periodo di transizione tra la fine del culto di Aton e il ritorno alla preminenza del dio Amon. Un periodo non facile per l’Egitto, un paese dilaniato internamente, in cui serpeggiava il malcontento fomentato o meno ad arte dal potente clero che negli anni del regno di Akhenaton si era visto sgretolare privilegi e ricchezze. I confini inoltre avevano risentito dell’indebolimento dell’esercito e ne avevano approfittato i popoli confinanti.

I faraoni che si trovarono a condurre l’Egitto nuovamente alla luce, e in questo il titolo del libro è indicativo, furono tre: Tutankhamon, Ay e infine il protagonista di questo romanzo Horemheb. Il primo, celeberrimo per la scoperta della sua tomba inviolata, era troppo giovane e il suo regno durò così poco, che non riuscì a dare un’impronta decisiva sia alla sua politica interna sia a quella esterna. Furono quindi i suoi ministri a guidare il paese, a eliminare le ultime sacche di resistenza della cosiddetta eresia amarniana. L’autore conduce il lettore proprio in questi anni scanditi dall’abbandono della capitale Akhetaton, al susseguirsi dei faraoni, sino alla scelta del successore di Horemheb, che si ricollega a un’altra sua saga famosissima.

La lotta per il potere vede contrapposti due personaggi: Horemheb, leale e corretto, che gode della protezione di Horus e cerca di far sì che il suo amato paese torni a vivere sotto l’egida della dea Maat, l’incarnazione dell’armonia, dell’ordine e quindi della giustizia e, Nakhtim che trama invece nell’ombra per riportare al potere Aton, fingendo lealtà al giovane Tuthankamon.

Spietati e senza scrupoli, come chi sa di avere ben poco da perdere, il generale Nakthim e la sua compagna Shenta, incarnano il caos e il buio a dispetto del disco solare di Aton che dicono di adorare.

“Esiste un solo nemico dai numerosi volti: Isefet, la forza di distruzione che, in ogni istante, cerca di annientare Maat, la regola dell’armonia.”

Il potere, allora come oggi, corrompe gli animi e induce coloro che lo inseguono a compiere nefandezze giungendo a tradire il proprio paese e a colpire infine il faraone. In mezzo a queste due forti personalità, Ay, l’anziano “Padre divino”, che pavido e indeciso, trova impossibile prendere una posizione a favore dell’uno o dell’altro gruppo.

“Non litighiamo tra noi” suggerì Ay. “Il momento è difficile, dobbiamo unire le forze di fronte all’avversità. Esercitate entrambi grandi responsabilità, sta a me coordinare i vostri sforzi nell’interesse superiore del Paese”.

Horemheb saprà guardare oltre, cosciente dello stato di trascuratezza in cui si trova il paese, saprà ricostruire poco per volta tutti i tasselli mancanti a cominciare dall’esercito con l’aiuto di un valente ed energico comandante, Paramesse, con cui condivide il sogno di riportare l’Egitto alla sua grandezza.

Nulla fermerà Horemheb, spronato da chi vede in lui una nuova forza per il paese: “Abbiamo chinato il capo sotto la tirannia di Akhenaton, ed è stato un grave errore. Adesso basta! Quel pazzo è morto, l’Egitto no. Come questa casa, è solo addormentato e disorientato. Sta a te portare a termine la missione che ti hanno affidato gli dei”. Horemheb accetterà la sfida, egli che non appartiene alla famiglia reale, egli che saprà costruire il suo prestigio con i fatti e le azioni.

La “Storia” è già scritta ma Jacq la trasforma in un romanzo avvincente, fra spie, camuffamenti, incontri clandestini, scontri ai confini e veleni. Personaggi storici che agiscono e interagiscono insieme a personaggi di pura fantasia, incluso Vento del Nord, asino alquanto perspicace, rendono il romanzo, una lettura gradevole per chi ama il periodo storico preso in esame.

L’abilità di Christian Jacq sta proprio nel riuscire a racchiudere in un romanzo godibile, un periodo di storia dell’Antico Egitto, siamo intorno al 1335 a.C. denso di avvicendamenti sul trono, periodo in cui le parentele famigliari non sono ancora del tutto chiare e contribuiscono a mantenere il mistero che piace sempre associare a questa cultura.

Nel sentiero della correttezza storica, per quanto è stato ricostruito di questo periodo, Jacq da egittologo qual è, si diverte a disseminare piccole perle d’informazioni con estrema nonchalance fra le pagine del romanzo, ma sono accenni che non ne appesantiscono minimamente la lettura. Questo è Christian Jacq romanziere, non il saggista, lo scrittore che si permette di giocare con i grandi faraoni cogliendoli non solo nella loro ufficialità, ma anche nel lato più nascosto, quello che conosciamo meno: quello umano.

Editore : TRE60 (19 novembre 2020)

Lingua : Italiano

Copertina rigida : 384 pagine

ISBN-10 : 8867025988

ISBN-13 : 978-8867025985

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