Il 12 marzo 1507 nella città di Viana si spegne uno dei più grandi condottieri e controversi personaggi del Rinascimento: Cesare Borgia.
Anita Giannasio, autrice del libro “Borgia. Scandali in Vaticano” di cui potete leggere qui la recensione pubblicata sul nostro blog, ci permette di conoscerlo meglio in questa bellissima intervista impossibile.
Fin troppo facile è chiedere l’altrui parere, quando l’interlocutore ha una mente affine alla propria. Chi mai si sognerebbe di cercar rogne, andando a punzecchiare con chi è ufficialmente etichettato come piantagrane? Sarebbe da pazzi!
Ebbene, in questa particolare giornata si vuole celebrare una ricorrenza che, per quanto infelice, ben cinquecentoquattordici anni or sono ha dato grande gioia ai popoli di Francia, Spagna e i vari e frammentati territori d’Italia. L’intera penisola, eccezion fatta per qualche parente affezionato e amico devoto, trasse un sospiro di sollievo quando Cesare Borgia si spense nella notte tra l’11 e il 12 Marzo 1507, durante l’assedio di Viana.
Ma prima di arrivare alla fine, occorre partire dall’inizio. E quale testimone migliore potrebbe narrarci le avventure di Cesare Borgia se non egli stesso? Sia libero il passo al duca Valentino!
Duca di Valentinois, Urbino, Camerino e la Romagna tutta, nonché conte Diois e principe di Andira e Venafro, e per un periodo Gonfaloniere e Capitano Generale di Santa Romana Chiesa. Sono tutti vostri questi titoli, Eminenza?
Sì. Normalmente non sono un tipo cerimonioso, ma me li sono sudati e guadagnati, dal primo all’ultimo, con… tutto ciò che ne è conseguito, per cui ci tengo che mi vengano riconosciuti.
Ve li riconosciamo, Eminenza. Per comodità, possiamo darvi del “tu” e chiamarvi direttamente “Cesare”?
Ve lo consento. Dopotutto, il mio motto in vita era Aut Cæsar, aut nihil.[1]
La modestia non è una qualità che ti appartiene, vedo.
Ne ho molte altre con cui compensarla, credetemi. Sono consapevole di quanto la Storia mi abbia giudicato male, ma ai miei tempi io e lei andavamo a braccetto.
A braccetto con la Storia? Affermazione singolare… dicci di più.
Ebbene, il giorno stesso in mia madre mi diede alla luce e mi fu dato il nome del più grande condottiero mai esistito, ritengo che il mio destino fu stabilito e forgiato sulla mia persona, sebbene tenendo conto delle difficoltà che avrei dovuto affrontare affinché si compiesse.
Ti riferisci a Gaio Giulio Cesare?
Chi altri? Il più influente uomo al mondo, colui che ha tracciato le sorti e ampliato i confini di Roma, trasformandola nell’unico vero impero della Storia degno di tale nome.
Giulio Cesare era un dittatore, un uomo avverso a molti, tant’è che è finito accoltellato dai senatori…
Ahimé, che bizzarra e impietosa consuetudine quella di criticare colui che viene assassinato e non i suoi assassini! Tanto per cominciare, il dictator era una figura istituzionale nella Roma repubblicana, scelta in tempi di crisi con l’incarico di riportare l’ordine. E poi non vedo perché la Storia della giudicare male Cesare, se poi osanna la figura di Augusto: nessuno si sarebbe ricordato di Ottaviano, se il Divus Iulius[2] non avesse aperto per lui la strada verso l’impero.
Va bene, abbiamo capito, sei un ammiratore di Giulio Cesare… in effetti, anche tu hai dimostrato straordinarie capacità belliche e ambizioni unitarie, a tuo tempo.
Mio padre, Papa Alessandro VI, era un vecchio nostalgico della sua terra natia, la Spagna. Ma io e i miei fratelli eravamo nati in Italia, solo questa era la nostra patria… ed era uno spettacolo indecente all’epoca, divisa in principati e statarelli, invasa a nord dai francesi e a sud dagli aragonesi, pressata a est dai mori. Non ho mai nutrito più ardentemente alcun sogno che non fosse quello di vedere la penisola italica sgombra dai nemici, riunita sotto un unico potere.
Voi Borgia sognavate dunque di costruire un impero?
Mi padre sognava un’unificazione tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli, allora in mano al casato di Aragona; voleva maritare la Spagna in terra italica, aveva persino ottenuto per mio fratello Giovanni la mano della principessa Maria Enriquez de Luna, cugina di re Ferdinando… la determinazione di Rodrigo Borgia era pari alla grandezza delle sue doti diplomatiche.
Quali erano invece i tuoi piani, Cesare?
Non aveva importanza ciò che volevo, finché indossavo la porpora. Mio padre aveva stabilito che seguissi la carriera ecclesiastica per diventare, un giorno, io stesso papa. Ma a me non interessava diventare cardinale, né mi sono mai stati a cuore i vescovati che Rodrigo mi aveva rifilato. Nondimeno studiai, secondo il volere di mio padre, come ogni figlio obbediente.
Quando è avvenuta la svolta? Quando hai iniziato a puntare i piedi e farti valere?
“Ne’ tempi convenienti”, direbbe messer Niccolò Machiavelli, il quale ho personalmente conosciuto e stimato, e fui a mia volta da lui tenuto in gran conto.
Sì, conosciamo il suo trattato “De Principatibus”[3]. Quali sono stati i tempi convenienti per te?
Mi ritenete forse uno sciocco? So bene dell’orrendo crimine di cui la vostra Storia, frutto di maldicenze e interpolazioni, mi vede macchiato. Ebbene, sì, lo ammetto, ho approfittato della prematura dipartita di mio fratello, per liberarmi dal fardello della porpora cardinalizia e vivere la vita che avevo scelto per me… ma non è stata mia la lama che ha tolto la vita al duca di Gandia.
In effetti, la versione più diffusa circa il misterioso assassinio di Giovanni Borgia ti vuole protagonista, Cesare.
Maldicenze, niente di più. Nessun testimone oculare era presente quella tragica notte di giugno, nell’Anno del Signore 1497… l’accusa di omicidio ricadde allora su di me come su un’infinità di altri uomini, giacché mio fratello era uno spaccone e aveva a Roma molti nemici. Se gli storiografi nel corso dei secoli hanno deciso di dare a me – e me soltanto – la colpa, è solo per l’invidia che le mie gloriose imprese hanno generato negli animi altrui. Ricordate le mie parole: nessun uomo prima di me, e per molto tempo dopo il mio tentativo, è mai arrivato tanto vicino a un’Italia unita.
Sicuramente le tue ambizioni spaventarono molte nobili casate, quando ti unisti alla campagna di re Luigi di Francia nel 1499, iniziando a costruire il tuo principato in Romagna. Ma devi convenire, duca Valentino, che senza la morte di tuo fratello non avresti potuto far nulla di tutto ciò.
La Divina Provvidenza avrebbe trovato un altro modo, ne sono certo. Come ho detto prima, il mio destino è stato stabilito al momento della mia nascita, come quello di chiunque altro.
Se tuo padre era papa, perché la sua volontà non ha coinciso con quella di Dio sin dall’inizio, dunque? Perché aspettare la morte di Giovanni per darti carta bianca a permetterti di scrivere da solo la tua storia?
Papa Alessandro era il vicario di Cristo, non Cristo stesso. Non aveva modo di conoscere davvero i suoi progetti, come non aveva modo di conoscere i miei. Del resto, ho dato prova che, quando si tratta di raggiungere i miei scopi, anche le mie vie sono infinite.
Adesso, oltre che a Cesare, ti paragoni anche a Gesù?
Non potrei mai, ammetto di non avere tanto spirito di sacrificio. Semmai a un altro grande condottiero dei tempi antichi: Annibale Barca.
Il generale cartaginese che attraversò le Alpi a dorso di elefante?
Sicuramente fu un uomo risoluto a cui non era facile concepire il fallimento. “Aut viam inveniam, aut faciam”[4], non disse forse così? E altrettanto feci io, approfittando della sventura di mio fratello per dimostrare a mio padre il mio valore come uomo militare, che sarebbe andato sprecato se fossi rimasto semplicemente “il cardinal Borgia”. Come qualunque fratello avrebbe fatto, piansi la morte di Giovanni e mi impegnai nella ricerca del suo assassino, ma ogni sforzo fu vano. Ben presto se ne rese conto anche mio padre, il quale sospese le indagini e si chiuse in un lungo e doloroso lutto.
Un anno dopo la morte del duca di Gandia, ti recasti in Francia, dico bene?
Sì, alla corte di re Luigi. All’epoca era sua ospite la deliziosa Carlotta d’Aragona, figlia di re Federico I di Napoli, ed era mia grande brama averla in moglie. Tuttavia la fanciulla rifiutò ogni mio corteggiamento, provando imbarazzo – così sostenne – alla sola idea di sposare un ex cardinale.
Re Federico non poté fare nulla a riguardo? Nemmeno Luigi?
Federico fu ben lieto, sospetto a posteriori, di non legare la sua casata alla mia. Quanto a Luigi, non avrebbe certo potuto imporsi sulla sua ospite… tuttavia avrebbe senz’altro potuto lasciarmi libero di fare ritorno a Roma, dato che le mire del mio viaggio si erano dissolte come neve al sole.
Perché? Re Luigi ti tenne forse prigioniero presso il suo palazzo?
Un prigioniero con ogni onore… ma sì, l’impedimento di uscire mi rese tale. Vedete, Luigi e mio padre avevano stretto un patto: Papa Alessandro avrebbe ottenuto per suo figlio – adesso ero il primogenito – un matrimonio vantaggioso con la principessa aragonese, in cambio avrebbe dovuto concedere a re Luigi l’annullamento delle sue nozze, poiché egli aveva in mente di sposarsi con Anna di Bretagna, la vedova del precedente sovrano francese, Carlo VIII.
Quando Carlotta rifiutò la tua proposta di matrimonio, Luigi si aspettava comunque di ricevere l’annullamento dal papa.
È così, ma non fu accontentato: mio padre era deciso a trovarmi una moglie di alto rango, e io stesso, devo ammettere, ero rimasto scottato dal rifiuto di Carlotta. Ero un uomo orgoglioso, attraente, poco oltre la ventina… e lei era pur sempre una donna!
Attento a quello che dici, Cesare! Nel XXI secolo non sono ammessi certi pensieri.
Intendo dire che all’epoca era consuetudine che fossero i genitori a scegliere chi una fanciulla dovesse sposare. Funzionava così anche per i figli maschi, ma per le femmine in special modo… Carlotta fu favorita dalla sorte, poiché suo padre non volle costringerla. Lucrezia non ebbe tanta fortuna.
Ah, eccoci arrivati… Lucrezia Borgia. Sono lieta che sia entrato tu in argomento…
Se su me e mio padre sono state inventate odiose calunnie, le insinuazioni fatte sulla mia povera sorella sono di un’oscenità degna di una cloaca. Era una fanciulla intelligentissima e con una passione infinita per le arti e tutte le belle cose al mondo. Senz’altro era difficile trovare un uomo che non volesse stare in sua compagnia; di questa colpa siamo stati accusati persino io e Rodrigo.
Le voci sull’incesto sono quindi mere calunnie?
L’affetto che provavo per lei era immenso, come dev’essere tra fratelli. Mio padre era forse troppo protettivo nei suoi confronti, per questo ha sempre preferito farla soggiornare a Roma, anche quando era sposa di Giovanni Sforza e, successivamente, di Alfonso d’Aragona… ma erano pur sempre i sentimenti di un padre verso la sua unica figlia, di un uomo per il quale la famiglia era tutto e che ambiva a portare la Spagna a Roma, pur di conciliare le sue origini con la sua nuova patria. Trovo ingiusto che siano state fatte speculazioni sul nostro amore per Lucrezia, così come ritengo ridicole le accuse di veneficio mossele contro. Mia sorella era una donna buona, il gioiello della nostra corona, ma essendo pur sempre una Borgia, la Storia ha dovuto incolpare anche lei.
Cesare, sembri suggerire che la vostra famiglia fosse innocente di ogni tipo crimine. Tuo padre elargiva privilegi in cambio di supporto politico, tu eri un militare guerrafondaio… non puoi sostenere che le vostre mani fossero immacolate di ogni colpa.
Ritengo che sia consono giudicare un uomo tanto per le sue azioni quanto per i suoi tempi. I pontefici venuti prima e dopo mio padre non hanno mai commesso empietà? È stato Rodrigo Borgia l’unico papa a lasciarsi corrompere? Non era forse, oltre che il Santo Padre, un padre con dei figli di cui occuparsi? Non era forse un uomo come qualunque altro, capace di commettere peccato e cadere nel vizio? Io posso testimoniare che grandi erano le sofferenze di Rodrigo quando si rendeva conto di aver fallito come vicario di Cristo, e altrettanto grandi erano le sue ammende.
Quanto a me, non sono un ipocrita, perciò non dirò di non aver mai commesso crimini. Ma se l’ho fatto, è stato per raggiungere uno scopo più grande! Non ho mai dichiarato guerra per puro divertimento, bensì con l’alta ambizione di scacciare i barbari invasori dalla nostra Italia e riunificare la penisola sotto l’egida dello Stato Pontificio, il Regno dei Cieli sulla Terra. Ditemi, come avrei potuto raggiungere tutto questo senza sacrificare la mia moralità? Il vostro Garibaldi, l’eroe che è riuscito laddove io fallii, non si è forse mai sporcato le mani d’altrui sangue?
Non siate patetici e riconoscetemi come un avanguardista: io sognai l’Italia unita prima di lui, eppure vi aspettate che la ottenessi senza combattere, che mi venisse concessa gratuitamente. Perché chiamare lui campione e me spietato? Pensate forse che mi sarei comportato da tiranno, una volta conquistata la penisola nel nome dei Borgia? Ebbene, vi sbagliate. Il mio buon governo in Romagna fu molto apprezzato dal popolo. Inoltre il mio interesse non era indossare la corona che più tardi ottenne il Savoia, bensì lasciare al Papato la gestione della penisola, ovviamente col mio pieno supporto per qualsiasi mansione. Perché ho sempre creduto in queste parole: sia dato a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio.
[1]“O Cesare o nulla!”
[2]Cesare fu divinizzato due anni dopo la sua morte, nel 42 a.C., col titolo di Divo Giulio.
[3]“Sui principati”, titolo originale de “Il principe”.
[4]Troverò un modo, o ne inventerò uno.
Editore : PSEditore (3 settembre 2020)
Lingua : Italiano
Copertina flessibile : 355 pagine
ISBN-10 : 8855461613
ISBN-13 : 978-8855461610
Link d’acquisto cartaceo: Borgia. Scandali in Vaticano