«Vipera… vipera, sul braccio di colei c’oggi distrugge tutti i sogni miei sembravi un simbolo, l’atroce simbolo della sua malvagità…»
Siamo giunti alla quinta puntata della serie TV dedicata alle indagini del Commissario Ricciardi, protagonista dei romanzi di Maurizio De Giovanni. Quella in onda questa sera su Rai 1 si rifà in realtà al sesto libro della serie: Vipera. La produzione ha scelto, infatti, di non rappresentare in TV il quinto romanzo “Per mano mia”, ambientato nei giorni di Natale, con vicende che ruotano attorno a una comunità immiserita di pescatori e alle nuove milizie fasciste che controllano il territorio e il commercio locale.
In questa nuova puntata il Commissario Luigi Alfredo Ricciardi, sempre affiancato dal fido Brigadiere Raffaele Maione, è alle prese con la morte della più famosa prostituta di Napoli, all’interno del casino dove lavorava: il Paradiso. Un nome altisonante per un luogo di perdizione, di peccato e di godimento.
Vipera, questo il soprannome di Maria Rosaria Cennamo, viene ritrovata soffocata sul letto all’interno della stanza dove forniva le sue prestazioni ai clienti. Un bordello di lusso, il Paradiso. Non solo splendide donne offrono la loro bellezza agli avventori, ma al suo interno si può cenare, giocare d’azzardo, ascoltare musica.
La morte di Vipera sconvolge la vita del Paradiso, a partire da Madame Yvonne, la proprietaria dell’esercizio. La vittima era una fonte di guadagno fondamentale per tutto il casino, attrazione importante non solo per i clienti abituali.
Nessuno spargimento di sangue, Vipera è stata soffocata con un cuscino. Ricciardi, sul luogo del delitto, condannato dal suo “Fatto” trova l’anima di Maria Rosaria ancora legata da un filo sottile al mondo dei vivi che ripete il suo ultimo pensiero prima di cedere al sonno eterno: “Frustino, frustino. Il mio frustino.”
I sospettati sono molti in questa occasione. Diversi i clienti che, come spesso succede, avevano perso la testa per Vipera.
Maurizio De Giovanni intreccia le storie di diversi personaggi legati alla figura della prostituta, ognuno con un possibile movente. Amore e fame: come sempre i due grandi motori, capaci di muovere la macchina della violenza. Nella loro dimensione più primordiale, pescano nel torbido dell’animo umano, lasciando dietro di sé una scia di dolore.
Che mi risponderesti se ti chiedessi che cos’è l’amore, tu che gemi tra le mie mani, tu che premi il tuo seno contro di me? Forse rideresti, come hai riso poco fa, coi tuoi denti bianchi e gli occhi neri, la mano sul fianco di seta; e mi diresti che l’amore è questo, la stanza di un bordello, reggiseni di pizzo, candele, raso, boa di piume di struzzo. Che l’amore è il lusso, il benessere, il non dover pensare a come procurarsi da mangiare. O forse mi diresti che l’amore dura poco, il tempo di una marchetta: e che il resto della vita si deve trascorrere campando meglio che si può.
La primavera è tornata a illuminare il mare di Napoli, di una luce brillante, passato il grande gelo dell’inverno. Le vie si rianimano in una Napoli sospesa nel tempo di avvicinamento alla Pasqua. Una città divisa tra il sacro del raccoglimento, la preghiera, la condivisione di riti e usanze tramandate nei secoli, e il profano del godimento ricercato nel proibito tra bordelli e bische clandestine disseminate nei vicoli della città.
Ancora una volta l’autore riesce a regalare momenti incredibili di poesia raccontando la città partenopea degli anni ’30 del secolo scorso. Una città che riscopre la vita, dai profumi intensi e i colori sgargianti. E nel rinascere della vita, in quella stagione fatta di speranze, di nuovi progetti, di voglia di fare, una vita viene spezzata proprio nel momento in cui, forse, aveva deciso di cambiare.
Che cosa chiedi alla primavera, mentre ti sciogli in nuove speranze che non credevi di avere, mentre cominci a pensare che forse una vita felice possa esserti ancora riservata? Chiedi alla primavera, e forse lei nella sua follia ti accontenterà. Chiedile la morte.
Le vicende personali dei protagonisti anche in questo romanzo assumono una certa importanza. De Giovanni è un maestro nel portare il racconto in un tempo sospeso, in un gioco di specchi in cui analizza gli stati d’animo di tutti i personaggi. L’azione si cristallizza e il lettore entra nel cuore e nell’anima di ognuno di loro, conoscendoli ogni pagina un po’ di più.
Ricciardi, sempre diviso tra Enrica e Livia, due donne così diverse tra loro ma entrambe decise a combattere per ottenere ciò che vogliono. Due sentimenti che cercano di trovare la loro strada, di aprire una breccia nel muro granitico costruito da Ricciardi. La giovane Enrica sempre più vicina a tata Rosa, conscia di come sia fondamentale una donna nella vita del “signorino Ricciardi”, quando lei non potrà più seguirlo come ha fatto per una vita. L’avvenente Livia che proprio quando sembra perdere ogni speranza di conquistare gli occhi verdi che l’hanno incatenata, trova una rinnovata luce di speranza.
Una menzione particolare merita il Dottor Bruno Modo, le parole del quale chiudono questa recensione. Antifascista e anticonformista, nel mirino del regime come più volte avvisato negli episodi precedenti, non vive un momento felice della propria vita. L’intervento di coloro che gli sono più vicini risulta quindi fondamentale, in un clima di grande tensione. Ricciardi sa che non può fare a meno di Modo, una delle poche, vere e profonde amicizie del Commissario.
Sai anche tu che il principale motore dell’umanità è proprio il sentimento, e che alla fine il sentimento è solo una maniera raffinata di chiamare il sangue che scorre e alimenta le voglie. Siamo animali, amico mio, e non ce ne dobbiamo dimenticare.
Editore : Einaudi (1 luglio 2014)
Lingua : Italiano
Copertina flessibile : 291 pagine
ISBN-10 : 8806220969
ISBN-13 : 978-8806220969
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