Trama
Gaio Pompeo Marcione è un affermato liberto, che potrebbe tranquillamente godersi le enormi ricchezze accumulate grazie alla sua abilità negli affari e alla sua accortezza negli intrighi di palazzo. L’unico suo cruccio è quello d’esser stato sbeffeggiato da Petronio, che nel suo “Satyricon” gli ha affibbiato il soprannome di Trimalcione. A sconvolgerne l’esistenza, siamo nel 79 d. C., arrivano però, quasi in contemporanea, l’eruzione del Vesuvio e un misterioso omicidio, del quale il viceprefetto della flotta di Miseno, braccio destro del celebre Plinio, gli chiede di occuparsi. Gaio è così costretto a indagare nell’oscurità che scaturisce dalle ceneri del vulcano e in quella ancor più fitta creata da un gruppo di congiurati, il cui obiettivo è, per quei tempi, il più elevato che si possa immaginare: l’imperatore Tito Flavio Vespasiano Augusto.
Recensione a cura di Maria Marques
Trimalcione e le cene sono un binomio inscindibile. Petronio, l’autore del Satyricon volle immortalare, in un episodio divenuto famoso, la cena offerta da un liberto ricchissimo in cui ogni pietanza si trasforma in un capolavoro dell’arte culinaria. Per Gaio Pompeo Marcione tuttavia, la cena di Trimalcione non è un capolavoro della letteratura, ma è soltanto un cruccio, poiché è lui che ne ha ispirato a Petronio il protagonista. Addirittura alcuni suoi concittadini non lo chiamano più per nome ma con il soprannome inventato da Petronio. In realtà la cena è uno scherzo che si è ritorto, come spesso accade, contro chi l’ha organizzato e, il raffinato e snob Petronio l’ha immortalato in libro, in cui Trimalcione diviene una figura grottesca di un arricchito, volgare e ignorante, circondato da amici dello stesso stampo, confermando che la ricchezza e l’educazione non è detto che procedano a braccetto.
Trimalcione, anzi iniziamo a chiamarlo con il suo vero nome, Gaio Pompeo Marcione, è il primo ad ammettere che si è lasciato trasportare dallo scherzo.
A quei tempi il nostro imperatore era Nerone e nelle ville dei senatori romani si faceva a gara per stupire i propri commensali con sontuosi banchetti preparati dai migliori cuochi e spettacoli di cantori e giocolieri. Di quelle feste Petronio era il più chiacchierato protagonista, anche per questo era chiamato arbiter elegantiarum. Quando veniva a riposarsi nella sua villa di Baia, tutti ci dannavamo per invitarlo, concedendogli il posto d’onore intorno al tavolo. Vi ricordate l’aria di sufficienza con cui egli ci trattava, come se a Puteoli, a Baia e a Bauli vivessero soltanto zotici indegni di partecipare alla grandezza di Roma? Fu allora che io e Albino decidemmo di dargli una lezione, invitandolo alla più stravagante cena di tutti i tempi. Be’, forse ci lasciammo prendere un po’ troppo la mano…
Un uomo di mezza età quindi, Marcione, talvolta annoiato e imbolsito da una vita di agi, intelligente e curioso, abile negli affari, ma con un passato oscuro alle spalle, un passato che incute timore tanto che non sono molti quelli che si azzardano a deriderlo:
Non che tutti trovassero il coraggio di farlo in modo esplicito, però; i più avevano troppa paura di Gaio Marcione. E non a causa della sua enorme ricchezza o della sua influenza politica, ma per l’alone di mistero che circondava la sua persona. Si sapeva, per esempio, che aveva lavorato come agente al servizio della corte imperiale, sotto tutti i principi da Claudio in poi, e che aveva contribuito all’ascesa al potere di Vespasiano, durante la guerra civile seguita alla morte di Nerone.
E se, durante il giorno della terribile eruzione del Vesuvio, in cui il sole è oscurato dalla nube emersa dal cono vulcanico e tutti si nascondono nelle case pregando gli dei, fosse commesso un omicidio? E se sul cadavere fosse rinvenuto un anello con il sigillo imperiale? Se foste il vice prefetto della flotta di Miseno, lasciati soli da Plinio, il prefetto, che ha levato le ancore con alcune quadriremi per portare aiuto agli abitanti della zona colpita dall’eruzione, e foste costretti a intervenire, che fareste?
Chiamereste una persona che sappia muoversi con discrezione nelle cittadine della zona, che sappia essere incisivo e ottenere le risposte chi vi occorrono e che vi possa raggiungere il più rapidamente possibile. Marcione accetta l’incarico di scoprire che cosa si celi dietro l’omicidio, rimettendosi al servizio dell’impero perché nella sua vita manca l’avventura e la noia trasuda nelle stanze della sua villa lussuosa, mentre cerca di arginare l’esuberanza e l’intraprendenza della moglie Fortunata cui lo legano affetto, ma anche una lucida e pratica visione di che cosa siano gli affari e come vadano condotti.
A complicare il tutto si aggiunge un furto nella villa del prefetto Plinio e da lì la ricerca s’infittisce, s’inerpica tra i vicoli di Miseno, nelle ville dei patrizi della splendida campagna della zona, per giungere sino a Roma, al palazzo imperiale, increspando le onde di un lago che da tempo sembrava tranquillo. Quanto era stato nascosto e dimenticato, torna alla luce con prepotenza, richiedendo l’intervento dell’imperatore e dei suoi pretoriani, arrivando proprio là, dove il terreno è ancora caldo, dove la lava ha coperto e sigillato vite e città, cancellandole improvvisamente con la furia devastante dell’eruzione.
L’autore, Armando Carravetta, sceglie di inserire in un momento drammatico, quale quello dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e nel periodo immediatamente a seguire, un’avventura emozionante cui parteciperanno personaggi di fantasia e altri realmente vissuti, intrecciando abilmente il loro agire e conducendo il lettore proprio nelle zone colpite dall’eruzione il cui silenzio contrasta con le cittadine costiere ricche di vita, commerci e attività al limite del lecito.
Sottesi alla vicenda narrata, ci sono riferimenti storici e urbanistici molto approfonditi, che denotano da parte dell’autore una ampia conoscenza della zona che comprende non solo Pompei, ma anche il territorio che circonda l’antico porto di Miseno.
Marcione si troverà a collaborare fianco a fianco non solo con l’imperatore ma anche con uomini del suo entourage, come ad esempio il prefetto del pretorio, Tiberio Giulio Alessandro, dapprima con lieve imbarazzo, superato rapidamente quando si accorgerà che sono uomini pratici, capaci di abbandonare i ruoli privilegiati per collaborare, mettendo a frutto anni di esperienze in vari settori che confluiranno in un’unica “avventura” con un finale che naturalmente non posso anticipare, ma che permetterà al protagonista di distogliere l’attenzione di molti da Trimalcione, come farà notare in modo garbato la sua brillante consorte lieta di riaverlo a casa: ” … invece di raccontare sempre le stesse storie, perché non racconti ai tuoi amici… la grande avventura di cui sei stato protagonista durante l’eruzione del Vesuvio?”.
Copertina flessibile: 206 pagine
ISBN-13: 978-8832144642
ISBN-10: 8832144646
Editore: Aporema Edizioni (21 luglio 2020)
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