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Blog tour: “Nel nome di Cesare” di Andrea Oliverio – Gli antagonisti

Concludiamo con questa tappa il Blog Tour che ha visto protagonista il nuovo libro di Andrea Oliverio “Nel nome di Cesare” edito da Aporema Edizioni. Raccogliamo il testimone da “Il mondo incantato dei libri” che ieri ci ha introdotto nel discorso della guerra e delle fazioni che l’hanno provocata.

“Roma non è soltanto un’entità geografica. Roma non è circoscritta da fiumi, monti o mari. Roma non è un fatto di razza, sangue o religione: Roma è un’idea. Roma è la più sublime personificazione della libertà e della legge mai realizzata dal genere umano”

“Alea iacta est”. Il dado è tratto. Quante volte abbiamo sentito e forse anche utilizzato questa locuzione che secondo Svetonio sarebbe stata pronunciata da Cesare nel momento del passaggio del Rubicone. Un atto di sfida contro Roma, il passaggio con le proprie legioni del confine italico della Repubblica di Roma, il 10 Gennaio del 49 a.C.

Guerra civile romana (49-45 a.C.) - Wikipedia

Cesare in quel momento diventa un nemico della Repubblica e del Senato vicini alla figura di Gneo Pompeo Magno. Ecco le due parti principali in gioco sullo scacchiere, nel secondo romanzo di Andrea Oliverio “Nel nome di Cesare”. Il sequel de “L’inviato di Cesare” ci riporta nell’Antica Roma proprio alla viglia della guerra civile che provocò un numero ingente di vittime nei successivi cinque anni circa.

Dopo la morte di Crasso nel 53 a.C., il triumvirato si scioglie lasciando al potere solo Cesare e Pompeo appunto. Cesare è di rientro dalle campagne vittoriose in Gallia, dove ha piegato le popolazioni locali al volere di Roma. Pompeo è proconsole di Hispania e a Roma viene nominato Consul sine collega (console senza collega). È l’inizio dello scontro tra i due.

Il senato della Repubblica preoccupato dalla brama di potere di Cesare che sta scendendo con le sue legioni verso Roma, cerca l’aiuto di Pompeo per fermarlo. Ma quest’ultimo decide di scappare dall’Urbe e da Brindisi salpa alla volta della Grecia. Cesare ha la possibilità di impadronirsi di Roma e decide di ripartire subito dopo per conquistare i terreni spagnoli che fino a quel momento sono stati sotto l’egida del suo avversario.

Da una parte troviamo gli ottimati, le antiche famiglie patrizie che rappresentavano la nobilitas del tempo, dall’altra la nuova fazione dei popolari che difendeva gli interessi dei cavalieri e dei plebei favorendo gli scambi commerciali e la crescita in ricchezza dei commercianti.

Gli ottimati e i popolari nella politica di Roma Antica | Il Bar di Roma  Antica

Sono queste le due categorie sociali che si rivaleggiano sotto lo stendardo dei due principali personaggi dell’epoca: Pompeo per gli ottimati e Cesare per i popolari.

Lo scontro a cui assistiamo all’interno del romanzo “Nel nome di Cesare” vede le due fazioni rivaleggiarsi durante l’assedio di Massilia, la città che oggi risponde al nome di Marsiglia. Antica colonia greca alleata del Senato di Roma e quindi degli ottimati, fronteggia l’assedio delle legioni di Cesare che per diversi mesi tentano l’assalto e la conquista della città.

Nel romanzo ritroviamo i due protagonisti del primo episodio, i centurioni Verre e Cinna, fedelissimi di Giulio Cesare, di ritorno dalla campagna in Africa raccontata nel primo volume, che si ritrovano tra le legioni che assediano Massilia.

Verre poco prima di partire per la Gallia ritrova a Roma Letizia, la donna incontrata durante la prima campagna a Leptis Magna. Letizia si affianca a lui nel viaggio che lo porterà a congiungersi alle truppe di Cesare nei territori della Gallia. La visione di Verre nei confronti del futuro dictator ci restituisce a pieno il pensiero delle legioni a lui a fedeli:

”Cesare non è un uomo come tutti gli altri. È il mio generale. L’uomo al quale ho giurato fedeltà quando mi sono arruolato. Sono certo che agisce e opera per la gloria di Roma.”

Letizia non è dello stesso avviso. Si tratta di un personaggio molto particolare di cui non voglio svelare troppi dettagli, per non togliere la sorpresa e il gusto ai lettori.

“Io invece credo che Cesare cerchi la sua, di gloria. Troverà come farsi proclamare dictator e vedrai che eliminerà l’opposizione. Tornerà tutto come ai tempi di Mario e Silla.”

La classica lotta per il potere. Due uomini e due forze politiche in gioco, in un periodo storico molto affascinante, che ha gettato le basi per quello che diventerà l’Impero Romano che conosciamo.

Roma è popolata da menti eccelse, oltre a strateghi militari e politici, troviamo grandi pensatori e filosofi. Marco Tullio Cicerone è sicuramente uno di questi e i suoi pensieri sull’approssimarsi dello scontro fratricida ci permettono di entrare nel contesto, apprendendo come era vista la situazione politica del momento.

“Sospirò malinconico, mentre nel profondo dell’anima si interrogava sul proprio operato: aveva davvero fatto tutto il possibile per salvare le istituzioni ed evitare una sanguinosa guerra civile? Sapeva che questo scontro sarebbe stato il più violento dai tempi di Silla e Mario”.

La guerra civile alle porte porta un clima di incertezza. Si cercano alleanze per ingrossare le fila delle legioni che saranno impegnate nelle sanguinose battaglie. Lo scontro è inevitabile. L’assedio di Massilia è solo uno dei primi episodi che vede i due antagonisti contendersi il potere su Roma.

“La guerra era così: non aveva senso, eppure da sempre gli uomini combattevano per sopravvivere e conquistare.”

La maggior parte degli studiosi concorda nel sostenere che questa guerra civile sia il frutto di un decadimento delle istituzioni repubblicane avviato già in precedenza, dai tempi della riforma delle legioni di Gaio Mario e degli scontri tra i sostenitori di quest’ultimo e quelli di Silla (83-82 a.C.). Uno scontro interno alla Repubblica che già si stava alimentando da tempo. Cesare e Pompeo raggiungono una situazione di estremo conflitto che non poteva risolversi diversamente.

“Cesare è abile e valoroso sui campi di battaglia, e lo ha dimostrato piegando la Gallia, ma sa anche come farsi acclamare dal popolo: conosce i metodi per manipolarlo a suo piacimento!”

Andrea Oliverio ci racconta le vicende della guerra civile dando vita e fiato a personaggi comprimari. Assistiamo alle gesta di legionari che dedicano la propria vita, e spesso anche la morte, all’ideale di un condottiero, di un generale in cui credono fermamente, un uomo valoroso che indichi loro “la strada” per la gloria militare e una posizione di prestigio nella scala gerarchica della società.

Il soldo militare nell'antica Roma | Wall Street International Magazine

Verre e Cinna incarnano gli ideali del legionario dedito alla causa legata a quel determinato condottiero che promette onore e gloria oltre a ricchezze materiali. La bravura dell’autore sta nel far vivere i due antagonisti come Cesare e Pompeo senza quasi farli apparire nelle vicende. Personaggi che rimangono ai margini del racconto ma sono presenti in scena con la loro ombra incombente e le mosse strategiche con cui decidono le sorti della battaglia.

In questo secondo romanzo non troviamo solo le fazioni di Cesare e Pompeo, ma facciamo la conoscenza degli Albici, una confederazione di tribù galliche, abitanti del sud-est della Francia proprio alle porte della città di Massilia. Guidati dal druido Caylum, gli Albici diventano presto un “terzo incomodo” tra i due litiganti. Una popolazione determinata a riconquistare la propria indipendenza, pronti a sacrificare vittime innocenti per chiedere la grazia delle divinità protettrici. Un ostacolo ulteriore sulla strada delle legioni romane.

Una guerra civile che corre sul filo sottile delle alleanze, con le sorti che possono cambiare con un semplice e rapido voltafaccia di un generale o di un senatore. Questo libro fa vivere a pieno il lettore le sensazioni provate da quei comprimari della storia, coloro che subiscono le scelte di chi detiene il potere, cercando il proprio posto nel mondo.

Prima di lasciarvi vorrei porre una domanda all’autore a conclusione di questo Blog Tour: senza il rischio di incorrere in spoiler visto che è Storia conosciuta, secondo te cosa ha avuto in più Cesare per vincere questa guerra e diventare il dittatore che tutti conosciamo?

Penso che Cesare abbia avuto l’abilità di osare, ha costruito la sua intera carriera con l’audacia. Inoltre Cesare rispetto a Pompeo era più allenato a combattere, la campagna di Gallia era finita da poco quando iniziò la guerra civile, mentre Pompeo era diventato più un politicante che un condottiero, non era più allenato alla guerra (la sua ultima fatica risaliva a 14 anni prima per cui celebrò il terzo trionfo). Questo fece molta differenza a mio avviso. Senza dimenticare un altro aspetto importante: Cesare era libero di agire, non doveva rendere conto a nessuno, se non al popolo (così diceva lui per giustificare le sue azioni volte a dare la spallata decisiva alle istituzioni Repubblicane che erano ormai fuori dal contesto sociale e civile della Roma di quegli anni – lo dimostrano le continue lotte di “classe”, noi oggi le chiameremmo così); Pompeo invece doveva ingraziarsi i senatori, la vecchia guardia che a quel modello di governo era aggrappata come un naufrago a una tavola di legno. Il problema è che lo stesso Pompeo ambiva a diventare il padrone di Roma, ma non poteva farlo alla luce del sole.Cesare in più aveva i suoi veterani, dei folli invasati che avevano visto più volte la morte in faccia durante le guerre contro le tribù galliche e che sarebbero morte per un generale che li aveva sempre condotti alla vittoria (anche nelle situazioni più disperate) e che li aveva fatti diventare ricchi con i bottini di guerra e le terre promesse dopo la pensione. Avevano una motivazione fortissima, e un uomo motivato, che combatte per degli ideali vale molto più di mercenari o reclute improvvisate che combattono per la gloria dell’avido Senato.

Copertina flessibile : 396 pagine

ISBN-10 : 883214459X

ISBN-13 : 978-8832144598

Editore : Aporema Edizioni (2 giugno 2020)

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