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Le Interviste impossibili di TSD: Ildegarda di Bingen

Tornano le interviste impossibili di TSD e oggi ospitiamo Ildegarda di Bingen, un personaggio molto affascinante che ha parlato con Elide Ceragioli e Giuseppe Cuminatto. 

A cura di Elide Ceragioli e Giuseppe Cuminatto

Ildegarda carissima, abbiamo imparato a conoscerti e ad ammirarti per quello che sei stata, per quello che hai fatto e per quello che ci hai lasciato. Hanno parlato e scritto di te come donna, monaca, scrittrice, drammaturga, poetessa, musicista e compositrice, filosofa, linguista, cosmologa, guaritrice, naturalista, consigliera politica e profetessa. Come preferisci essere definita e ricordata?

Forse sono stata un po’ tutto questo, ma vorrei essere considerata soprattutto una donna che ha
dedicato la vita all’Amore. Ho amato con tutta me stessa Dio, che è Amore, e il frutto di questo
amore che è il Creato, dalle pietre ai fenomeni naturali, le piante, gli animali: ognuno con stupende proprietà da scoprire. E poi la creatura per eccellenza: l’essere umano nella sua dualità uomo-donna.

Da tanti tuoi scritti traspare evidente una particolare attenzione alla donna: ci dici in sintesi chi è la donna, secondo te, nella famiglia, nella Chiesa e nella società?

Da donna che ha vissuto in un contesto dove le donne erano all’ultimo gradino sociale, avendo la
possibilità di riflettere molto, di confrontarmi con la realtà e la concretezza delle situazioni penso
che la donna sia come il vento. Si può tessere la stoffa per la vela e montarla, ma non si può
programmare il vento. L’uomo, nella vita della Chiesa come nella società, è la struttura, è l’albero,
ma il vento sono le donne. L’uomo vuole modificare il mondo, fecondarlo, dandogli una forma,
plasmandolo. L’uomo ama risolvere problemi, per questo, tanto per dirne una, gli piace la
tecnologia, che gli permette di fare nuove cose. L’uomo esce fuori di sé e agisce.
La donna è più attenta alla dimensione interiore, alle relazioni, ai rapporti. Più che uscire accoglie,
più che agire interagisce. La donna è pensata per essere ciclica: volente o nolente una volta al mese si resetta, e questo le permette di rimanere in contatto con la realtà. E nel suo essere ciclica è legata alle stagioni, al tempo, di cui è complice perché lei sa che il tempo è gestazione, è tempo per qualcosa. È attesa per qualcuno. La donna si sente a proprio agio nei limiti del proprio essere e con la sua presenza riempie il mondo dall’interno. Poiché alla donna è affidata la vita quando è debole, nel suo formarsi, lei si ricorda che bisogna mangiare, dormire, non si scorda la natura. La donna è l’enciclica che Dio ha regalato a tutta l’umanità. C’è una particolare connivenza tra lei, che è messa di fronte ai misteri più gravi della vita, e lo Spirito datore di vita e consolatore. La donna lotta per l’uomo, per la sua salvezza, è per lui come uno specchio positivo che gli mostra il bene e il bello possibili. È predisposta al dono di sé, e infatti si realizza quando può donarsi, che sia a dei figli di carne o no.

È per questo dunque che nei tuoi testi si parla chiaramente di sessualità? Dicono che hai infranto il tabù dell’orgasmo femminile ed hai paragonato l’universo all’utero: ce ne parli? 

Ho vissuto sempre con donne, le mie guide prima (soprattutto Jutta) e poi le mie novizie e le mie
consorelle, ma ho anche incontrato tante mogli e tante mamme, che mi chiedevano consiglio per i
loro problemi o aiuto per curare i loro dolori fisici e spirituali. Ne ho aiutate tante a partorire e
altrettante a cercare di avere quel figlio che il marito (dedito per lo più alla guerra, ai piaceri della
caccia, della tavola e del bere) non sapeva più dare; tante ne ho consolate, perché la loro relazione
familiare non funzionava più e spesso erano inibite da un’educazione maschilista e bigotta. Ho
cercato di insegnar loro che quando una donna fa l’amore con un uomo, sentendo un senso di calore
nel cervello che porta alla gioia dei sensi, comunica il gusto di quella delizia durante l’atto e stimola l’emissione del seme dell’uomo. Perciò, quando il piacere si manifesta nella donna, è più sottile che nell’uomo: è atto meraviglioso, passionale e divino che si trasmette anche all’uomo e diventa l’espressione della gioia del Paradiso terrestre. Ho però cercato di conoscere anche l’aspetto maschile, che è complementare a quello femminile, formando insieme l’immagine dell’universo, e a suo tempo ho descritto così la differenza tra piacere sessuale maschile e femminile:
Quando una donna fa l’amore con un uomo, sentendo un senso di calore nel cervello che porta alla gioia dei sensi, comunica il gusto di quella delizia durante l’atto e stimola l’emissione del seme dell’uomo. E quando il seme è caduto nel suo luogo naturale, quell’impetuoso calore discende dal cervello della donna e attira il seme e lo trattiene, e presto gli organi sessuali della donna si contraggono e tutte quelle parti che sono pronte ad aprirsi durante il periodo mestruale adesso si chiudono, nello stesso modo in cui un uomo forte può tenere qualcosa stretto in un pugno.
Quando nel maschio si fa sentire l’impulso sessuale (libido), qualcosa comincia come a turbinare dentro di lui come un mulino, poiché i suoi fianchi sono come la fucina in cui il midollo invia il fuoco. Ma nella donna il piacere (delectatio) è paragonabile al sole, che con dolcezza, lievemente e con continuità imbeve la terra del suo calore, affinché produca i frutti, perché se la bruciasse in continuazione nuocerebbe ai frutti più che favorirne la nascita. Così nella donna il piacere con dolcezza, lievemente ma con continuità, produce calore, affinché essa possa concepire e partorire, perché se bruciasse sempre per il piacere non sarebbe adatta a concepire e generare. Perciò, quando il piacere si manifesta nella donna, è più sottile che nell’uomo.
L’universo in cui viviamo, tutta la creazione, è come un grande utero materno in cui la vita viene
accolta, curata, fatta crescere. Potrei dirvi che Dio, la Santissima Trinità, nella sua essenza è una relazione erotica tra maschile e femminile, ma qui non abbiamo lo spazio per approfondire una questione così complessa e allo stesso tempo bellissima. Però papa Benedetto XVI, che mi ha canonizzata nel 2012, l’ha spiegato nella sua enciclica Deus caritas est: leggetela!

Ma tu e le tue consorelle eravate votare a castità, povertà e obbedienza: come si potevano conciliare con quanto hai detto prima?

Anche questo, forse, è difficile da spiegare, ma diventa semplice se lo si vede come la risposta a una
chiamata d’amore. La vita claustrale non è per tutti: è accettabile, anzi bella e desiderabile se vissuta
come risposta a una vocazione precisa. Purtroppo, all’epoca, molte ragazze venivano mandate in
convento per scelte di comodo delle famiglie di origine e finivano in un ambiente che per loro era
una prigione. Per questo mi sono sempre battuta in loro difesa, per convincere chi le voleva relegate
a lasciarle libere di vivere la loro vita nel mondo. Non sempre ci sono riuscita, ma ho sempre
cercato, contro il parere di tanti, di far sì che la vita nel monastero fosse lieta, serena, capace di
riconoscere ovunque bellezza e gioia. Ho aggiornato la Regola di San Benedetto perché, almeno nei
giorni di festa, vestissero di bianco e di verde (perché la verginità ha un bell’accordo di assonanza
con la viriditas); non recidessero i capelli, si abbigliassero di fiori, di perle e di monili (come le
donne delle mie visioni), scrivessero, studiassero, miniassero e soprattutto danzassero e cantassero
la musica che componevo per loro: anche il concerto scenico “Ordo Virtutum”, oggi lo chiamereste
musical.
Veramente stupendo! Sai che la tua musica è ancora suonata e molto apprezzata?!
Abbiamo appena iniziato, ma il tempo per oggi è già finito: ci dispiace! Appena possibile però
faremo un’altra chiacchierata, perché vorremmo ci raccontassi qualcosa sulle tue visioni e sulla viriditas. Poi devi parlarci anche del tuo amico-consigliere Volmar, dei tuoi rapporti con il papa, con Bernardo di Chiaravalle e con l’imperatore Federico I Barbarossa e dei tuoi numerosi viaggi, nonostante fossi monaca di clausura. D’altronde hai avuto la grazia di vivere 81 anni, tantissimo per i tuoi tempi, ed hai fatto un’infinità di cose che ci incuriosiscono. Grazie del tempo che ci hai dedicato e … a presto.

Vi lasciamo di seguito i dettagli del libro di Elide Ceragioli in cui potrete leggere di Ildegarda

Trama
In un contesto storico-geografico preciso e definito, descritto con pennellate chiare e decise (frutto di ricerca seria e approfondita), Ildegarda di Bingen si trova a vivere e agire incontrando personaggi di ogni estrazione sociale; condivide esperienze e situazioni di vita con le consorelle e i monaci benedettini “vicini di casa”, con nobildonne e cavalieri, prelati e abati, donne, uomini e ragazzi del popolo più umile. I fatti coinvolgono i protagonisti, che vengono descritti nella loro natura essenziale, ma completa. Alla descrizione dei luoghi ed alla narrazione dei fatti si fonde l’introspezione psicologica dell’anima dei singoli personaggi e l’analisi del contesto sociale e culturale in cui vivono e agiscono.
Quasi fosse un giallo-poliziesco il racconto si snoda narrando alcuni omicidi alla cui soluzione Ildegarda dà un contributo essenziale. Fatti e personaggi di fantasia si amalgamano con luoghi, persone e situazioni storiche. Intreccio narrativo e connotazione storica si fondono arricchendosi reciprocamente, senza stridere né contrastarsi, ma esaltandosi e valorizzandosi a vicenda.

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