Articolo a cura di Roberto Orsi
Oggi TSD raccoglie il testimone del Blog Tour, o forse in questo caso visto che parliamo di battaglie cruente, dovremmo dire “raccoglie il vessillo” dal blog
Letture e Recensioni di Flavia Guzzo che ci ha parlato nella sua tappa del
dialogo interreligioso, argomento antico come il mondo ma tremendamente attuale.
Il mio compito è quello di approfondire ancora il contesto storico in cui si muovono i protagonisti del libro. Se da una parte Alessandra Micheli ci ha portato alla scoperta dell’
Impero Ottomano nel suo articolo sul blog
Les Fleurs du Mal, in questo articolo analizzeremo l’altro versante del campo di battaglia: la dinastia dei Paleologi a capo di quello che era conosciuto come l’Impero Romano d’Oriente.
I Paleologi (o Paleologhi) erano una famiglia bizantina appartenente alla grande nobiltà del tempo, che verso la fine del XI secolo cominciarono ad affermarsi sulla scena politica dell’Impero. La dinastia da quel momento garantì numerosi uomini di Stato e capi militari che acquisirono sempre più potere e riconoscenza dal popolo.
I Paleologi furono l’ultima dinastia a sedere sul
trono di Costantinopoli. Fu un periodo molto lungo, quasi due secoli, dal 1258 con Michele VIII fino al 1453 con l’ultimo
imperatore Costantino XI, che lasciò l’impero alla conquista degli Ottomani di Maometto II.
Nonostante una progressiva decadenza istituzionale e politica, il periodo della dinastia fu molto importante a livello artistico e culturale.
Nel campo della pittura e del mosaico, il periodo della dinastia dei Paleologi fu molto fiorente.
Il carattere più significativo dell’arte paleologa è la trasformazione degli schemi tradizionali, monumentali e grandiosi, in forme pittoriche movimentate, illusionistiche ed espressive.
Da non dimenticare anche le raffigurazioni di icone portatili dipinte e a mosaico; così come nel campo della miniatura, in cui furono realizzate opere di buon livello.
Furono
duecento anni in cui progressivamente l’Impero Romano d’Oriente volse al tramonto, sempre più isolato dall’Occidente. Questo distacco, nonché la inesorabile discesa verso la fine dell’Impero, si ritrova tra le righe del
nuovo romanzo di Emanuele Rizzardi. Il racconto che Alessio Filantopeno lascia al figlio, in questo romanzo, riporta gli
avvenimenti del 1293, quando sul trono di Costantinopoli sedeva
Andronico II Paleologo.
L’autore chiama sulla scena il
basileus Andronico II in due sole occasioni, all’inizio e alla fine del romanzo. Un’apertura e una chiusura a mo’ di teatro, ma una presenza costante nel resto della storia, nelle gesta di Alessio Filantropeno il nipote dell’Imperatore, a cui lo stesso Andronico II ha affidato la missione di riconquistare diversi territori nei territori dell’attuale Turchia.
Il basileus sembrava una persona diversa, avvolta nella porpora imperiale con il vestito ricamato d’oro che gli scendeva fino ai piedi e la corona tonda, tempestata di gemme fieramente salda sul capo. Orecchini di perle su entrambi i lobi. Sembrava un uomo imponente, un’emanazione divina, l’immagine più grande della forza dell’impero.
Tra le
numerose battaglie che Emanuele Rizzardi ci racconta, le fortezze assediate ed espugnate da Alessio, le alleanze e i tradimenti con i Turchi e le tribù di barbari e predoni, esce fuori lampante la grande difficoltà affrontata dal basileus Andronico II nella gestione dell’Impero. Se il predecessore, il padre Michele VIII caratterizzò il suo regno con una grande attività diplomatica internazionale,
Andronico II fu un sovrano più debole, nonostante l’immagine forte e tenace che voleva comunicare con il proprio aspetto. Un imperatore che progressivamente perse i territori asiatici e balcanici, rispettivamente a favore dei Turchi e dei Serbi.
Sul piano militare, infatti, la situazione non giocava a suo favore. Gli sforzi di suo padre avevano militarmente ed economicamente esaurito ogni risorsa disponibile, tanto più che non esisteva la possibilità di ripotenziarle. La trasformazione della pronoia in proprietà ereditarie aveva creato un vero e proprio regime feudale, e questo fatto, allargandosi le proprietà dell’aristocrazia e della Chiesa, aveva sottratto all’Impero entrate tributarie e forze militari. A questo punto all’imperatore non restava che ridurre spese ritenute infruttuose, innalzare la pressione fiscale, pagare pesanti tributi ed affidarsi a forze mercenarie.
Andronico si trovò racchiuso in un circolo vizioso dal quale non riuscì più a liberarsi, decretando la morte di Bisanzio quale grande potenza. Purtroppo, tra le prime misure decretate da Andronico al fine di ridurre i costi, vi furono la riduzione all’osso degli effettivi militari, cui si pensava di sopperire all’occasione con truppe esclusivamente mercenarie, e lo smantellamento della flotta, affidandosi agli alleati genovesi, un errore che Niceforo Gregora così commentò:
Le triremi lasciate vuote nel Corno d’Oro, disseminate qua e là, andarono in rovina, si spaccarono o si incagliarono nel fondo del mare, eccetto alcune, pochissime in verità.
Gli equipaggi, disoccupati, trovarono accoglienza o tra i Latini o tra gli Emiri turchi.
E se esternamente le popolazioni turche e mongole spingevano per far cadere l’Impero, all’interno della famiglia dei Paleologi si fanno sentire i primi dissidi sulla gestione politica e amministrativa dei territori.
Andronico II deve far fronte a diversi dissapori con altri membri della dinastia, tra tutti con il fratello Costantino. Proprio il malumore nei confronti del basileus Andronico II per alcune leggi che scontentano i nobili e proprietari terrieri a favore di contadini, e l’inasprimento delle tasse per il popolo, sarà il punto cardine della vicenda che vede Alessio Filantropeno sempre più contrapposto allo zio imperatore.
Quelle parole mi fecero venire in mente tutte le divergenze che erano emerse con Andronico: il suo ruolo di basileus, di guida suprema del nostro popolo, unito a quello di zio, potevano essere un motivo sufficiente per giustificare tutto quanto di sbagliato stava compiendo? Avere dubbi su di lui era un immondo peccato, oppure aveva ragione Osman e doveva essere la legge del più degno a prevalere?
Un dilemma che attanaglia Alessio nei giorni che scorrono durante la sua campagna di riconquista. Tradire la fiducia di un proprio famigliare per seguire i propri ideali, divergenti da quelli del basileus, o mantenere la linea politica fedele all’Imperatore in carica?
E nel contesto già difficile di gestione di un impero vasto ed eterogeneo si aggiunge una “classe dirigente” delle provincie composta da “uomini inetti, avidi, corrotti e raccomandati da partenti importanti, totalmente inadatti a ricoprire ruoli di comando”. Se l’Impero era sull’orlo del collasso, era anche colpa di gente come loro.
Un disfacimento a quanto pare inevitabile, quello della dinastia dei Paleologi sul trono di Costantinopoli, determinato probabilmente da un uomo troppo debole per affrontare una situazione così complessa, ma che di sicuro soffrì la sua poca attitudine
La consapevolezza dell’inevitabilità della fine è il peso più grande che un uomo possa sopportare.
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