Trama
Aprile 1975
. A soli quarantotto anni, Matilde Carbiana sta per diventare nonna. Il nipote ha deciso di nascere proprio il giorno del suo compleanno. Eppure, quello che dovrebbe essere un momento di grande gioia pare turbarla. E il turbamento arriva da lontano …
Estate 1943.
La cittadina di Venosa è occupata dai nazisti, che terrorizzano gli abitanti. Matilde, giovane e determinata, non ha intenzione di rimanere confinata nella provincia lucana: vuole convincere il padre, viceprefetto della cittadina, a lasciarla andare a Bari per completare gli studi. Fausto Carbiana accetta, ma a patto che la accompagni suo fratello Antonio. A Bari, nella pensione che li ospita, vivono altri studenti, tra cui Gregorio, un giovane medico. L’antipatia iniziale che Matilde nutre per lui si trasforma ben presto in un sentimento profondo. Ma la guerra e gli eventi avversi rischiano di separarli proprio quando hanno capito di non poter più fare a meno l’una dell’altro. Matilde si troverà suo malgrado, di fronte a scelte più grandi di lei, che cambieranno per sempre la sua vita. E non soltanto la sua …
Recensione a cura di Laura Pitzalis
Partiamo dall’immagine della cover perché questa immagine, a mio parere azzeccatissima, racchiude l’anima del romanzo.
È una delle opere più celebri di
Vittorio Corcos “Sogni”: una ragazza seduta con estrema disinvoltura su una panchina, sulla quale ha appoggiato il suo cappello in paglia a tesa larga, tre libri e l’ombrellino da passeggio. Ha la testa appoggiata sulla mano e fissa dritto negli occhi, con sicurezza, l’osservatore. Le gambe sono accavallate, in una posizione che, all’epoca, siamo nel 1896, non era ritenuta decorosa.
L’opera suscitò scalpore per una posa così disinibita che aveva dato adito a voci circa legami troppo “stretti” tra la modella e il pittore, che all’epoca avevano rispettivamente ventitré e trentasette anni. Niente di tutto ciò: si trattava soltanto di un dipinto di grande modernità che, fatto pressoché nuovo per la società italiana del tempo, restituiva l’immagine di
una donna emancipata e indipendente. L’opera è oggi conservata presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
Antonia Maria Matilde Carbiana, la protagonista del libro, è così: una donna dinamica e ribelle, in un periodo in cui è molto difficile esserlo soprattutto in provincia, una donna che fissa dritto negli occhi con sicurezza, che sa quello che vuole e, soprattutto, non vuole mai essere seconda a nessuno, o si è primi o si lascia stare …
Sapeva scrivere benissimo, aveva vinto persino la medaglia d’argento per il miglior tema della Basilicata, l’unico anno in cui suo padre l’aveva mandata a scuola. Il primo premio le sarebbe spettato di diritto ma era stato data alla famiglia di una bambina di Maratea, morta prematuramente […] Da allora Matilde aveva capito che scrivere non l’avrebbe portata da nessuna parte […] Le piaceva immensamente scrivere, ma non le piaceva affatto arrivare seconda.
Il suo bel caratterino, dal temperamento determinato e deciso, lo dimostra già a sei anni quando, nella colonia estiva dell’estate 1933, convinta di essere stata derubata delle sue cinque lire dalla compagna di stanza, urla, piange e protesta per avere giustizia. Non demorde neppure in fila, nel cortile, durante la parata in onore del segretario del partito fascista Achille Starace che, sentendone i lamenti, si avvicina e chiede cosa mai le fosse successo: “ Mi hanno rubato le mie cinque lire” risponde con una gran faccia tosta e per nulla intimidita.
Starace si rialzò e cominciò a frugare nelle sue tasche. “Ecco”, le disse infine porgendo a Matilde una moneta. “Prendi le tue cinque lire, piccola italiana”.
Una moneta da cinque lire che Matilde
non spenderà mai, la custodirà gelosamente portandola sempre con sé: il simbolo della sua ostinazione, della sua forza di volontà.
Una ragazza amante dei libri perché
è attraverso la cultura che la donna può essere libera e indipendente. Grazie alle meravigliose pagine dei libri che divora, Verga, Dumas, Maupassant, capisce che
il posto che la storia riserva alle donne è miserevole rispetto a quello che realmente meritano. Non ama la Marchesa Colombi, Neera, Carolina Invernizio, Liala perché il tema dei loro romanzi è sempre l’amore con protagoniste sempre sciocche e bisognose d’aiuto per essere salvate. “ Da chi, poi? Le donne si salvano da sole”
Odio Cenerentola […] È così stupida […] C’è bisogno di aspettare che ti aiuti la fata? Non sei capace di andare via da quelle streghe delle tue sorellastre e da quell’arpia della tua matrigna?.
Per lei innamorarsi rende stupidi. Matilde non ha molta considerazione dell’amore, men che meno del matrimonio, inutile istituzione creata solo per far figli e per costringere le donne a rimanere a casa, “una gran bella seccatura” che mette fine alla libertà e alle letture.
Ecco questa è Antonia Maria Matilde Carbiana nei suoi migliori anni … fino al giorno che chiede al padre, “coraggiosamente e con le cinque lire tra le dita”, di andare a studiare a Bari assieme al fratello Tonino. La ragazzina che non credeva che ci fosse un destino perché ognuno era artefice del proprio, che non condivideva appieno il moto latino “ quo fata vocant” perché al fato bisognava dare una mano se si voleva ottenere qualcosa,
da quel momento sarà clamorosamente smentita dalla vita, dovrà fare delle scelte che non avrebbe voluto fare, dovrà ribaltare le sue nodali convinzioni.
Molto brava Cinzia Giorgio nel riuscire a trasmetterci ogni sfumatura dell’anima di Matilde che si trova a 48 anni, in procinto di diventare nonna, a fare i conti con un passato che, come un flashback, ritorna nei suoi pensieri ricordandole la sua adolescenza e le sue decisioni:
aveva vissuto una vita che non l’aveva soddisfatta, una vita serena, tranquilla ma distante dalla felicità.
Si era sentita attrice che recitava un copione non adatto a lei. Interprete di un ruolo che non le piaceva ma che era costretta a sostenere per non morire.
Tanti sono i personaggi che ruotano intorno a Matilde, che l’autrice caratterizza così bene da renderli avvincenti quasi quanto lei.
Splendide e dettagliate le descrizioni dei luoghi, dei costumi, dei riti e delle usanze di un’ Italia meridionale alle prese con la seconda guerra mondiale.
Un romanzo coinvolgente che, con una narrazione fluida, chiara, mai noiosa o ripetitiva, ci fa rivivere alcuni avvenimenti della guerra
dal punto di vista di una gioventù che vivendo i primi amori, le prime delusioni non smette di sognare. Anzi sono proprio questi sogni che li aiutano a sopravvivere. Sogni… altro riferimento al quadro riprodotto in copertina.
Ma la grandiosità di questo romanzo, l’aspetto che, per me, lo rende sublime è la capacità di Cinzia Giorgio di
rendere vive le emozioni con un racconto diretto delle paure, delle ansie e della gioia per la fine del conflitto.
Un libro piacevole che vi farà emozionare, sorridere, sognare! Provate a leggerlo davanti ad una tazza di tè fumante accompagnato da una fetta di crostata di marmellata di amarene e in sottofondo la canzone “ La vie en rose” … Sublime!
La voce di Edith Piaf faceva sognare tutto il mondo. […] Quella canzone era per lei l’essenza della gioia di vivere e andare avanti, nonostante tutto
Copertina rigida: 320 pagine
Editore: Newton Compton Editori (27 gennaio 2020)
Collana: 3.0
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8822736869
ISBN-13: 978-8822736864
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