Articolo a cura di Laura Pitzalis
Abitando in una località denominata Torre degli Ulivi, (forse perché c’è una Torre di avvistamento costiera risalente al 1600 circa e filari di Ulivi?), potevo non “intervistare” le mie piante d’ulivo e farmi raccontare la loro storia? Volete sentirla anche voi? Ecco il racconto di questi alberi dalla forza titanica che li rende quasi immortali, che portano frutti che nutrono, guariscono, ispirano e stupiscono.
Fin dall’antichità, tra noi Ulivi e voi uomini, ci sono stati legami molto stretti: abbiamo una storia lunga almeno settemila anni e ne fanno fede racconti tradizionali, testi religiosi e rinvenimenti archeologici.
Omero chiamò il prodotto dei nostri frutti “oro liquido”. Il filosofo greco Democrito pensava che una dieta a base di miele e olio d’oliva potesse permettere a un uomo di vivere cento anni, un’età molto avanzata in un’epoca in cui la speranza di vita oscillava intorno ai quarant’anni!
Simbolo di sacralità e di pace, sinonimo di fertilità e rinascita, di resistenza alle ingiurie del tempo e della guerra, simbolo di valore, abbiamo accompagnato la storia dell’uomo dagli albori della civiltà fino ai nostri giorni. Nelle nostre origini, storia e mitologia s’intrecciano strettamente fino a confondersi.
Una leggenda ci farebbe risalire al primo uomo e saremo cresciuti sulla tomba di Adamo, mentre per gli Egiziani sarebbe stata la dea Iside a farci conoscere all’umanità.
Un mito greco attribuisce alla Glaucopide Atena, la dea dagli occhi che risplendono come le nostre foglie verde-argento, la nascita del primo ulivo, che sorse nell’Acropoli a protezione della città di Atene.
Il nostro scopritore e l’inventore del modo di estrarre l’olio, sarebbe stato, secondo una leggenda riferita da Plinio e da Cicerone, Aristeo, all’epoca fenicia. Per i Romani, invece, fu Minerva a insegnare l’arte della nostra coltivazione e del nostro olio.
Sapete che abbiamo nostre testimonianze nientemeno che nel ciclo Troiano?
Nell’Iliade, in verità, siamo un po’ snobbati e non siamo rappresentati nemmeno sullo scudo d’Achille, a differenza del vino citato più volte. Si parla di noi, invece, nell’Odissea con Ulisse scampato al naufragio, incrostato di sale, che è lavato da Nausicaa e dalle fanciulle Feaci e poi unto con l’olio degli olivi coltivati nel giardino di Alcinoo. Inoltre, è costruito con il nostro legno il letto di Ulisse a Itaca, è di un ramo d’olivo la clava di Polifemo, una scheggia della quale servì a Ulisse per accecare il mostro, e anche il manico della scure che Calipso dona a Ulisse.
Nella Bibbia, poi, abbiamo più di cento riferimenti! Ricordiamo come la tradizione pone di fronte all’antica Gerusalemme il “Monte degli Ulivi” e come la nostra bellezza sia spesso citata nell’Antico Testamento, come nel libro del profeta Osea dove Dio d’Israele è paragonato alla magnificenza dell’olivo.
D’altra parte che noi fossimo un simbolo si deduce anche dall’episodio della colomba che torna dall’arca di Noè tenendo nel becco un rametto d’ulivo. Lo stesso nome di Gesù, Christos, vuol dire unto. E ancora la Bibbia racconta che fu un Angelo a dare a Seth, il figlio d’Adamo, tre semi da mettere fra le labbra del padre dopo la sua morte. Dalle ceneri di Adamo germogliarono un cedro, un cipresso e un olivo.
Non per vantarci, ma è interessante come siamo stati considerati sacri da molte popolazioni, forse per la nostra natura di pianta resistente e longeva: possediamo la capacità di rigenerarci dalle nostre radici raggiungendo così età plurimillenarie!
E se per i classici il vino esalta la mente e si esprime nel banchetto, il nostro olio cura il corpo e lo esalta nelle gare atletiche: nell’antica Grecia l’olio unge i muscoli dei corridori e dei lottatori, d’ulivo (selvatico) è la corona che adorna il capo dei vincitori e olio d’oliva, proveniente dai frutti degli ulivi sacri ateniesi e donato in vasi riccamente ornati, sono il premio per le Panatenaiche.
Il nostro olio non solo era usato per l’igiene e la cura del corpo, ma anche per l’alimentazione, come lubrificante, per l’illuminazione, come farmaco e per i riti sacri. Tra questi, importantissimi, i riti funerari con la purificazione e unzione dei corpi.
Grande, inoltre, la produzione di profumi e balsami derivati dall’olio d’oliva, una “moda” che veniva dall’Oriente e che spopolava in Egitto.
Quanto fosse importante il nostro olio per i popoli del Mediterraneo, si può desumere dai loro scritti e addirittura delle loro leggi.
Intorno al 2500 a.C. Hammurabi nel suo Codice delle leggi assiro-babilonesi, emana norme precise sull’olio di oliva che ha già un’importanza economica come merce di scambio, specialmente con gli Egiziani, e per i conti interni come pagamento delle tasse.
Nel VI secolo a.C. il legislatore ateniese Solone introdusse leggi per la protezione dell’ulivo. Da un uliveto si potevano rimuovere ogni anno solo due ulivi e la violazione di questa legge comportava sanzioni gravi, fra cui la pena di morte.
Ma qual è la nostra origine storica?
Le tracce più antiche sono state trovate in Israele, e più precisamente a Haifa, e sono fatte risalire al V millennio a.C. Probabilmente il nostro habitat originario fu in Siria e i primi che ci trasformarono da pianta selvatica in una specie domestica furono senza dubbio popoli che parlavano una lingua semitica.
Dalla Siria fu poi facile il nostro innesto in Grecia.
A Creta, nel palazzo di Cnosso (il mitico Labirinto di Minosse), sono emersi dagli scavi i depositi di enormi anfore (Pithoi) alte anche due metri, adibite esclusivamente alla conservazione dell’olio. A Festo sono stati ritrovati resti di torchi, presse e perfino tavolette d’argilla su cui erano registrati i luoghi di produzione e destinazione dell’olio.
Il commercio marittimo di olio era, infatti, la base dell’economia dei Cretesi che lo esportavano in tutto il Mediterraneo, e particolarmente in Egitto. Proprio in Egitto, nella tomba di Ramsete III (1184-1153 a.C.) e in quella di Tutankamon (1325 a.C.), si possono ammirare affreschi che riproducono vasi da olio e rami d’ulivo e allo stesso Ramsete III si deve la decisione di far impiantare il primo uliveto (2700 ettari) per la produzione di olio destinato al culto di Ra (Osiride).
Nel secondo millennio ci insediamo, con la civiltà micenea, nell’Attica e nel continente fino ad arrivare, con l’età del bronzo, fino all’Albania.
In quel tempo in Palestina già ci coltivavano e producevano olio in grande quantità. Non so se siete a corrente che è stato da poco portato alla luce nei pressi di Tel Aviv, a Tel Mique Akron, un oleificio filisteo capace di produrre annualmente anche 2000 tonnellate d’olio. Era olio destinato all’illuminazione e alla produzione di balsami, da esportare nelle terre del Nilo per le imbalsamazioni e i riti funerari. Questa fabbrica può essere considerata uno dei più grandi complessi industriali dell’antichità.
Furono i Fenici, con le loro navi veloci, a far conoscere la nostra coltura da oriente a occidente nel Mediterraneo e così, dal IX sec. a.C. siamo largamente coltivati anche a Cartagine. Da qui alle coste della Sicilia e della Spagna il viaggio è breve.
Tra il VI e il IV sec. a.C. ci diffondiamo nell’area centrale della penisola italica, specialmente tra gli Etruschi. Ed è da questi che i Romani apprendono l’arte di fare l’olio e furono loro a esaltarne l’uso alimentare che fino allora era sempre apparso secondario. L’olio va ad arricchire di grassi e di sapori le polente, le verdure e i cereali che per tutto il periodo repubblicano costituiscono la loro base alimentare. E per quest’utilizzazione l’olio doveva essere buono: su questo le idee, i Romani, le avevano veramente chiare tanto che numerosi sono i trattati con le indicazioni per il mantenimento degli uliveti e per la produzione dell’olio, validi ancora oggi!
Insomma i Romani ci tenevano molto in considerazione basti pensare che dovunque arrivassero con le loro legioni, per prima cosa tracciavano strade e coltivavano viti e ulivi!
Ed elevato fu il commercio e il consumo del nostro olio, cosa testimoniata dalla presenza del Testaccio, una collina artificiale, esistente ancora oggi, di oltre 40 metri di altezza e due ettari di estensione, sorta tra il I e il III secolo nei pressi del porto sul Tevere. Questa collina si è sviluppata con i cocci delle anfore spagnole che venivano rotte dopo il consumo dell’olio.
Con la caduta dell’impero romano, la nostra produzione ha un arresto, causato da un lungo periodo di guerre e carestie: si produce poco, si muovono solo gli eserciti e i popoli barbari e gli unici a possedere degli uliveti sono i monaci, che utilizzavano l’olio durante le funzioni liturgiche.
Dobbiamo aspettare la metà del 1300 per vederci risorgere, grazie soprattutto all’opera delle comunità monastiche, in particolare i Benedettini e i Cistercensi, che daranno un nuovo impulso all’agricoltura, con la bonifica di terreni paludosi e la messa a dimora di nuove piante.
Ma è nel Rinascimento che finalmente il nostro olio assume tutta la sua importanza. La domanda, che arriva da tutti i mercati europei, è fortissima e non solo: pensate che, grazie a Cristoforo Colombo, raggiunge le Americhe, stivato nella pancia lignea della Nina, della Pinta e della Santa Maria!
Il sec. XVIII è per noi un secolo d’oro: l’Italia è la produttrice del miglior olio che si trovi sul mercato europeo. Si fanno sempre più estese le terre convertite all’olivicoltura, cui attinge non solo il settore alimentare, ma anche la nascente industria conserviera, quella dell’illuminazione, della saponificazione.
Purtroppo però nella seconda parte dell’ottocento e inizi del novecento, causa l’emigrazione e conseguente diminuzione della manodopera, veniamo abbandonati!
Ma noi Ulivi che siamo alberi “tosti”, riusciamo a sopravvivere alla grande. È grazie a questa nostra forza che potete ancora attraversare boschi di ulivi secolari e non certamente alla cura e intelligenza di voi uomini!
Per fortuna, oggi siamo tornati a rivestire un ruolo di prestigio non solo perché sono stati fatti notevoli investimenti nell’olivicoltura per l’ampliarsi del commercio verso paesi sprovvisti del nostro prodotto, non solo per l’arrivo di nuove tecnologie che hanno consentito prezzi migliori e una più rapida diffusione del prodotto, ma anche grazie alla conferma dei benefici che l’olio d’oliva ha per la salute!
E in un’era, dove tutti vogliono essere belli e sani, noi abbiamo un posto di rilievo: l’EVO, infatti, costituisce una difesa da malattie che interessano l’apparato digerente e quello cardiovascolare, oltre ad abbassare i livelli del colesterolo cattivo, a favorire l’attività del cervello e a rallentare l’invecchiamento osseo.
Questo siamo noi Ulivi, a testa alta nonostante tutte le fatiche, piante umili, discrete ma forti e resistenti. Alberi antichi dai lunghi trascorsi: siamo la piena e concreta espressione della consolidata civiltà dell’uomo!
Che dire… solo ora mi rendo conto che nel mio giardino non ho solo delle bellissime piante che ne esaltano la bellezza, ma dei veri e propri simboli di sacralità e… una verdissima farmacia!
FONTI
http://www.anapoo.it/la-storia-delloilio/lolio-nella-storia/
https://www.olio-extra-vergine.it/storia-dell-olio-di-oliva/
https://www.teatronaturale.it/tracce/cultura/9016-fra-leggenda-e-realta.htm
https://www.schirinzi.it/olio-e-dintorni/storia-ulivo-mito-e-leggenda/