Articolo a cura di Armando Comi
presento questo appello a Gesù Cristo, giudice equo il quale conosce, protegge, giudica, rivela e corona immancabilmente la giusta causa di ognuno
J. Hus, Appello a Gesù Cristo
Praga, XV secolo. La città Boema è la capitale dell’impero da mezzo secolo per volontà dell’imperatore Karl IV.
Praga ha conosciuto un notevole sviluppo divenendo arcivescovato e sede di una delle più prestigiose università europee. La capitale nel giro di pochi decenni diviene il centro politico d’Europa e rimarrà tale per due secoli circa, fino alle sanguinose guerre del Seicento. Accanto al potere politico cresce anche l’università e Praga assume presto l’aspetto di una affascinante fucina culturale attirando pensatori brillanti che agitano il dibattito culturale dell’epoca.
Tuttavia, quel che accadde alla capitale Boema nella prima metà del Quattrocento fu destinato ad adombrare irreversibilmente il volto della città e a gettare su di essa l’ombra dell’eresia per i secoli a seguire. Il responsabile di questa tragedia ha un nome e un cognome:
Jan Hus, rettore dell’Università Karlova e confessore dell’imperatore.
Il contesto storico è molto complesso. Il dramma inizia lontano da Praga, a Roma.
Sul soglio pontificio vi sono contemporaneamente due papi: un papa e un antipapa. Chi dei due è il vero prescelto da Dio?
I due papi sono Giovanni XXIII (!) e Gregorio XII, in lotta per ottenere il soglio pontificio.
Giovanni XXIII decise di muovere guerra al suo rivale e iniziò a cercare fondi per finanziare le operazioni militari. Questi fondi li chiese a Vencesclao IV re di Boemia e futuro imperatore. Fu così che la Boemia entrò in guerra contro il regno di Napoli, che invece appoggiava Gregorio XII.
In questa intricata rete di alleanze l’unica cosa che contava era trovare i soldi per finanziare la guerra, fu così che i
l re di Boemia iniziò a vendere le indulgenze, ovvero il perdono dei peccati da parte del papa.
E a questo punto interviene Jan Hus.
Hus infatti denuncia che un papa non può vendere il perdono. Il perdono è di Dio, mentre il papa è solo un uomo. Una delle tesi che lo porteranno sul rogo. Hus dimostra che nei Vangeli non si parla mai di papi o di vendita di indulgenze. Ma a nulla valgono le sue dimostrazioni.
L’arcivescovo e il re ovviamente intervennero vietando a Hus di predicare il Vangelo e di proferire parole di disprezzo contro il papa.
Ma questo divieto fece scattare in Hus un sospetto grave e preoccupante:
chi è che può desiderare che il Vangelo non venga predicato?
Vietare il Vangelo è un gesto satanico, dunque solo i seguaci dell’Anticristo possono desiderarlo.
Papa Giovanni XXIII viene dunque identificato con l’Anticristo. E chi è allora re Vencescalo IV che ha obbedito all’Anticristo? Il re di Boemia, sottomesso al papa satanico è diventato un seguace di Satana.
Scoperta questa inquietante verità,
per Jan Hus il problema diventa:
è giusto obbedire agli ordini di un’autorità che impone leggi evidentemente immorali?.
La risposta di un uomo fermamente convinto della bontà del messaggio cristiano è evidentemente “no”.
La disobbedienza diventa al contrario lo strumento per agire bene, non obbedire alle leggi assume il valore di un atto etico e di un gesto di amore. Infatti se l’autorità ordina di uccidere, di frodare o di non studiare i testi sacri, allora diventa giusto non obbedire, anche perché obbedendo a una simile autorità si finisce per diventare assassini, corrotti e ignoranti.
Ma come può un cittadino sapere se sta obbedendo a ordini giusti? Jan Hus risponde dichiarando che il messaggio del vangelo è semplice: amare. C’è amore nelle crociate? C’è amore nelle guerre? C’è amore nel comprare il perdono per i propri peccati? C’è amore nel vietare la lettura del Vangelo? C’è amore nell’impedire a qualcuno di esprimere la propria opinione?
La risposta è, evidentemente, no.
Chiunque sceglie di privarsi dell’amore pur di non aver problemi con la legge sta rinunciando alla libertà. E la libertà è il primo bene di cui ci ha fatto dono Dio.
E la Chiesa? Che fine fa la Chiesa? Per Jan Hus la parola Chiesa (ecclesia) deve tornare al suo significato originario, ovvero assemblea, unione. In sostanza
per Hus un gruppo di fedeli che si riunisce liberamente per pregare e predicare amore è l’autentica vera chiesa. Non serve altro. Cristo consegnò a Pietro il ruolo di capo della chiesa, ma intesa come comunità di fedeli, non come istituzione politica.
Se un fedele sente il bisogno di chiedere perdono per la propria condotta di vita, o se sente la necessità di essere giudicato o aiutato deve appellarsi a Dio, non a un altro uomo che ha i suoi stessi limiti. Un uomo che cerca Dio può farlo nella propria coscienza, non attraverso un sacerdote.
Queste
tesi portarono Jan Hus sul rogo nel 1415. Venne invitato a ritrattare le proprie tesi ma quando si presentò agli inquisitori venne immediatamente imprigionato. Si rifiutò di obbedire al papa, preferì il rogo alla sottomissione.
Hus aveva fatto una curiosa profezia su sé stesso, a partire dal significato del suo cognome: Oca. Ironizzava spesso: “Oca, Oca, prima o poi finirai arrosto”.
Prima di appiccare il fuoco del rogo, i suoi carnefici gli posero sulla testa la corona dell’eresiarca, con dei demoni danzanti. Così viene rappresentato dai contemporanei.
Le sue ceneri vennero disperse in un fiume, in modo che nessuno potesse venerarne i resti o farne reliquie.
Il suo pensiero condusse la Boemia in quelle che sono note come guerre hussite, condotte da tutti i fedeli che credettero in lui e ne ammirarono l’estremo sacrificio.
La sua statua troneggia tuttora nella piazza principale di Praga.
Martin Lutero dirà che Jan Hus è stato il suo predecessore, seppur meno fortunato.
Il papa che lo condusse sul rogo, Giovanni XXIII, venne depennato dall’elenco dei papi, e il suo nome venne riutilizzato da papa Roncalli nel Novecento.
Il grido di Jan Hus “la verità vince”, è scritto sulla bandiera Ceca.
Hus,
Predica della seconda domenica dopo la nascita di Cristo:
I preti hanno fuorviato il popolo con la pretesa di un’obbedienza a loro dovuta, che molti dicono e predicano che qualsiasi cosa il papa comandi, la gente deve farla o attenervisi, come se il papa non potesse cadere in errore […], dicono che se un superiore, come un vescovo o il papa, comanda qualche cosa di malvagio, l’inferiore deve obbedire; perché non lui avrà peccato ma colui che comanda.
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