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Sapeva che le donne lo trovavano attraente, come dicevano, per quel ciuffo di capelli neri che gli ricadeva sulla fronte a ogni movimento, i baffetti sottili che ricordavano Errol Flynn e lo sguardo color cielo. Il contrasto colpiva, così come il fisico alto e proporzionato, tuttavia era anche conscio di come il suo modo di fare, troppo spesso respingente e gelido, riuscisse ad appannare gran parte del presunto fascino.
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Ad aprirgli fu una vecchia, la schiena curvata dalla cifosi e rughe profonde a solcarle il viso. I capelli erano ingrigiti e crespi e forse per questo si ribellavano alle forcine, creando intorno al capo un’aureola elettrica.Tutti i personaggi di questo libro, dai colleghi di Sorrentino agli inquilini del palazzo di via Crispi 21, dalla maestra di musica con la figlia dalla bellezza provocante ma la mente da bambina all’imponente portinaio, dalla corpulenta Giuseppina all’esile e mingherlino ciabattino Cortese … tutti sono descritti in un modo che li rende vivi ai nostri occhi, ognuno con la propria specificità della vita quotidiana che scorre inesorabile con i propri dolori, paure, malinconie, inquietudini.chiese con malagrazia e in dialetto, mentre si asciugava le mani sul grembiule.”
- E vuje, mo, che vulite?
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Appena varcato il portone […] pensò di trovarsi a bordo di qualche nave della Real Marina del Regno delle Due Sicilie, dove fosse stato messo in atto il famoso ordine del “facite ammuina”: gente che si spostava da destra a sinistra e da sinistra a destra, su e giù per le scale con frenesia, inseguendo ordini ipotetici che lui non era certo in grado di comprendere.Superba nelle descrizioni dei luoghi più diversi, dai miseri vicoli dei quartieri popolari alle zone più ricche della borghesia e nobiltà, Lidia Del Gaudio ci fa immergere nelle atmosfere di questa Napoli anni ’30 e io, seduta nel mio divano a leggere, vedo davanti a me una banda di scugnizzi con le facce sporche che fuggono a nascondersi; sento la vera voce di Napoli, quella delle squillanti voci delle comari che da un balcone all’altro si aggiornano sui fatti della giornata, quella degli strilli di bimbi, delle urla dei venditori ambulanti, delle bestemmie di facchini … E mi faccio accarezzare il viso dalla brezza della sera mentre, estasiata, ammiro, dalla terrazza di villa Matarazzo, un panorama mozzafiato che spazia dalla collina del Vomero fino al Castel dell’Ovo, e in mezzo:
…le luci della città che parevano spettatori di un anfiteatro dove andava in scena la perenne dicotomia tra conforto e disperazione, opulenza e povertà, tripudio e lacrime, che affliggeva Napoli.La lettura è scorrevole e trascinante grazie ad un linguaggio chiaro e semplice, con dei dialoghi che gli intercalari in dialetto rendono vivi, frizzanti, vivaci e che mi hanno letteralmente fatto impazzire! Adoro il dialetto napoletano così gaio e faceto, un dialetto che “Permette quasi sempre una satira pungente e penetrante mentre agevola in maniera meravigliosa le immagini fresche e naturali che sgorgano dalla fantasia dei napoletani”, come dice Cesare Caravaglios nel suo libro “Voci e gridi di venditori in Napoli”. Per concludere, voglio riportare un passo del romanzo, dove sono descritti i napoletani, un brano che reputo un’autentica perla, dove si evidenzia che la scrittura, come scrive nei ringraziamenti Lidia Del Gaudio, “più che di orpelli, aggettivi e avverbi, ha bisogno di un cuore che batte”.
Insomma, io sono napoletano, commissario, e i napoletani sono persone particolari. Vi danno il cuore quando è il momento, l’entusiasmo, l’adunata, l’oro alla patria e tutto il resto. Poi però ogni tanto si fermano e si fanno due conti della vita spicciola, del dare e avere, dell’esistenza che non è eterna e del ccà nisciuno è fesso, non so se rendo l’idea. E così come si sono entusiasmati, cosi si disentusiasmano presto presto. Non sempre con la rivoluzione o con chi lo sa quali grandi azioni. Lo fanno con l’apatia, come quando uno si disamora del suo più grande amore e, allora, prima sopporta, poi si arma di silenzio e indifferenza e li cova sotto la cenere, fino a quando non succede quel qualcosa che li fa esplodere come l’eruzione di un vulcano. Del resto, qua sotto al Vesuvio ci troviamo, o no?
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