Chiara Guidarini intervista Armando Comi a proposito del suo libro I quattro enigmi degli eretici, che ha letto e recensito per il nostro blog.
Benvenuto, Armando e grazie di aver accettato di rispondere alle mie domande e curiosità che mi sono sorte durante e dopo la lettura del tuo romanzo storico “I quattri enigmi degli eretici”
Iniziamo subito. Cola di Rienzo è un personaggio complesso, notevole per il suo tempo, che però è passato da una prefazione splendente a un epilogo terrificante.
A. C. Ciao Chiara e grazie a te, a Roberto e al blog TSD per avermi voluto ospitare qui da voi!
È proprio come dici, una salita splendente e una caduta terrificante, questa è in sintesi la storia di Cola di Rienzo. Ed è proprio per questa ascesi di splendore culminata nella dannazione, che Cola venne paragonato dai suoi contemporanei a Lucifero. Il papa stesso lo chiamò “Figlio di Belial”, ovvero del demonio, dell’Anticristo, accusa non semplice da scrollarsi di dosso specie nel XIV secolo.
Come mai hai scelto di dedicarti a lui e cosa ti ha affascinato di lui?
A. C. In realtà è stato lui a venirmi incontro nell’impervio sentiero di studi che affrontavo da ricercatore universitario. Mi spiego. Dalla mia tesi sul Santo Graal il mio docente ricavò diversi argomenti di ricerca, tra cui il Millenarismo, soprattutto medievale. Confrontarmi con il profetismo e con l’anno Mille mi ha messo appunto sulla stessa strada di Cola di Rienzo. Quello con Cola era solo il primo di tanti incontri eterodossi, mi imbattei infatti in altri eretici quali Jan Hus o Jan Amos Komensky, ma certamente tra quelli che mi colpì maggiormente ci fu proprio lui, Cola di Rienzo. Leggendo le cronache medievali restavo sempre più allibito dagli eventi e dagli aneddoti riportati. In effetti, credo non si possa restare indifferenti difronte a un uomo che faceva dipingere i propri sogni sulle mura romane ritenendoli profezie, così come è difficile restare impassibili davanti alle mani di Cola di Rienzo che raccolgono il sangue di un Colonna da una pozzanghera per battezzare il proprio figlio.
Dal tuo scritto si evince la ricerca, continua, di Cola di Rienzo, del paranormale. Leggevo una tua dichiarazione in cui dicevi “le sue lettere sembravano più la visione di un veggente che un programma politico”. Hai tenuto in mano proprio la copia originale delle sue lettere e se sì, com’è toccare con mano una lettera autografata da un personaggio così importante?
A. C. Per fortuna i Tipografi del Senato di Palazzo Madama, hanno pubblicato l’epistolario di Cola di Rienzo nel 1890, rendendo più semplice la vita ai ricercatori. Tuttavia posso mostrarvi una sua carta autografa, di quando ancora era un notaio, dunque prima del tentativo “luciferino” di presa del potere. Quel che vedete è il documento conservato in un archivio romano dove è possibile leggere la vera scrittura di Cola di Rienzo. Per la gioia dei grafologi:
So che hai dichiarato anche “leggendo i suoi scritti ne resti turbato” perché alla fine Cola di Rienzo si sentiva più un profeta o un veggente che un politico. Puoi farci un esempio di qualche frase che scriveva?
A. C. “Verum prophetia Cirilli, in celo descripta, loquitur de tribuno…”, questa breve frase è solo un piccolo esempio. Qui Cola di Rienzo sta scrivendo all’imperatore Carlo IV. Il tribuno dopo essere finito prigioniero dell’imperatore a Praga, con l’accusa di eresia, anziché ritrattare tutto, cosa fa? Già pronto a essere condannato e con l’inquisizione addosso ha l’ardire di scrivere all’imperatore che lui è il tribuno di cui parlano le profezie di Cirillo comparse in cielo. Ma non solo, in preda a deliri mistici si autoaccusa di essere uno strumento di Satana: “potentum preces fuit ipse Sathanas mediator”. Questo è solo un piccolo saggio di quello che si trova nelle sue lettere rivolte a Carlo IV o all’arcivescovo di Praga. Il secondo volume su Cola racconterà appunto il periodo della cacciata da Roma e del suo arrivo a Praga. Una fase della sua vita che gli storici definiscono “mistica”, ed in cui Cola entra in contatto con le più controverse eresie del suo tempo.
Lo “Speculum in Aenigmate”, che nel tuo libro è il fulcro della ricerca intrapresa da Cola, è un oggetto controverso: contiene al contempo elementi cristiani e altri paranormali, occulti. Lo specchio che riflesse il momento della creazione di Dio, il cui potere è sconosciuto e in immaginario. Come hai scoperto dello specchio e c’è stata realmente una ricerca intrapresa da Cola?
A. C. La locuzione Speculum in Aenigmate è tratta da Paolo di Tarso, quando sostiene che noi uomini non conosciamo davvero la verità perché non siamo in grado di guardarla in faccia. Allora, per non restarne accecati, “videmus nunc per speculum in aenigmate”. Il passo biblico tradotto recita: “Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia”.
Ne I Quattro enigmi degli eretici lo specchio mantiene questa ambiguità già presente nella fonte, ovvero consente di vedere Dio, ma di vederlo in modo confuso. Ma non solo, lo specchio di Cola di Rienzo, quello storicamente attestato, intrappolava al suo interno, secondo le credenze dell’epoca, un demone che le fonti chiamano Floron. Ecco una cronaca in volgare romano: “In quello spiecchio costregneva lo spirito de Fiorone”. La frase è un’aperta accusa contro la magia nera di Cola di Rienzo, che come si legge “costringeva”, ovvero teneva prigioniero il demone Floron (Fiorone nel testo).
Leggendo le note finali spieghi che è stato rinvenuto uno specchio corrispondente alla descrizione tra il patrimonio di Cola di Rienzo. Se non si tratta di anticipare il seguito del libro, ci puoi spiegare se hai trovato documenti che attestano la ricerca e se sì, cosa dicevano? Corrisponde a quella che racconti nel libro?
A. C. Lo specchio, esattamente come riportato nel romanzo, pare fosse appartenuto al Vescovo di Verona. La fonte (Cronica di Anonimo Romano) che racconta del suo ritrovamento è un’ulteriore prova di quanto la magia nera fosse praticata anche tra le altre sfere ecclesiastiche. Questo è il motivo per cui il paranormale entra a pieno titolo nel romanzo storico, perché è un fenomeno con una sua precisa collocazione storica. Ecco il passo del ritrovamento dello specchio nella stanza del Vescovo di Verona:
“Sotto lo capitale dello lietto de questo vescovo fu trovato uno spiecchio de acciaro con moite divise carattere. Nello manico era una figura. La lettera diceva: “Questo ène Fiorone”. Puoi li fu trovato un livricciuolo, nello quale stava pento un nimico de Dio, lo quale abracciava uno omo, e un aitro demonio li dava una cortellata in pietto”.
Non ci è dato sapere come sia finito in mano a Cola di Rienzo, e quello che la storia non dice deve dirlo il romanzo. Come sostengono i Wu Ming, il romanzo deve compensare le mancanze delle fonti.
A un certo punto nel tuo libro la ricerca si interseca con elementi fortemente paranormali. Cola di Rienzo era veramente certo di aver assistito a questi eventi o è stata un’esigenza di trama?
A. C. Cola di Rienzo venne considerato un catoptromante, lo attestano le cronache, lo ribadisce Petrarca e persino in alcuni racconti popolari abruzzesi (dovuti al suo lungo soggiorno sulla Majella) è descritto come un mago. Nel romanzo gli aneddoti paranormali sono tutti tratti da fonti, ad esempio il rito delle trenta messe, oppure l’uccisione del gallo (rito officiato addirittura da un papa), il rito della vasca da bagno, i disegni dipinti sulle mura romane, insomma la vicenda di Cola è tutta pregna di paranormale. Non inserire il paranormale in un romanzo storico con protagonista Cola avrebbe significato tradire la realtà storica. Pensiamo al saggio I re taumaturghi di Marc Bloch, un grande studio che ha senso solo se comprendiamo che in passato si credeva che i re di Francia guarissero alcune malattie con il tocco delle mani. Ancora oggi, come in passato, in molti credono nel paranormale e non è inconsueto incontrare persone che agiscono in base a credenze o superstizioni. Prendiamo per esempio il rapimento di Aldo Moro. Se qualcuno scrivesse un romanzo su quell’evento raccontando della seduta spiritica del 2 aprile 1978 starebbe raccontando un episodio paranormale ma realmente accaduto. È storia. In casi come questi il paranormale non è un’esigenza di trama ma corrisponde a storia della mentalità.
Sempre sul gruppo TSD ho letto una tua risposta, tempo fa, dove dicevi che per caratterizzare il tuo personaggio avevi studiato i carteggi. Come ti sembra Cola di Rienzo e, se puoi raccontare sempre senza anticipare nulla sui libri futuri, come mai la sua trasformazione è stata così forte, così incoerente, anche, rispetto agli obiettivi prestabiliti? Pensi che da politico (forse) convinto si sia potuto trasformare in veggente in seguito a qualche episodio particolare?
A. C. In uno studio psicanalitico condotto sulle sue lettere, Cesare Lombroso scrive di Cola di Rienzo: “Ma è sopra tutto dalle lettere che appare tutto il suo genio e più la sua pazzia”. Bastano queste poche righe scritte da un medico a rispondere alla domanda. Cola di Rienzo oggi sarebbe considerato clinicamente un pazzo, eppure era dotato, come molti pazzi, di un’intelligenza fuori dal comune che ne faceva anche un genio. È difficile stabilire quando finisce l’uno e inizia l’altro. Il politico che conquista Roma senza un esercito, convive con il profeta che si sente chiamato da Dio. Il tribuno che punisce i soprusi dei nobili vive nella stessa mente dell’uomo che aumenta le tasse per comprare gioielli e vino. Insomma, è come se in lui vivessero due persone differenti: l’uomo onesto e l’ingordo di potere, Cristo e l’Anticristo.
Cola di Rienzo credeva fortemente che i propri sogni avessero valore simbolico o fossero premonitori. Nei carteggi che hai studiato c’è qualche sogno particolare che non hai raccontato nel libro e c’è qualche riscontro con gli eventi futuri?
Vi è un sogno molto inquietante, sia per le immagini che per il significato, che Cola fece dipingere sul Campidoglio. Ecco il sogno: in un mare molto agitato affonda una nave senza vele e senza timone. Sulla nave vi è una donna vestita a lutto, addolorata, con i vestiti al vento e i capelli sciolti. La donna prega con le mani giunte sul petto. Attorno a questa nave vi sono altre quattro navi, tutte affondate. Su ciascuna di queste navi vi è una donna morta affogata.
Questo sogno è la profezia della caduta di Roma, che è la donna vestita di nero. Roma farà la fine delle altre quattro donne già annegate, ovvero Babilonia, Cartagine, Troia e Gerusalemme.
Come sempre, profezia e realtà si confondono, la storia dimostra che in effetti Roma sarebbe “affondata”, completamente offuscata da città come Firenze o Venezia intorno alle quali ruota il ciclo di storia successivo al Medioevo e noto come Rinascimento.
Bene, ringraziamo Armando Comi per essere stato qui con noi e invitiamo i nostri lettori a leggere la recensione del libro “I quattro enigmi degli eretici”
Copertina rigida: 384 pagine
Editore: Newton Compton Editori (19 aprile 2018)
Collana: Nuova narrativa Newton
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8822714520
ISBN-13: 978-8822714527
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