Vi siete mai misurati con la leggenda di Re Artù? Quanta Storia c’è nei suoi cavalieri e nella Tavola rotonda? Quanto il mito affonda le sue radici nella Storia? Noi del gruppo TSD a novembre abbiamo letto “Il re d’inverno. Il romanzo di Excalibur” di Bernard Cornwell. Di seguito ecco cosa ne hanno detto i lettori
Trama
Anno del Signore 480: dopo secoli di dominio romano, la Britannia ha finalmente conquistato l’indipendenza, ma libertà non significa necessariamente pace: forze oscure tramano nell’ombra e i sassoni si sono già impadroniti dei territori a est dell’isola. Il vecchio re Uther Pendragon, il Drago Rosso, è ormai prossimo alla morte, e il suo unico erede legittimo, il nipote Mordred, non è che un bimbo di pochi mesi, nato storpio nel cuore dell’inverno. L’unico in grado di riunire il paese contro i sassoni è Artù, leggendario guerriero detentore della magica spada nella roccia, forgiata nell’Oltretomba dal dio Gofannon e donatagli da Merlino, affinché riporti pace e giustizia nel regno. Un regno che Artù conosce bene: lì ha passato gli anni migliori della sua vita, ha combattuto e si è guadagnato la venerazione dei compagni. Il cammino verso la pace però è costellato di insidie, e quando incontra la bella Ginevra, nobildonna senza più terra né ricchezze, le cose precipitano irrimediabilmente: Artù si ritrova circondato da nemici su tutti i fronti, e sembrano sul punto di infliggere alla Britannia il colpo di grazia… Da un grande maestro dell’avventura, un’originale rilettura dell’epopea del più famoso cavaliere del mondo.
Matteo Palli
Inizio dalla cosa più banale; il libro mi è piaciuto. Ha qualche limite che dirò tra breve ma è stata una lettura piacevole. Sono di parte perché era una lettura “nelle mie corde” come si usa dire. Mi piacciono questa ambientazione e questo periodo e amo lo storico quando strizza l’occhio al fantasy. Due i limiti secondo me, legati alla stessa causa: l’essere il primo volume di una saga. Due le conseguenze; la partenza un po’ lenta dove per tante pagine succede veramente poco e il finale che di fatto lascia aperto praticamente tutto… Però se il primo libro di una serie ti fa venire voglia di leggere i seguenti direi che ha assolto a pieno al proprio dovere. Un saluto a tutti i compagni di condivisa!
Martina Sartor
La leggenda di Artù raccontata in chiave storica, tenendo conto degli elementi del mito e della tradizione popolare, ma anche calandola il più possibile nella realtà del tempo.
Cornwell descrive molto bene usi e costumi della Britannia di allora, senza abbellimenti favolistici, facendoci immaginare il mondo com’era realmente, anche gli odori!
I personaggi hanno pregi e difetti, non sono esaltati come nei racconti mitologici: Artù è un condottiero profondamente umano, che per amore di una donna fa scelte che rischiano di portare il regno alla rovina; Lancillotto è bello, ma vanesio e bugiardo, antipatico quasi, così come ce lo mostra il narratore Derfel. E così via. Il lettore scopre un mondo che si completerà e definirà man mano che la saga va avanti.
Letta tutta parecchi anni fa, ora ho riletto il vol. 1 per la lettura condivisa e l’ho trovato avvicente come la prima volta.
Sara Valentino
Artù e i cavalieri della tavola rotonda mi rievocano ricordi di bambina, quando a cavalcioni del bracciolo della poltrona ne seguivo le gesta guardando il cartone animato.
Leggere dunque di questa leggendaria avventura, di Avalon quale luogo magico e denso di energia, di Merlino e della sua saggezza è sempre un grande piacere.
Questo romanzo di Bernard Cornwell narra le vicende dal punto di vista di Darfel Cadarn, che ne è il narratore, orfano sassone scampato miracolosamente alla morte benché gettato in un pozzo con lame taglienti. Verrà allevato da Merlino.
Il romanzo è il primo di una serie che, a questo punto, sarei curiosa di terminare. E’ stato faticoso leggerlo, ho chiuso e ricominciato dall’inizio perché troppe guerre, perché dal punto di vista di un guerriero, perché i personaggi sono diversi da quelli che hanno trovato un radicale luogo nel nostro, o meglio mio, immaginario.
Però nel secondo tentativo di lettura ho trovato la chiave, perché se di magia in parte si tratta, tutti i libri hanno una chiave magica che ci permette di accedervi: il momento giusto. Così ho seguito le vicende, ho sofferto, ho avuto paura, sono stata coraggiosa e a volte ho rischiato la vita.
Un ripasso di storia, sebbene vestito da una coltre avventurosa e irreale ha fatto capolino e ci si immerge nelle verdi terre quando i druidi erano gli antichi dei e la Britannia era loro, poi arrivarono i romani e li sterminarono in quello che viene chiamato anno Nero. L’antica religione viene soffocata e i cristiani avevano preso pian piano il posto dei druidi. Poi c’è Avalon, che amo profondamente per il grande significato che rappresenta, un luogo immaginario dove ancora c’è rifugio per la spiritualità, ma in questo libro non è rappresentata in questo modo.
C’è un patto in questo libro, un patto di sangue, un patto tra due anime affini tra Derfel e Nimue. Un passo molto bello, la celebrazione della fiducia che illumina laddove invece c’è falsità e tradimento.
“La magia si manifesta nei momenti in cui la vita degli uomini e quella degli dei si toccano, ma quei momenti non dipendono dagli uomini”
E’ vero, lo ritengo possibile, la magia esiste e c’è un momento particolare in cui si manifesta, quando è il suo momento.
Come si può diventare saggi? Saggi come Merlino? Perché Merlino è una figura simbolica ovviamente, la conoscenza, la saggezza, la spiritualità che passa su tutte le cose. Bisogna passare tre ferite: quella del corpo, quella dell’orgoglio e quella della pazzia. Se ci pensate bene, chiunque le passi e sopravviva ad esse potrà ambire alla saggezza.
“Euforia e paura sono due facce dello stesso sentimento: l’una di trasforma nell’altra, quando arriva il momento dell’azione” Banale, ma vero questo pensiero e validissimo nella vita di tutti i giorni quando si è adrenalinici per un grande evento, quando si ha una paura folle che sembra di non poter sopportare, come i guerrieri si scende in campo e si diviene la battaglia stessa.
Eppure la battaglia reca poi il ricordo del dolore inflitto, degli occhi spenti, delle morti atroci…
“Il destino è inesorabile, la vita è una beffa degli dei, e la giustizia non esiste. Devi imparare a riderne, altrimenti morirai per il troppo piangere”
I bardi continuano a cantare amori e celebrare massacri mentre prendiamo congedo da questa storia dove comunque ho visto celebrato un sentimento importante quello dell’amicizia: “…ma io, se fossi un poeta, esalterei l’amicizia”
Elena Falzone
Una rivisitazione fuori dai soliti schemi di re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda. A qualcuno non sarà sicuramente piaciuto, a me molto.
Clara Schiavoni
Molti lettori del gruppo hanno rilevato l’eccessiva lentezza narrativa di Cornwell e anche io, ma mentre leggevo pensavo a ciò che comporta delineare l’architettura di una saga con i suoi tre libri e che la pacatezza narrativa fosse voluta dall’autore per dare l’avvio alla sua grande opera, permettendoci di entrare nell’argomento, per farci capire.
Più andavo avanti nella lettura, più mi rendevo conto di ciò che Cornwell si è proposto, rischiando, ma uscendo vincitore dal rischio: raccontare la realtà liberando Artù e tutti i personaggi arturiani dalla magia in cui precedenti libri li avevano racchiusi facendone personaggi mitici sempre vincenti come noi li abbiamo conosciuti, amati, lasciandoci avvolgere dalla loro stessa aura fascinosa in un forte legame psicologico.
Ma la Storia è un’altra e Cornwell è uno scrittore che si attiene alla Storia della Britannia del periodo, che ha relegato la fantasia e l’immaginario collettivo al posto che loro conviene e si è basato sui documenti storici del Medioevo celtico reperiti e studiati.
Siamo immersi nella realtà fin dall’inizio, fin da quando appare il contrasto tra i seguaci delle proprie divinità e coloro che hanno abbracciato il cristianesimo. Un realismo religioso che prosegue in tutto il libro fino alle ultime pagine e le parole di Ginevra rivolte ai cristiani non mi hanno offesa più di tanto sapendo che quella romana non è stata una evangelizzazione, al contrario la parola di Cristo era stata portata massacrando quasi tutti i druidi mentre i loro boschi sacri venivano bruciati.
Cornwell afferma che gli storici non hanno ancora appurato se Artù sia esistito realmente e, comunque, volendo scrivere su di lui lo scrittore ha dovuto agganciarsi alla leggenda ma lo ha fatto trattando i personaggi per quello che sono: semplici uomini e donne con il loro coraggio e la loro fragilità, con la loro determinazione e le proprie impotenze. Fragilità emotiva quella di Artù che mette a repentaglio il suo obiettivo di unire tutte le tribù della Britannia sposando Ginevra. Un grande condottiero, sì, Artù, ma capace di sbagliare come tutti gli uomini, perdendo, come afferma un recensionista del libro “la più difficile delle battaglie, quella contro se stesso”.
La narrazione così concepita mi fa sentire i personaggi più vicini e li amo, compreso l’affabulatore Derfel. Di certo continuerò a leggere gli altri volumi della saga e naturalmente per primo Il cuore di Derfel.
Laura Pitzalis
Inizio subito col confessare, sperando di non essere lapidata sul posto, che non ho letto mai nulla sul Ciclo Arturiano e tutto quello che conosco di Artù, Ginevra, Merlino, Lancillotto & C, deriva da sporadici brani letti su antologie e dai moltissimi film sull’argomento. Potete quindi capire il mio stupore costatando che i personaggi, idoli della mia giovinezza, in questo romanzo di Cornwell hanno ruoli abbastanza diversi da quelli che normalmente sono loro attribuiti e che la storia, divenuta leggenda, qui è ben diversa dai miei ricordi giovanili di cavalieri e tavole rotonde, inserita com’è in una realtà tutt’altro che fantastica, anzi molto concreta, con un’ambientazione tenebrosa e affascinante che rispecchia benissimo l’atmosfera dell’epoca.
In questo romanzo non abbiamo a che fare con gli “eroi” e i “cattivi” di un poema epico, ma con personaggi ben delineati e reali, autentici uomini e donne delle isole Britanniche del V secolo.
Così il mio caro Re Artù, che qui però non è Re ma, come spiega Cornwell nella Nota dell’Autore, “un grande generale che combatte contro gli odiati invasori sassoni”, è un uomo completamente vero, con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue irrazionalità, impulsività e il suo furore amoroso.
La mia dolce Ginevra è descritta come una donna fredda e calcolatrice, ambiziosa arrampicatrice senza scrupoli, al punto che ho messo in dubbio che fosse realmente innamorata di Artù. Sapete chi mi ha ricordato la sua descrizione quando appare per la prima volta alla festa di fidanzamento tra Artù e Ceinwyn? Alla matrigna di Biancaneve e a Crudelia De Mon!
E che dire di Lancillotto? Uno dei Cavalieri della Tavola Rotonda, il più valoroso e fidato dei cavalieri al servizio di Re Artù, almeno così credevo, è descritto da Cronwell come una persona sprezzante arrogante e spaccona, il classico “armiamoci e partite”!
Nonostante questa nuova “ rilettura” dei personaggi, il romanzo mi è piaciuto, scritto molto bene con uno stile sciolto che descrive bene e in modo approfondito senza esagerare e senza perdersi in inutili dettagli. E il racconto procede senza pause, tra i sortilegi dei druidi, complotti di palazzo, battaglie per la supremazia e intrecci amorosi. Il tutto intrecciato dalla fine ironia di Bernard Cornwell, che ci regala dialoghi di puro “humour inglese” che più di una volta mi hanno fatto sorridere.
Un romanzo di fantasia dove però tutto, dall’ambientazione ai riti, dagli usi e costumi dei personaggi alla descrizione di vestiti e armature, è tratteggiato con un’attenzione minuziosa ai dettagli storici: una ricostruzione accurata e rigorosa della Britannia dopo il ritiro dei romani e le prime invasioni dei Sassoni e in mezzo lo scontro tra le antiche credenze dei britanni e il cristianesimo.
Virzo Laura
Le vicende arturiane sono da sempre le mie preferite.
Ammiro ,da parte dell’autore, la ricerca storica scrupolosa, anche se non sono pienamente d’accordo con la configurazione dei caratteri dei personaggi.
La lettura è scorrevole e comunque leggerò anche i seguiti.
Gabriella Parisi
Per me si trattava di una rilettura; ricordavo con grande piacere questa saga perché, grazie alla cura minuziosa di Cornwell per i dettagli, il periodo storico è ricostruito meravigliosamente bene. Non era la prima saga del ciclo arturiano che leggevo, e in molte cose i nomi e le parentele dei personaggi non combaciano con la leggenda (ogni autore che ho letto ha scelto di manipolare i dati storici meno certi come meglio ha creduto), ma trattandosi di leggenda, appunto, è consentita qualche licenza, soprattutto quando la lettura riesce a catapultarti in un panorama molto credibile dal punto di vista storico. E infatti, anche questa volta mi sono sentita lì, nell’Evo Oscuro, in un mondo brutale, buio, in cui le vecchie e le nuove religioni convivevano tutt’altro che pacificamente (e che schifezza quei druidi con gli escrementi nei capelli a mo’ di gel, che sputacchiano da tutte le parti per creare incantesimi!) e le contee erano in lotta tra loro piuttosto che coalizzarsi per fronteggiare le invasioni dei sassoni.
Il personaggio narrante, coprotagonista di Artù (che arriva solo a narrazione avviata, in effetti, pur essendo già adulto), è ispirato a Saint Derfel Gadarn, un vescovo cristiano celtico che pare fosse uno dei cavalieri di Artù e viene citato in alcune delle prime storie del ciclo arturiano, ma in seguito fu tralasciato. Derfel è diventato monaco e trascrive la storia per la regina Igraine, una discendente di Artù che vuole sapere di più sul suo parente leggendario. Derfel lo fa in sassone, in modo che il suo vescovo non si renda conto che gli scritti di Derfel e i suoi colloqui con Igraine sono tutt’altro che spirituali, ma Dafydd, lo scrivano della regina che traduce i testi di Derfel, sicuramente ritocca le storie a piacimento della regina per renderle più spettacolari e simili alla leggenda che conosce e che è stata tramandata.
Maria A. Bellus
Non lo so , non posso dire che mi sia dispiaciuta la lettura di questo libro ma neppure entusiasmato non mi ha lasciato segno .
Il libro è molto descrittivo a volte troppo i personaggi sono molti e sopratutto stravolti rispetto a ciò che immaginavo e nessuno di loro mi ha colpito in modo particolare . Forse dopo aver familiarizzato con i personaggi la lettura è stata piu piacevole e scorrevole.
Mariagrazia Pazzaglia
Sinceramente leggere un libro in cui i personaggi sono completamente diversi da come sono sempre stati descritti e di conseguenza da come me li sono sempre immaginati, mi ha spiazzato! Il romanzo è comunque bello e scritto molto bene. A volte l’ho trovato un po’ pesante nelle descrizioni e mi sono un po’ persa nei nomi di tutti i personaggi, ma nel complesso la lettura è stata piacevole.
Alessandra Ottaviano
Il primo volume della saga è ambientato nel 480 d.c., la Britannia è finalmente libera dal dominio dell’Impero Romano, anche se ha lasciato come strascico il diffondersi del culto cristiano a discapito del loro culto pagano, ed è dilaniata da lotte intestine e dall’assedio dei Sassoni.
Le avventure del Regno di Avalon sono raccontate da Derfel Cadarn che adesso è un vecchio monaco ma al tempo era un valoroso cavaliere di Artù “il guerriero, il sovrano che non fu mai re” detentore della potente spada Excalibur “la spada forgiata dagli dei”
Subito dopo la morte di re Uther, re di Dumnonia, il più ricco regno della Britannia, il trono passa nelle mani del nipote Mordred, ma essendo solo un infante, viene posto sotto la protezione di Artù.
E’ la prima volta che mi avvicino alle leggende del ciclo arturiano, mi aspettavo qualcosa di diverso, il romanzo non mi ha coinvolta, troppe pagine fitte di battaglie tutte uguali tra loro con una sequela infinita di personaggi, proprio questi ultimi mi hanno destabilizzata, la cinematografia e la letteratura ci riportano un Lancillotto onorevole e una Ginevra in preda alle pene d’amore, qui tutto viene stravolto in una versione originale: Lancillotto è un pusillanime, Ginevra è spietata e detestabile, anche Merlino risulta crudo e sarcastico, viene meno tutto l’intreccio romantico che era alla base della vicenda.
Ovviamente il mio giudizio è influenzato dal mio gusto personale ma per me è stato poco appassionante.
Roberto Orsi
Il primo libro di una saga è sempre un po’ una scommessa. Il rischio che questo deluda al punto da non voler continuare la lettura degli altri episodi è sempre alto. Si parte proprio con una predisposizione diversa come lettore. Si legge, consapevoli che quella storia non terminerà in quelle pagine e probabilmente molti aspetti rimarranno interrotti e senza compimento.
“Il Re d’inverno” ha questo primo “limite” se così vogliamo definirlo. Se sommiamo anche una grande aspettativa verso un ciclo arturiano tra i più famosi, il rischio aumenta.
Forse mi aspettavo di più. Ho trovato la prima parte del libro un po’ troppo lenta e senza dinamicità, mentre un ritmo più interessante nella seconda e terza parte, anche grazie all’entrata in scena dei pezzi da novanta come Artù e Merlino (se pur a margine degli eventi).
Una lettura che prende campo e cuore solamente avanzando nelle pagine. Una versione alternativa delle leggende di Re Artù, Lancillotto, Merlino e Ginevra, disegnati da Bernard Cornwell con connotati in alcuni casi opposti a quelli che conosciamo da altre letture e racconti.
Sicuramente credo che un giudizio definitivo basato solo sul primo libro non sia completo. Devo dire che verso la fine di questa prima parte di saga, la storia mi ha preso e sono rimasto con la curiosità di continuare a leggerne le gesta. E questo è un buon segno sicuramente.
Flavia Zaggia
Terminata la lettura di questo primo libro del romanzo di Excalibur posso dire che è stata una lettura piacevole anche se non è il mio genere preferito. Ho affrontato la lettura con un certo scetticismo
Non avevo mai letto nulla di Cornwell quindi, sapendo anche che in questo gruppo le letture condivise rendono più interessante e piacevole la lettura di un libro, mi sono aggregata al gruppo come sempre con grande entusiasmo.
Per quello che mi riguarda dividerei il racconto in due parti: la prima è stata più ostica perché almeno all’inizio, ho fatto un po’ fatica ad abbinare i nomi ai personaggi e al loro ruolo nella storia e quindi la lettura è stata più lenta. Per fortuna, nella mia edizione l’autore ha inserito una legenda in cui figuravano tutti i nomi citati nel libro e anche grazie a quella ho fatto meno confusione.
La “seconda parte” è stata molto più dinamica e scorrevole. Particolarmente accurato mi è sembrato il lavoro di ricostruzione del periodo storico in cui i nostri personaggi si muovono caratterizzato da continue battaglie e scontri con i sassoni e da un perenne contrasto tra la religione pagana e il cristianesimo; belle, dettagliate ed accurate anche le descrizioni dei palazzi e del territorio in cui si svolgono i fatti. Anche in questo caso ho molto apprezzato le cartine geografiche all’inizio del libro che mi hanno accompagnato negli spostamenti durante la lettura.
Il racconto è molto diverso da quello che mi aspettavo e ho trovato una stesura completamente diversa rispetto all’idea del mondo di “Excalibur” che avevo in mente fatta di magie, amore e onore. I protagonisti infatti sono descritti con la loro debolezze e le loro paure, sono superstiziosi, capricciosi, a volte vanitosi e spesso aggressivi. Amano e odiano con grande intensità e questo loro lato “umano” li ha resi ai miei occhi più reali e quindi ha dato al romanzo una nota positiva e inaspettata.
Chissà…magari leggerò anche gli altri libri della serie perché sono curiosa di capire che fine faranno i nostri eroi….
Giordana Guadagnini
Posso dire ben poco su questo libro perché , colta da un raptus di lettura compulsiva , ho letto l’intera saga nel mese dedicato alla lettura condivisa e non ricordo più come si conclude o come i personaggi vengono presentati . Ho solo in mente un sontuoso mosaico di avventura , magia , personaggi di spessore , storia , epica , battaglie . Li ho trovati scorrevoli e avvincenti , forse in alcuni punti le battaglie e gli scontri un po’ troppo dettagliati ( ma se lo si considera un fantasy è una caratteristica di questo di letteratura ) . Per apprezzarlo al meglio penso sia indispensabile leggere tutta la saga…pertanto buon proseguimento di lettura.
Cinzia Cogni
Bernard Cornwell è stato una sorpresa per me, non avendo mai letto nulla di questo autore e pensando che fosse una lettura fedele alla Leggenda di Re Artù, sono rimasta spiazzata. All’inizio in negativo lo ammetto, ma alla fine mi sono dovuta ricredere: non dev’essere stato facile eliminare gli stereotipi di questi personaggi e ridargli un volto più reale in un ambientazione storica più verosimile possibile.
Fin dalle prime pagine si percepisce la bravura di questo scrittore nel descrivere i luoghi ma soprattutto i personaggi, sono tutti caratterizzati in modo minuzioso, sia nell’aspetto fisico che in quello psicologico, ognuno ha un suo carattere ben definito, i suoi lati positivi e negativi;e così Artù non è Re ne un cavaliere senza macchia e il suo amore per Ginevra lo renderà talmente cieco da essere la causa dell’inizio di una nuova guerra.
Ginevra d’altro canto è una donna narcisista, che mira al potere, non certo l’immagine della principessa dolce e romantica…Merlino è si vecchio e saggio, conosce poteri e magie ,ma è arrogante e indifferente alle disgrazie altrui.
Lancillotto poi, è l’antieroe, non certo un prode cavaliere, egoista e vigliacco non si fa nessuno scrupolo per ottenere ciò che vuole…alla fine l’unico personaggio positivo è Derfel, il ragazzo cresciuto da Merlino che racconta le vicende in prima persona, sensibile ed empatico, è lui che ci mostra la vita nella Bretagna dell’epoca, descrive i suoi protagonisti e ci rende partecipe delle battaglie che affrontano.
Essendo il primo volume di una saga, probabilmente l’autore doveva creare gli antefatti su cui intrecciare e sviluppare le trame degli altri libri, per questo credo risulti meno avvincente e molto prolisso, poco emozionante sicuramente, ma per un giudizio definitivo sarebbe giusto terminare la trilogia, perché ho la sensazione che potrebbe svelarci ulteriori novità.
Macrina Mirti
A me il romanzo è piaciuto, perché è stato un modo di ritrovare personaggi che già conoscevo (Artù, Morgana, Ginevra, Merlino) da un punto di vista diverso. Non so se avete notato, ma il narratore non si prende molto sul serio. All’inizio sono stata spiazzata dal suo modo di raccontare, poi sono andata avanti. La cosa che ho apprezzato di più? Le descrizioni: bellissime.
Fabiana Farina
Dopo 20 anni è la seconda volta che leggo questo libro e lo trovo ancora affascinante.
La ricostruzione del periodo storico è accurata, i personaggi principali: Artù, Ginevra e Lancilotto hanno perso un po’ di smalto con rispetto all’idea un tantino più “romantica” che ne avevo in passato ciononostante considero sia un ottimo libro con un “punto di vista” leggermente diverso della solita “convinzione popolare” sul mito arturiano.
Maria Marques
Nel narrare la sua personale visione della leggenda principale della storia inglese, Bernard Cornwell regala al lettore un romanzo particolare.
La voce narrante non è uno protagonisti principali noti a tutti, ma un emerito sconosciuto, Derfel Cadarn un orfano cresciuto da Merlino. È attraverso quindi gli occhi di questo spettatore che la vicenda prende forma, ma qui si inserisce la fantasia dell’autore che stravolge gli avvenimenti noti, almeno quelli contenuti nel primo libro di questa serie. Un romanzo che di suddivide in due parti. La prima, volutamente caotica, in cui personaggi, dai nomi quasi impronunciabili, si presentano in scena davanti agli occhi del protagonista e narrano la storia di una Britannia dilaniata e divisa internamente e che deve affrontare degli invasori esterni. È una prima parte volutamente confusa, come se, tutto il caos che la pervade attenda l’arrivo di qualcuno che ne razionalizzi le forze e gli animi contro i sassoni invasori. Una prima parte che forse può spiazzare il lettore che si attende altri personaggi. La seconda parte invece è più scorrevole e avvincente e, porta in scena, davanti agli occhi di Derfel i protagonisti della leggenda, rivisitati però dalla penna dell’autore che, senza pietà alcuna, elimina i riferimenti fiabeschi e romantici a cui siamo abituati. Una lettura che mi ha lasciato perplessa per poi conquistarmi proprio per la sua diversità.
Costanza Marzucchi
Questo romanzo è il primo capitolo della saga e, in quanto tale, offre una serie di spunti che saranno poi sviluppati nei libri successivi. L’autore ha uno stile trascinante, che ti immerge immediatamente in un’atmosfera che non ti aspetti. Il mondo del Merlino di Cornwell è un universo barbaro, violento, dominato da superstizioni e credenze che talvolta si piegano alla convenienza di turno. Cristianesimo e paganesimo vivono in una simbiosi conflittuale, dove la violenza dei riti politeisti si confonde spesso con il fanatismo religioso. La mitologia stessa di Artù è ridisegnata da Cornwell in un modo insolito e nuovo, tanto da disorientare il lettore che rischia di perdersi nella schiera di nomi che si susseguono. Questa lettura è un genere nuovo, per me, e forse è difficile dare un giudizio. Forse non è il genere al quale sono abituata ma ammetto che ha un certo fascino e devo riconoscere che la narrazione di Cornwell è davvero magnifica.
Maria Acosta Diaz
Prima di cominciare a leggere il romanzo mi venne in mente il libro scritto da Thomas Malory e anche quello di Steinbeck. Poi ho capito che Corrnwell cercava di indagare sull’Arturo storico.Ed è proprio per questo che mi incuriosiva il libro. Avevo visto sulla TV spagnola qualche documentario con questo argomento. Re Artur, un personaggio molto difficile da descrivere. All’indietro di ogni leggenda c’è un po’ di realtà. Questo lo sapiamo tutti ma lo scrittore che ha cercato di spiegare il rapporto tra realtà e leggenda e che è stato riuscito a farlo, per me, è stato Robert Graves con il suo libro LA DEA BIANCA. Allora, no mi sono stupita per la cattiveria ed egoismo di Ginevra, neanche per la descrizione un po’ di uomo superbo, cretino e bugiardo di Lancillotto. Si sa che i trovatori prendevano soldi dai re e principi affinché cantassero la gloria di loro. Così, una persona tanto cretina come il Lancillotto di Cornwell è riuscito a essere descritto come il cavaliere più coraggioso della sua epoca.
Mi è sembrato molto interessante e anche realistico il raduno del Consiglio di Uther con gli altri re e guerrieri, l’atmosfera di povertà e di cambio che Cornwell riesce a descrivere: gli antichi palazzi romani che vanno in rovina, la lotta tra cristianesimo e paganismo, le tracce della antica dignità dei romani e via dicendo. Al mio avviso il libro descrive alla perfezione una epoca convulsa. Non è facile scrivere in prima persona ma sempre sembra realistico che ci sia un personaggio così che osserva quello che succede davanti a lui chi racconti la storia.
Patty Bra
Mi dispiace ammettere che non mi ha entusiasmato. Un buon mix di realtà storica, profano, leggenda e magia, ma raccontata in modo troppo impersonale. Non so se trattandosi di una saga sia voluta l’attesa dell’entrata in scena dei personaggi più ammirati: Artù e Merlino, quest’ultimo addirittura a fine libro. Un particolare che colpisce è che l’autore cerca di portare in superficie l’uomo, staccandosi totalmente da immagini romantiche e leggendarie. È scritto bene, ma non credo che continuerò la saga.
Fabiola Màdaro
Ho iniziato questo libro senza molte aspettative, dato che non conoscevo l’autore e non sono un’amante di fantasy. Non ho ancora completato la lettura perché in effetti lo sto trovando un po’ lento, anche se riconosco che non si tratta di un difetto, in quanto essendo una saga è normale dare i giusti tempi e le giuste descrizioni. Sicuramente mi piace la ricostruzione storica, i personaggi sono un po’ diversi da come li ricordo raccontati in altri libri e film. Tutto sommato non posso dire che non mi stia piacendo, conto di finirlo in pochi giorni e solo poi deciderò se leggerò anche il resto. È comunque sempre un piacere leggere insieme, perché gli approfondimenti, i commenti e anche il modo di spiegare e far superare eventuali limiti che si possono incontrare, è un’esperienza unica.
Giancarla Erba
Bernard Cornwell con questo testo mi ricorda quei bambini che devono sempre dimostrare di essere diversi a tutti i costi, disposti a dire che gli asini volano se il resto del mondo dice che non è così. Mi é piaciuto il romanzo? No, e poteva essere davvero un bel romanzo ma così non è. Partiamo dal presupposto che l’autore piazza la storia a fine 600 d. C. In piena epoca carolingia, ma, mentre nella zona continentale ci sono sarte che cuciono abiti con profili d’oro, saloni da ricevimento con tovaglie raffinate, l’Inghilterra (che pure ha un costante allez-retour in Bretagna), pare abitata, come ho già detto, dagli antenati di Fred Flintstone che comunicano a grugniti e a mazzate in testa. La ricostruzione degli eventi base è sicuramente corretta, i Sassoni, le lotte intestine, la difficoltà a trovare una linea comune, tutto il resto sono incomprensibili incongruenze. Partiamo dai druidi raffigurati come animali sporchi e disgustosi: gli stessi druidi che i greci chiamavano “i piú saggi tra gli uomini”, che studiavano gli astri e pretendevano 19 anni di studio prima di poter manifestare pubblicamente le loro conoscenze. Quei druidi della popolazione celtica che, come dice Plinio il Vecchio, hanno inventato il “sapo” che oggi chiamiamo sapone, e che così descritti purtroppo li percepisco solo come un pesante tentativo di denigrazione di una cultura antichissima. Passiamo alle figure femminili, nel piú fortunato dei casi personaggi incolore, altrimenti donne meschine, cattive, insensibili e invidiose. Figure potentissime nella ricostruzione del mito come Morgana e Nimue, ridotte al ruolo di macchiette incapaci che spariscono nella storia. E non parliamo delle “3 ferite” che nessun druido ha ma che le donne pare debbano avere e non si sa a quale titolo, quindi devastate nel fisico e nella mente a fronte di nulla, dato che, a parte qualche intervento di Nimue spinta più dalla sete di vendetta che da altro, nessun altro evento di rilievo è gestito da una donna. Ginevra è una stupida arrampicatrice, Igraine che nel mito é colei che ha generato Artú e Morgana, diventa una regina più simile alla direttrice di novella 2000 che ad una donna orgogliosa e consapevole dei trascorsi dei propri avi. Derfel che parte guerriero sassone e finisce alla mercé di un crudele manipolatore per sua stessa ammissione, é il chiaro segno della volontà di devastare il senso stesso del romanzo cavalleresco. Insomma la sensazione è che Cornwell abbia preso il mito e abbia pensato” vediamo come posso distruggerlo” e tutto sommato devo dire che ci sia riuscito piuttosto bene. Detto questo, non essendo storia ma fantasia, certamente ogni autore lo può interpretare come più gli piace, a me, in quanto lettrice, questa interpretazione della storia di Artù non piace affatto.
Sonia Brindisi
Inizio con il dire che non avevo mai letto nulla di Cornwell ma mi è piaciuta l’idea di affrontare un genere nuovo: non propriamente storico, data la mancanza di fonti certe sui fatti narrati , a volte , persino discordanti con taluni confronti di scritti di altri autori . Tuttavia, dopo un iniziale smarrimento , posso dire che il racconto mi è piaciuto e ho trovato la scrittura molto scorrevole, belle, dettagliate ed accurate anche le descrizioni dei palazzi, la caratterizzazione dei personaggi e la descrizione del territorio in cui si svolgono i fatti narrati.
La superstizione regna sovrana ,tipica del tempo e della cultura di questi popoli. Emblematica la figura di Artù , condottiero guidato da grandi ideali ma anche uomo capriccioso. Non so se leggerò il seguito ma sicuramente è stata una lettura leggera e piacevole.
Copertina rigida: 358 pagine
Editore: LONGANESI (1 aprile 2011)
Collana: La Gaja scienza
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8830430854
ISBN-13: 978-8830430853
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