Articolo a cura di Laura Pitzalis
Eh già, al femminile! La birra ha origini antichissime e fin dal principio la sua produzione era affidata alle donne.
Sapete che i primi mastri birrai professionisti furono donne? Che nell’antico Perù, la birra poteva essere realizzata solo da donne di nobili origini o molto belle?
In Mesopotamia e in Egitto, dove furono ritrovate le prime certezze della fermentazione dell’orzo, non è un caso che le divinità legate alla birra fossero di sesso femminile, come la dea sumera Ninkasi. Ed è stato così fino a tempi relativamente recenti: in Gran Bretagna sono le famose Ale Wives che preparano la nobile bevanda e il mestiere di vendere la birra è largamente dominato dalle donne, mentre tra le abitudini europee importate in America dai coloni, c’è anche quella della produzione femminile della birra, sia nelle taverne sia nelle case. La prima brewster, termine inglese per indicare la donna birraia, fu Mary Lisle, quando rilevò nel 1734 il birrificio del padre a Philadelphia, e Martha Wayles, la moglie di Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti d’America, fu una brassatrice casalinga più assidua del marito passato alla storia come appassionato homebrewer.
Le donne si sono, o sono state, allontanate dalla produzione birraia dal XVIII secolo e si è diffusa così l’immagine del birraio vigoroso unico artefice e signore della birra.
Quali sono le origini della birra, la più diffusa e antica bevanda alcolica del mondo?
Prima di tutto bisogna dire che la birra non è stata mai inventata!
Quando scaviamo nella memoria dei nostri antenati alla ricerca della birra originale, noi non la troviamo. Intuiamo piuttosto come si è sviluppata: un composto di grani d’orzo e d’acqua.
Sappiamo, dagli studi archeologici, che il primo cereale seminato è stato l’orzo, il più facile da coltivare, quello che ha contribuito a trasformare l’uomo primitivo da nomade a stanziale.
Con l’affinarsi delle tecniche agrarie la produzione aumentò ponendo il problema della stoccaggio e protezione, dai parassiti e roditori, delle riserve.
Essendo la necessità madre di tutte le invenzioni, la donna inventa una tecnica originale di conservazione, immagazzinando i grani in recipienti riempiti d’acqua dove, grazie ai lieviti selvaggi, fermentano: la birra comincia così a delinearsi.
Quando si nutre di questo “intruglio”, l’uomo primitivo si sente rinvigorito e soprattutto più felice: la durezza della vita gli appare più sopportabile e vede in tutto questo un intervento divino.
La prima traccia inconfutabile dell’esistenza della birra ci viene da una tavoletta di argilla dell’epoca predinastica sumera (circa 3.700 a.C.), il celebre “monumento blu” che descrive i doni propiziatori offerti alla dea Nin-Harra: capretti, miele e birra.
La più antica legge che regola la produzione e la vendita di birra è, invece, il Codice di Hammourabi (1728-1686 a.C.) la più grande raccolta di leggi dell’antichità. Qui si trovano norme che regolano la produzione e la vendita della birra e sanzioni che prevedono la condanna a morte per decapitazione della donna, perché la produzione era allora riservata solo alle donne, sorpresa ad annacquare la birra, e a chi apriva un locale di vendita senza autorizzazione.
Inoltre illustrano puntigliosamente come deve essere preparata. E’ sorprendente notare come tale procedimento sia ancora oggi valido nella sua essenzialità: maltizzazione, macinatura, lievitazione, cottura, filtraggio, aromatizzazione.
Dopo la caduta dell’impero sumero nel 2000 a.C. la Mesopotamia divenne terra dei Babilonesi, che assorbirono la cultura e l’arte di produrre birra. È stata la terra che per prima ha visto sorgere la professione del birraio, cosa che in altre società meno organizzate sarebbe stata impossibile.
La birra aveva anche un significato religioso e rituale, infatti era bevuta durante i funerali per celebrare le virtù del defunto ed era offerta alla divinità per garantire un tranquillo riposo al trapassato.
Altra tradizione è che la dea della vita Ishtar, divinità di primissimo piano nel pantheon assiro-babilonese, traesse la sua potenza proprio dalla birra.
Analoga importanza aveva la birra in Antico Egitto: denominata zithum, era la bevanda nazionale. Era una birra dal gusto forte (gli studi archeologici affermano 12° alcolici), aromatizzata con i lupini. Fin dall’infanzia si abituavano i sudditi dei faraoni a bere questa bevanda, considerata anche alimento e medicina. Particolare l’uso di somministrare birra, a basso tenore alcolico o diluita con acqua e miele, ai bambini in svezzamento quando le madri non avevano latte.
Gli Egizi attribuirono a Osiride, protettore dei morti, l’invenzione della birra ed essendo stretto il legame tra birra e immortalità, i più ricchi si facevano costruire delle birrerie in miniatura per le loro tombe. Ai Faraoni erano dovuti come tasse dalle città, dai territori e dalle province, migliaia e migliaia di vasi di birra e, come per i Sumeri, il salario minimo era liquido (due anfore di birra al giorno.)
Birra è sinonimo di vita e le sue virtù curative diventano famose: il papiro Ebers ci offre 600 prescrizioni mediche per alleviare le sofferenze dell’umanità il cui ingrediente principale é la birra.
Gli Egizi chiamarono la birra zithum e nell’antica Grecia se ne ispirarono per chiamarla zythos che immaginiamo piuttosto zuccherato, alquanto spessa e che sviluppa un basso grado alcolico. Ne consumavano parecchia, soprattutto in occasione delle feste in onore di Demetra, dea delle messi.
In Italia furono gli Etruschi i primi a bere e produrre birra, “contagiando” anche i Romani. Importanti personaggi della società romana diventarono, infatti, accaniti consumatori di birra, come ad esempio Agricola, governatore della Britannia, che una volta tornato a Roma nell’83 d.C. si portò al seguito tre mastri birrai da Glevum (l’odierna Gloucester) e aprì il primo “pub” della nostra penisola.
Augusto, invece, esentò la classe medica dalle tasse perché Musa, il suo medico, l’aveva guarito dal mal di fegato ricorrendo alla “cervisia”.
I più strenui bevitori di birra li troviamo tra i cosiddetti popoli barbarici, i Germani e i Celti. Quest’ultimi si erano stanziati principalmente in Gallia e in Britannia, ma la loro civiltà, si sviluppò principalmente nella verde Irlanda. Infatti, la nascita del popolo irlandese è dovuta, secondo una leggenda, ai Fomoriani, creature mostruose dal becco aguzzo e dalle gambe umanoidi, che avevano la potenza e l’immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra.
Il Medioevo vide la birra protagonista soprattutto per merito dei monasteri, e, infatti, la libertà di fare e vendere birra costituisce un privilegio che è saldamente nelle mani delle Chiese e dei nobili che ovviamente si arrogano il diritto di produrre e commerciare la birra. Solo quando non sono in grado di far fronte alla crescente domanda, concedono la licenza ai privati in cambio di tasse alquanto salate. Con la nascita di sempre più potenti corporazioni di commercianti, la birra diventa una delle principali forze economiche.
In questo periodo si ha un decisivo salto di qualità nella produzione della bevanda con l’introduzione di nuovi ingredienti come le spezie che danno senza dubbio una birra di qualità superiore. Questo grazie ai Crociati che contribuiscono all’incremento del loro utilizzo con le loro spedizioni in Oriente.
L’insieme di questi vari aromi, detto gruyt da un termine sassone, può essere formato da un numero elevato di spezie: ambra, lampone, pepe, finocchio, giusquiamo, lavanda, anice, zafferano, cannella, genziana e chiodi di garofano.
Molte città episcopali stabiliscono, diremmo oggi monopolisticamente, un diritto di gruyt, una vera e propria forma di tassazione, che obbliga il birraio ad acquistare una quantità di gruyt proporzionale alla quantità di cereali impiegati.
Con l’irresistibile ascesa del luppolo, grazie ai monaci, XIII secolo, il gruyt è relegato ai libri di storia. Tuttavia l’impiego di spezie non sparì completamente e ancora oggi molti birrai soprattutto in Belgio, ma anche scozzesi e scandinavi, contribuiscono a mantenere questa tradizione che ha portato, con l’avvento delle birre da degustazione, a un crescente utilizzo delle spezie.
L’utilizzo del luppolo è antichissimo ma la pratica rigorosa di luppolare il mosto nasce nel XIII secolo, grazie alle ricerche della celebre botanica Suor Hilgedard von Bingen (1098-1179) dell’Abbazia di St. Rupert in Germania, che mette in evidenza le qualità del luppolo per arrestare la putrefazione e allungare la vita alla birra.L’impiego del luppolo si espande dapprima in Boemia e poi in tutta la Germania e l’Olanda, diventata il centro nevralgico del commercio internazionale. Qualche resistenza si ha nei tradizionalisti inglesi che, nonostante l’introduzione del luppolo da parte degli immigrati fiamminghi, lo accettano pienamente solo alla fine del XVI secolo. In questo periodo, infatti, chiamano la birra nazionale Ale in contrapposizione ai prodotti continentali luppolati detti Beer.
In Gran Bretagna la birra era prodotta dalle massaie inglesi e messa a disposizione delle feste parrocchiali, dove era venduta a scopo di beneficenza per la manutenzione di chiese e conventi. Diventò bevanda nazionale perché l’acqua usata per la sua produzione era bollita e sterilizzata, quindi la birra rappresentava una garanzia in un periodo in cui l’acqua era spesso infetta.
Nel 1516 in Baviera fu promulgato il Reinheitsgebot, l’editto sulla purezza. Per legge fu stabilito che la birra poteva essere prodotta solamente con malto d’orzo, acqua e luppolo, bandendo qualsiasi altro ingrediente. Questa legge è tuttora vigente in Germania.
La produzione di birra monastica debutta all’epoca carolingia. I monaci perfezionano in modo significativo i metodi di brassaggio e diventano fino al XII secolo gli esclusivi detentori delle conoscenze e delle tecniche.
Nella famosa Abbazia di S. Gallo in Svizzera, nascono le geniali tecniche che permettono di dividere la stessa produzione in più mosti. Il primo mosto che si estrae, chiamata prima melior, ricco di zuccheri e destrine, dà una birra forte e prelibata. Il malto utilizzato trattiene tuttavia una forte proporzione di zuccheri che, con l’aggiunta di acqua seguita da una filtrazione, permette di ottenere una birra meno ricca di zuccheri e destrine, più leggera e di minor valore chiamata secunda, la birra da tavola per i monaci che potevano, a seconda delle regole del singolo monastero, berne dai 5 agli 8 litri al giorno.
Un’ulteriore diluizione poteva essere fatta per ottenere la cosiddetta tertia, la birra che era offerta ai poveri.
Tra il 529 e il 543 presso l’Abbazia di Montecassino, nel Lazio, si produceva birra e questa è la prima birra d’Abbazia Italiana e forse del mondo. Nei secoli seguenti però la produzione in Italia è interrotta per l’influenza determinante del clima e delle credenze religiose. Infatti, come cattolici, vediamo nel vino la bevanda sacra, benedetta nell’ultima cena, e nella birra il simbolo del paganesimo delle genti del Nord.
Dopo le vicissitudini, i saccheggi ed espropri patiti con la Rivoluzione Francese e con Napoleone, i monasteri ritornano a produrre birra ma la maggior parte cessa l’attività all’inizio del XX secolo. Fanno eccezione i famosi Padri Trappisti tuttora attivi e anzi sempre più agguerriti, anche a livello di marketing: chi non conosce il logo esagonale “Authentic Trappist Product”?
Curiosità
Il nome birra deriva dal latino “bibere”, bere, mentre la parola spagnola “cerveza” deriva da Ceres, dea greca dell’agricoltura.
Presso gli Inca la birra era realizzata con lo sputo! Le bambine tra gli 8 e i 10 anni masticavano granoturco e poi lo sputavano in tinozza piene di acqua calda e lasciate a riposo per alcune settimane. Il tutto era poi riempito con una miscela ovattata. Ancora oggi in molte zone dell’America Latina, le donne che masticano i grani e sputano nella marmitta, ripetono il più antico rituale di birrificazione conosciuto sulla terra.
Sapete che la birra rende più creativi e intelligenti? Che la birra combatte i calcoli renali? E che fa bene alle ossa, per via del fatto che rilascia depositi di calcio e sostanze minerali nel tessuto osseo, prevenendo l’osteoporosi? Sapete che era credenza presso le donne incinta della Germania dell’800 che, per far venire al mondo bambini sani e forti, si dovevano bere 7 pinte di birra al giorno?
La prima brasserie italiana è la Spluga di Chiavenna che inizia la sua attività nel 1840, seguita subito da quelle formate da lungimiranti imprenditori austriaci che volevano entrare in un mercato nuovo, come Wurher, Dreher, Paskowski, Von Wunster, per ricordarne alcune, imitati ben presto da commercianti italiani, come Peroni e Menabrea.
Il birrificio più antico del mondo è il Bayerische Staatsbrauerie Weihenstephan nei pressi di Monaco. Risale, infatti, al 1040: quasi mille anni e non sentirli!
Esistono birre con ingredienti davvero assurdi! Come la birra per cani al sapore di manzo, quella alla pizza e persino la Celest Jewel Ale, birra di Dogfish Head realizzata con polvere lunare (!)
Il primo spot sulla birra risale al 4000 a.C. ed è stato rinvenuto sulle tavolette di Ebla, città nell’attuale Iran, dall’archeologo italiano Paolo Matthiae. Si può vedere una donna con due grandi boccali di birra e sotto lo slogan: “Bevete birra Ebla, la birra con il cuore di un leone!“
Il primo incidente stradale dovuto al troppo alcol risale al 2000 a.C. in Egitto. Un auriga, il conducente delle bighe, dopo aver bevuto troppo investì una vestale della dea Hathor. Per punizione il suo corpo fu crocefisso alla porta della taverna che gli aveva venduto la birra e il suo corpo rimase lì finché gli animali non lo divorarono completamente.
Nell’800 Londra fu letteralmente travolta dalla birra. Il 16 ottobre del 1814 una delle cisterne della fabbrica di birra Meux si ruppe e la città fu invasa da circa 1 milione e 470 mila litri di birra e colpì sopratutto il quartiere povero di St. Giles causando 9 vittime. L’evento è conosciuto come “London Beer Flood”.
FONTI
https://www.enciclopediadellabirra.it/storia-della-birra/le-origini-della-birra/
https://edinterranunnaka.wordpress.com/2015/07/22/la-birra-degli-dei-la-birra-sumera/
http://www.atuttabirra.com/storia_della_birra.htm